martedì 25 ottobre 2022

Ombre di Luce | Simone Lingua


Architettura e Arte si incontrano in un continuum nell’installazione che Simone Lingua ha concepito e integrato nell’architettura dello spazio de La Lanterna, creato da Massimiliano e Doriana Fuksas, valorizzandone il rapporto con la luce. Un’installazione site-specific, curata da Tiziana Tommei e promossa da Domus Art Gallery Athens, costituita da un’ossatura metallica costellata di superfici specchiate, che abita lo spazio creando un percorso tra le opere cinetiche dell’artista. Sotto la volta di copertura della terrazza panoramica e al punto più alto dove affiora La Lanterna - la struttura che attraversa i quattro livelli del palazzo dell’ex Unione Militare a Roma, riqualificato su progetto dello Studio Fuksas - Simone Lingua ha dato vita ad un disegno che rievoca linee, luci e ombre, muovendo dall’osservazione degli sviluppi e delle proiezioni del tessuto architettonico.

Un intervento, questo, che segue il solco tracciato negli anni dal creativo in ordine al rapporto tra arte e contesto, sia urbanistico che architettonico, quale terreno costante di riflessione, ricerca e sperimentazione. “Un’installazione che nasce dalla riflessione sul vuoto e sulla mutevolezza […] Un vuoto abitato in superficie da forme astratte, geometriche e dinamiche - come spiega la curatrice Tiziana Tommei - che mediante l’intervento dell’artista vengono riverberate, come in uno specchio, e tradotte in elementi reali, ossia segmenti metallici interconnessi e concentrati in masse puntuali di un percorso che traccia i confini dello spazio dell’arte internamente a quello dell’architettura. Masse composte da figure geometriche, ora vuote ora specchiate, da cui si generano i sostegni delle opere in mostra: cubi, sfere, cilindri e pannelli quadrangolari, volumi in plexiglass e acciaio, tutte creazioni tratte dal vocabolario dell’artista e afferenti alla produzione cinetica.” 

In mostra lavori compresi tra il 2015 e il 2020, realizzati in plexiglass e acciaio supermirror, due materiali che potenziano il dialogo con gli elementi dell’architettura, in una dinamica di rimandi che sottende una concezione univoca dell’espressione creativa. Un’incredibile esperienza immersiva, nella quale, la proiezione di luci e suoni anima la relazione tra installazione, contesto e opere esposte. Quest’ultime prendono vita grazie al movimento e allo sguardo dello spettatore, che assume un ruolo attivo sia sul piano cognitivo sia con un profondo coinvolgimento in chiave percettiva. Il progetto segue uno sviluppo che prende origine dal cuore della Lanterna per diffondersi nell’ambiente in forma di isole: ciascuna di esse accoglie opere selezionate, che appaiono in continua mutazione, nella forma e nel colore, fino a suggerire la percezione illusoria di un moto continuo e reale. Lo spazio dell’arte, dunque, compenetra lo spazio dell’architettura determinando una dimensione parallela che trae origine, ispirazione e fisionomia dalle preesistenze, pervase e tuttavia mai ridefinite. L’artista - Simone Lingua nasce a Cuneo, 1981. Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e i suoi esordi sono legati alla pittura. I primi studi relativi all’arte cinetica risalgono al 2010, in un periodo significativo di collaborazione con lo Studio dell’Architetto Roberto Baciocchi, espresso nella progettazione delle facciate di Prada a Las Vegas, Shanghai e Sydney. La carriera espositiva dell’artista inizia nel 2016, in Italia e all’estero. Nel 2018, firma il progetto Ninfea, un’installazione temporanea realizzata per la Vasca della Piazza delle Sorgente del borgo termale di Bagno Vignoni. Nello stesso anno avvia Contemporary Illusions, sperimentazioni basate su di un concept di installazione artistica che vede l’uso di specchi applicati a monumenti e edifici storici. Nel 2021 firma la collaborazione con Bvlgari per Expo 2020 a Dubai, ideando in esclusiva per la Maison l’opera Sotiria: installazione cinetica e site-specific di 150 mq, destinata alla sezione centrale del Padiglione Italia e ispirata al tema Beauty Connects People. Il 2022 si apre con l’installazione di due sculto-installazioni per fontane, Sphera 9.0 e Sphera 7.0, create per la città di Gaeta; nel luglio dello stesso anno realizza Nuance, disegno progettuale parte di Contemporary Illusions, destinato alla ciminiera del complesso industriale Ex AVIR a Gaeta. Dal ‘98, l’artista vive in Toscana. Dal 2017 il suo lavoro è curato da Tiziana Tommei. 




