lunedì 24 febbraio 2025

Francesca Romana Cicia e Eirene. Evo oblïato | Inflessioni



Durante la conferenza tenutasi il 25 luglio 1924, dinanzi ai teologi di Marburgo, Martin Heidegger, affermò che “Se il tempo trova il suo senso nell’eternità, allora questo va compreso muovendo da quest’ultima”. Sarebbe, infatti, necessario interrogarsi su ciò che è associabile al concetto di tempo e alla sua connessione con le altre categorie.

È imperativo ricordare innanzitutto che il tempo è naturale, nell’accezione che decreta che il suo scorrimento si determina nella quotidianità della natura e del mondo, elidendo i principi primari della misurazione della natura, entro un sistema di riferimento spazio-temporale. Altresì riferiva la teoria di Aristotele che, per sovvertire il tempo come nullità, ne considerava la sussistenza esclusivamente nello svolgimento di eventi, in rapporto con il modo d’essere, il mutamento. Dunque, l’orologio non è altro che un sistema fisico che impone una durata sempre uguale a se stessa e che si ripete costantemente, è uno strumento per esperire il tempo a nostro piacimento, rendendolo uno specchio del nostro modo di percepirlo, tuttavia, non è indice della durata né della quantità di tempo che scorre nel presente ma è il fissare l’ora. 

Ma di quale ora si asserisce? 

L’unica ora naturale è quella che dimora nella determinazione dell’esistenza umana sin da sempre, nell’esserci dell’essere come tempo, nello Jeweiligkei, nell’affermazione dell’asserzione dell’esserci in relazione al suo essere che è costitutiva. Ogni volta che “io sono”, si attua l’esserci che riconosce la morte come ultima possibilità, la stessa fine che rende possibile l’autentico poter essere dell’esserci, partendo dalla temporalità originaria. E, se il filosofo di Meßkirch dimostra come, nell’ontologia Occidentale tradizionale, il senso dell’essere è secondo il tempo, decostruendo la fenomenologia della storia dell’ontologia, altrettanto potremo allargare ed espandere il concetto di tempo naturale non misurabile al tempo come infinita estensione di se stesso, quello che Parmenide identificava con un νῦν, e che di contro potremo associare all’essere eterno del Timeo di Platone, privandolo di quell’immobilità che rende l’essere e il tempo fluidi. Contrapponendoci alle aporie sulla significazione di eternità, approdiamo nel tempo cosmico, escatologico indefinito che muta la condizione esistenziale, ribaltando il tempo e lo spazio. Il befindlichkeit, “sentirsi situato”, la “situatività” come ricettività passiva è ora rinnegata come condizione ontologica di possibilità, senza disconoscere il relazionale, il cui animo dimora nel terreno locale che invade il piano della terra-cielo visibile e tattile, per dipoi implodere nel cronotopo dell’Universo. Nondimeno, si può affermare che l’esistenza dell’essere - che riconosce la sua finitudine - sia disgiunta dal tempo. Si deduce che l’evo, come ciascuno dei periodi della storia individuati nel lungo periodo di tempo, durante cui si effettua l’affermazione e lo sviluppo di determinati elementi di civiltà e di cultura, è rappresentazione astratta che l’uomo ha designato per creare dei paradigmi mentali e, conseguentemente, meglio imprimere il senso di appartenenza alla vita, come reazione all’oblio. Termine che, per lo stesso Freud, assume valenza di facoltà difensiva della mente umana rispetto alla consapevolezza e ai contenuti mnemonici torvi.  Obliare presenta, ordunque, una doppia valenza, positiva e negativa, nella storia della nostra esistenza, distintamente nel tempo coevo, in cui “the net never forget”.  Sono congrui, in tal senso, l’articolo del ’95 e il libro di Weinrich sull’oblio che elencò le numerose metafore della memoria, su cui si sono confrontati scrittori e filosofi, e racchiuse nei campi metaforici delle “metafore del magazzino” e delle “metafore della tavoletta di cera”, relative al doppio del fenomeno del ricordare che vede il “magazzino” con il polo della memoria delle cose ricordate, mentre la “tavoletta di cera” come il polo del ricordo o processo del ricordare che attiva condizioni come quella dell’approssimazione, dell’inesattezza, della diversità del ricordo, della sua vaghezza, tutte espressioni che potremo riconoscere come nei di un paradosso, quello del ricordo obliato. Una manifestazione portentosa dei nostri giorni, in cui anche il tempo galileiano o misurabile sembra non rivelarsi più adeguato alla nostra esistenza. 

Nel parossismo estetico-visivo, si muove l’opera “Come una conchiglia nel bosco” di Francesca Romana Cicia, un’entità non definita e non collocabile in un habitat reale, se non in quel luogo che la nostra percezione può attribuirgli. Siamo, ancora una volta, in quel confine che potremo definire “astrazione concreta” del nostro pensiero, del nostro ricordo che appare rielaborato, modificato e distolto rispetto alla sua origine, rivelando tutta la fragilità dei meccanismi umani che, da ultimo, denotano il parossismo della certezza di una reminiscenza. Nella semioscurità della stanza del ricordo, si scorgono i riflessi di petali caduti e dissolti tra le ceneri dell’oblio che annulla ogni possibile gravità per trascendere il reale e depositarsi nella zona del parossismo che trasforma panicamente l’essenza e la materia che da flessuosa si fa vitrea, cristallizzando la ferita della finitezza nell’argine del frammento. Conchiglie sedimentate tra le stratificazioni della terra e nate dalla sostanza basale dell’acqua, da cui ha origine e si rinnova la vita. 

Il vissuto marino, sito all’interno della conchiglia, narra il soffio linfatico del nostro interiore che, nel suo apparire in superficie, imprime una traccia nella coscienza, rivelando la cura capillare della ricerca di Eirene che, nella seconda entità che abita l’oscuro dello spazio nella sua opera “Outer Spaces”, indaga la cavità interna dell’uovo, finora mai elevata a soggetto, nel suo essere placenta e generatrice di vita. Il frammento riconosce l’interezza della forma tanto esterna quanto interna dell’elemento che racchiude l’Universo e la sua luce siderale e cosmica. Sincronicamente si genera, nella mente, quella sensazione di sublime dinanzi all’impossibilità di immaginare l’incommensurabilità dell’Universo. Nella caratura di spazio, si recupera la storicità dell’uovo come soggetto scandagliato da artisti, quali Fontana e Brâncuși, sino a quel legame immaginativo che, con la conchiglia, fissa e dilata il tempo, così superlativamente sigillato da Piero della Francesca. 

E questa è l’ora in cui Aion, Chronos e Kairos si consultano sul nascituro tempo naturale, l’Evo oblïato

Laura Catini 

Francesca Romana Cicia e Eirene 
Evo oblïato | Inflessioni 
a cura di Laura Catini 
22 febbraio > 14 marzo 2025 

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