Nasce BIBART:
considerazioni e pronostici
Dal
15 Dicembre 2016 parte BIBART, la promettente biennale internazionale della
città di Bari che ospita oltre 150 artisti provenienti da 9 paesi del mondo.
Una lettura critica e dei pronostici, per un appuntamento in scena sino al 15
Gennaio 2017.
Giosuè
Prezioso
Con un righello
, un compasso o una più rudimentale spanna è facile capire le proporzioni:
Bari, a vista d'occhio, è praticamente il punto di fuga delle principali
regioni dell'arte contemporanea dell'Europa orientale: i Balcani, Venezia,
Istanbul. E di queste, nei secoli, la città vi è diventata nemica, ospite,
rifugio e musa, stringendo una confidenza civica e culturale che rinasce dopo
secoli attraverso l’arte, una biennale: BIBART, un neonato della scena
artistica barese che, seppur dirimpettaia d’oriente, non dimentica
l’internazionalità che gli sta attorno, e che, infatti, esalta invece… Seppure
alla prima edizione, BIBART fa i conti a tre cifre, esponendo 328 opere di 112
artisti, che in totale, compresi gli eventi collaterali, raggiungono i 156,
provenienti da 9 paesi del mondo, che trovano espressione in 10 spazi dedicati.
Un’equazione a più fattori vincente, pare, dal momento che, fra i partner, si
raccolgono i consensi dei Consolati dell’Armenia, del Brasile e della Croazia:
A,B,C, un alfabeto che è pronosticabile non finisca qui e che, forse come
raramente successo in passato, ha fatto giungere in città lavori di artisti del
calibro di Carrà, Ligabue, Cezanne e altri.
Esposizioni un po’
claustrofobiche per spazio e densità si, ma d’altronde l’affiatamento degli
artisti in mostra è tale per affinità che, in toto, questa curatela
“wunderkammer” a me, personalmente, non dispiace. E poi si gioca di diversità:
sezioni di pittura, scultura, grafica, video art, lavori fuori concorso,
cinema, teatro, design e letteratura, un abbraccio alla cultura tutta che ogni
giorno apre cantiere in diverse strutture della città, in particolare chiese, 6
su 10, d’eco ad una pratica ormai parecchio diffusa nel mondo dell’arte che, a
Bari, nella sua specificità, ha anche il vantaggio di attrarre avversi alla
città antica, “Bari Vecchia”, andata icona di criminalità e sinistro, oggi
rinata in una dimensione di pasoliniana bellezza ed autenticità. Oltre ad incubarsi
nel testardo terreno dell’arte, ancora più inflessibile nel sud, BIBART diventa
il primo evento ufficiale “formato biennale” dell’intera regione e dei suoi
limitrofi, dimostrandosi altamente promettente per i numeri, le partnership,
gli organizzatori e la forza di volontà, la voglia di provarci e perseverare,
spesso limite primo ed insormontabile che anestetizza l’intero settore e i suoi
attori. Ma la scena è bellissima: un lungomare iconico, due teatri storici da
questo ondeggiati, una popolazione in arsa di eventi, opportunità e confronto,
nonché un aeroporto vicino ed un altro non molto lontano, una serie di artisti
locali “in cerca d’autore” e mille altre risorse, tra cui la rara bellezza della regione e
della sua gente.
Certo che,
perché sia internazionale, BIBART ha
bisogno di attrezzarsi, per esempio, fra le cose, di un sito in doppia, o
magari, bellissimo, terza e quarta lingua; sulla stessa linea, considerata la
vicinanza, si potrebbe pensare a partnership “d’oltre Manica”, magari sulle vecchie
rotte dei commerci, come nell’introduzione; e le scuole? Le accademie? I
bambini? BIBART ha portato in casa pezzi “da studio”, che gli studenti – e ne
ho visti – fotografano e condividono sui
social sentendosi un attimino più internazionali, “fighi” oserei, perché
BIBART, negli anni, potrebbe riscattare il volto della città, della regione,
del meridione e nel suo piccolo dell’enorme ma piccolissimo mondo dell’arte
che, sino al 15 gennaio 2017, almeno per me, avrà come capitale Bari, l’urbi et orbi di questo fine anno.