Ombre di Luce | Simone Lingua

Domus Art Gallery Athens
Προυσης 28, Vari 166 72, Grecia
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Ufficio Stampa
Studio Martinotti
martinotti@lagenziarisorse.it
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pubblica: 

mercoledì 19 ottobre 2022

LA PELLICOLA D'ORO - Alla Festa del cinema di Roma nuove premiazioni

 






Si è tenuta oggi nell’ambito della Festa del Cinema di Roma presso lo spazio REGIONE LAZIO (Lazio Terra di Cinema) all’Auditorium Parco della Musica, la premiazione de La Pellicola d’Oro.

Durante l'evento sono stati premiati:
Segretaria di Edizione Paola Bonelli per il film "I Fratelli de Filippo" di Sergio Rubini.
Direttore di Produzione Carlo Traini per il film "Il Cattivo Poeta" di Gianluca Jodice.
Premio alla Carriera Angelo Cortese Pittore di Scena.

Tra i presenti: Valeria Allegritti (Assessore alla Cultura del Comune di Roma), Giovanna Pugliese (Uff. Cinema della Regione Lazio), Avv. Andrea Canali ( Anica), Franco La Posta (predidente APAI). Cinzia Loreti (presidente AIARSE: gli studenti del Cine TV Rossellini e del Liceo Artistico Alessandro Caravillani).

Le aziende: Romolo Sormani (Rancati), Laura Nobili (Tirelli), Gianluca Franculli (Scenarredo), Franco Ragusa (Presidente AIAT-SFX Effetti Speciali del Set). Sergio Giussani Produttore.

Segnala
Massimo Nardi

lunedì 17 ottobre 2022

Calixto Ramírez | UNA OTRA COSA


"Y replantearse...
¿ hasta dónde se podría llegar?
" Calixto Ramirez

Si presenta a Spazio Rivoluzione “UNA OTRA COSA” (2022) dell’artista messicano Calixto Ramírez. La mostra, risultato di un’azione performativa ideata in esclusiva per Spazio Rivoluzione, è dedicata alla martoriata e splendida Palermo, una città traboccante di contraddizioni, nella quale i fasti del passato coesistono fastidiosamente con un lacerante e quasi immortale stato di abbandono. È una tragedia indescrivibile quella di Palermo, superbamente bella e corrotta fino al midollo, avvinghiata senza speranza al fascino magnetico della sua decadenza.
Tra meraviglie e degrado, Calixto Ramírez ha raccolto una serie di oggetti tra i vicoli e le strade della città, attivandoli attraverso un rituale propiziatorio che ne ha previsto la distruzione nell’auspicio di un nuovo inizio. Questi oggetti logori, trasformati, frantumati, simboleggiano la rottura con un passato invadente, ingombrante, che carica il presente di paure ed incertezze, rallentandone il progresso e soffocandone gli entusiasmi.
Nella cultura materiale, infatti, un oggetto porta con sé una potente carica espressiva legata alla sua interazione con lo spazio e le persone. Un oggetto crepato, sbeccato, non più utile, conserva i segni dell'azione dell'uomo e del tempo, di una storia che si riversa nel presente. Ciò che è trascorso, tuttavia, non deve essere del tutto negato, ma ricomposto in nuova forma come base per una diversa ripartenza. Non, dunque, un peso dal quale è difficile scrollarsi, ma un ponte solido per un nuovo ed hegeliano divenire.
La necessità di un cambiamento ci conduce a un atto liberatorio e profondamente taumaturgico. Ci invita alla rottura, a mutare il punto di vista su ciò che siamo e osserviamo, a trasformare una cosa in un'altra. Costruire una versione migliore del presente ci allontana dalle trasgressioni e dalle barbarie del passato, di una storia che vuole continuare ad essere, ma che è giusto far deflagrare per dare spazio a nuovi nutrimenti ed energie.

testo di Luisa Montaperto


grafica di Adalberto Abbate e Patrizia Filizzola 


CALIXTO RAMIREZ
UNA OTRA COSA
a cura di Adalberto Abbate
dal 20.10 al 20.11.2022

Giovedi 20 ottobre si inaugura a Spazio Rivoluzione (Pa) la personale dell’artista messicano Calixto Ramirez.

Inaugurazione: giovedi 20 ottobre , h 19:00 – 22:00

SPAZIO RIVOLUZIONE
Piazza della Rivoluzione, 9 - Palermo
www.spaziorivoluzione.com
info@spaziorivoluziome.com

Andrea Astolfi | DSCF9275


Il potere creativo del difetto di Antonio Zimarino
Entriamo improvvisamente in un luogo dove ci troviamo immersi in una bolla percettiva fatta di sonorità, immagini distorte e colori irrazionali; ci poniamo di fronte alla difficoltà di interpretare brandelli e intuizioni di realtà dentro quest’esperienza estetica pressoché totale, immaginando il progetto concettuale dell’artista, tentando di interpretarla valutando l’effetto, la differenza con il reale, la dissociazione tra vissuto e percepito e quant’altro di concettualmente o fisicamente riusciamo a cogliere. Cosa ci vuole o ci può dire tale esperienza?

Tutto questo, la condizione in cui ci troviamo non è in realtà un “progetto” ma una sorta di scoperta-rivelazione legata ad un evento casuale che l’artista ha colto come contraddizione dal logico, come inattesa rivelazione di una anormalità “generativa” di displacement e quindi, di necessaria ricerca di compensazione.

Nasce tutto dalla casuale scoperta di una macchina da ripresa ormai difettosa, che riesce solo a distorcere luce e forme, quando invece il suo compito, il senso e la funzione dell’oggetto, sarebbe stato quello di provvedere alla registrazione tecnica della realtà oggettiva. Il difetto, il guasto trasforma l’oggetto “logico” in un produttore inconsapevole di straniamento, in un generatore indeterminato di effetti potenzialmente “artistici”, in una epifania di imprevedibile dissociazione rispetto a quel reale che avrebbe dovuto documentare.

L’artista rimane folgorato concettualmente da qualcosa che non si poteva prevedere o progettare come espressione, ma qualcosa di estetico che si è “dato da sé”, generato da un errore tecnico, da un guasto nella procedura prevista e progettata, dalla deviazione incontrollabile del “telos”, della finalità stessa dell’oggetto elettronico.

Ciò che genera nell’artista la domanda sul “significato” ovvero sul possibile “senso” di questa epifania “fuori luogo” è dunque l’“anomalia”, l’aporia della logica della macchina, la deviazione imprevista del flusso ordinario delle cose. L’errore, l’imperfezione trasformano il nostro modo di guardare, da “logico” ad “estetico”. L’errore tecnico ci porta nell’area delle domande sul “perché”, sulla percezione, sulla sospensione del senso. L’artista non riesce a reagire all’imprevisto, abbandonando l’oggetto ma si trova costretto a ragionare o a gestire il paradosso dell’oggetto: esso non “registra” le cose ma ne cambia la percezione.

Il “caso” che Andrea Astolfi ha coltoci spiega qualcosa di profondo di noi: ci animiamo di fronte all’imprevisto, di fronte a ciò che le procedure non comprendono e non sanno gestire. La “domanda” sul senso è esattamente la condizione che apre a percezioni e approcci differenti; l’imprevedibile manifestazione del non-senso richiede rilettura, riordino, compensazione e riadattamenti. Il bambino fa lo stesso gioco con le nuvole: per lo stupore di veder apparire qualcosa di insolito ed indeterminabile nella sua costante trasformazione (noi non sappiamo, il bambino non sa nulla del vapore acqueo e del vento) vuole (e noi vogliamo o crediamo di poter) dare una forma determinata a ciò che costantemente si trasforma.

Il potere “generativo” e creativo delle domande e delle ipotesi non va però cercato negli oggetti o nelle nuvole ma piuttosto, “altrove”, nel rapporto che noi poniamo con essi e con esse: l’incanto, il desiderio di leggere qualcosa che è impossibile leggere e definire è in noi, non nelle nuvole. L’imprevisto e l’immaginazione sono le nostre risposte alla domanda che l’Inatteso ci pone. Senso e non senso sono nelle nostre percezioni di fronte all’apparire delle cose. Il gioco del conoscere, scoprire e riconoscere continuo e inarrestabile, sta in noi, anzi, noi siamo quel gioco. Nuvole e macchinette fotografiche difettose “generano” il cambiamento di stato di chi ha a che fare con esse perché spezzano la logica, il flusso d’uso chiedendo così di essere ri-usate, ri-lette da altri punti di vista, magari metaforici, quindi, creativamente più aperti e interpretabili.

Andrea Astolfi non si è però limitato a cogliere il passaggio dal “previsto all’imprevisto” che il difetto ha evidenziato ma poiché artista, ha inteso riproporlo e condividerlo per far entrare anche noi nel “gioco” provocato dalla domanda che si genera in noi, su che senso abbia questa esperienza che siamo chiamati a condividere in questo spazio. Il reale “atto creativo” di Andrea è accettare la provocazione al senso che la casualità offre, scegliere la casualità come “pro-vocazione” (ovvero una “chiamata a favore di”) a cambiare approccio nei confronti del reale che continuiamo assurdamente a presumere come costantemente tale.

L’installazione è il reale atto creativo, l’aver pensato che il glitch¹, la deformazione anomala di un flusso prevedibile non sia un “errore” di malfunzionamento ma l’accesso ad un diverso funzionamento della nostra percezione, l’elemento che può cambiare l’approccio dal logico all’estetico, la condizione che ci dispone a vedere le cose “domandandoci” sul loro “senso”, spostandoci mentalmente dal logico all’analogico. L’errore, il difetto spingono a superare le logiche procedurali, scardinano la certezza degli usi, dei significati e delle funzioni (di una macchina fotografica soltanto?) e ci fanno spostare dall’abitudine del banale “riconoscere” funzioni, all’imprevedibile interpretazione delle percezioni.
_________________________________________

¹ termine onomatopeico che in elettronica, indica genericamente i disturbi di breve durata che si manifestano in un impulso teletrasmesso, deformandone la forma d'onda (Enciclopedia Treccani)


Andrea Astolfi
DSCF9275 a cura di Antonio Zimarino

vernissage sabato 22 ottobre ore 18.00

Associazione Spazio Inangolo
con il Patrocinio del Comune di Penne

Inangolo
Largo San Giovanni Battista 1, Penne PE
dal 22.10.2022 al 05.11.2022
venerdì e sabato dalle 18.00 alle 20.00
www.inangolo.it
info@inangolo.it

LOREM IPSUM | A collective exhibition without a theme

Lorem Ipsum è una mostra segnaposto, una formula riempitiva. Il titolo della collettiva curata da Irene Sofia Comi prende spunto dall’omonimo testo campione usato generalmente per le bozze di grafica e di programmazione che, seppur venga generato in maniera casuale, condivide alcune caratteristiche con un vero testo scritto, simulandone apparenze e struttura. 

Questo testo si basa sulla storpiatura dello scritto De finibus bonorum et malorum di Cicerone del 45 a.C., dove le parole latine sono state estratte e rimescolate senza l'intenzione di creare un testo di senso compiuto. Allo stesso modo Lorem Ipsumsi propone di riflettere e superare le norme metodologiche da seguire per la costruzione di una mostra collettiva, tra le quali compare, in prima linea, la necessità di una tematizzazione. Anziché concentrarsi su un tema, l’esposizione pone l’accento sulla struttura che ruota intorno al concept, allo spazio espositivo e agli apparati testuali e comunicativi, indagando i meccanismi espositivi e processuali che determinano lo sviluppo di un progetto: produzione dei lavori, spazio espositivo, allestimento, testo curatoriale, titolo, grafica, etc. Nel mettere in pratica questa scelta, l’esposizione si propone come spazio di libera riflessione intorno a forme espressive e metodologie curatoriali più sperimentali e condivise. Spazio in Situ non è più solo un white cube, uno spazio espositivo asettico e sacrale, ma diventa anche immagine, scenografia e intervento collettivo. Le nove opere degli artisti e delle artiste dialogano nello spazio senza l’esigenza o l’obbligo di ruotare intorno a una o più tematiche comuni, esprimendosi al di fuori di vincoli e costrizioni predeterminate, diventando a loro volta suggestioni per la creazione di un racconto immaginativo. 
Lorem Ipsumè un tentativo di svincolare gli sguardi, le pose e le posizioni dai punti di riferimento abituali, in un work in progress continuo tra artista, curatore e fruitore. 

testo di Irene Sofia Comi

Spazio In Situ
LOREM IPSUM
A collective exhibition without a theme
A cura di Irene Sofia Comi

Artisti: Sveva Angeletti / Alessandra Cecchini / Francesca Cornacchini / Marco De Rosa / Federica Di Pietrantonio / Chiara Fantaccione / Andrea Frosolini / Daniele Sciacca / Guendalina Urbani

inaugurazione il 18 ottobre 2022 dalle 19:00 

performance di:
Alessandra Cecchini: 19:00
Marco De Rosa: 20:00

Spazio In Situ 
Via San Biagio Platani 7
00133 - Roma
dal 19 ottobre al 19 novembre 2022
visitabile tutti i giorni su appuntamento 

mercoledì 12 ottobre 2022

AFTERGLOW | Ursula Palla


La galleria Muratcentoventidue Artecontemporanea prosegue il suo percorso espositivo con AFTERGLOW, la mostra personale dell’artista svizzera Ursula Palla.

Ursula Palla, nata a Coira , ha studiato disegno e pittura alla F+F School for Art and Design di Zurigo , dove ha poi insegnato videoarte fino al 1999. È stata assistente di Pipilotti Rist. Nel 1994 ha co-fondato il gruppo performativo Cooperation Projekt X a Zurigo , del quale ha fatto parte fino al 2002. Vive e lavora a Zurigo. Dal 1992 ha partecipato regolarmente a mostre personali e collettive e festival di video in Svizzera e all'estero. Determinanti per la sua carriera di artista sono state anche le borse di studio e i progetti che esplorano le relazioni fra arte e architettura. Le sue opere si trovano in tutta Europa in rinomate collezioni private e museali come il Gemeente Museum dell'Aia, lo ZKM Zentrum für Kunst und Medien di Karlsruhe e il Kunsthaus Zürich. Dopo il 2000 l'artificialità della Natura si cristallizza sempre più chiaramente come tema centrale della sua opera multimediale. Sotto forma di video e sculture in bronzo, a volte raggruppate in installazioni, mette in discussione criticamente l'appropriazione e la manipolazione della natura da parte dell'uomo, perché il nostro paesaggio oggi è molto cambiato ed è sovracostruito, i paesaggi naturali sono diventati rari e abbiamo sviluppato la capacità di vedere in modo selettivo. Eliminiamo ciò che disturba, lo trascuriamo o lo trasfiguriamo” – afferma l’artista. I suoi lavori, preceduti da accurate ricerche, ad un primo sguardo incantano sul piano formale-estetico , anche perché l’artista utilizza materiali effimeri come zucchero fuso, neve , polvere di carbone ma a un esame più attento, il bell'aspetto cade a pezzi per le contraddizioni che emergono dai dettagli, Illusione e realtà finiscono così con entrare in un rapporto di tensione rivelando completamente la profondità e l'urgenza del suo lavoro.

Le opere in mostra ci ricordano la nostra responsabilità rispetto all'ambiente. La video installazione “ The Bird” mostra un gufo che vuole volare via, benché sia legato per le zampe. In una stanza vediamo l’installazione “ The Moon in my Pocket” , tronchi d'albero scorticati rappresentano una foresta sterile, in cui sono stati proiettati brandelli di vestiti svolazzanti. Può essere vista come un paesaggio surreale, che richiama la desolazione e il decadimento della nostra civiltà .Gli spettatori sono invitati ancora una volta a interrogarsi sul rapporto dell’uomo con la Natura.

L'installazione “Thousand” è costituita da diversi schermi ammucchiati sul pavimento, a guisa di formicaio, che mostrano delle formiche che tagliano e divorano la banconota da mille franchi svizzera che tra l’altro recava rappresentato proprio questo insetto. "Noi sappiamo che il denaro non può essere distrutto perché appartiene alla Banca Nazionale. Ma perché allora – si chiede l’artista- abbiamo la presunzione di distruggere esseri viventi come le formiche?" Questo lavoro è ispirato alla storia di una donna di Shanghai, che nascondeva i suoi risparmi nel materasso. Dopo un po' si è resa conto che ne erano rimasti solo dei resti. Il video mostra le formiche mangiafoglie al lavoro, possono tagliare una banconota da mille franchi in piccoli pezzi e trasportarne i brandelli di carta che vengono utilizzati come humus per la coltivazione di colture fungine.

L'opera diventa così metafora del potere di una Natura che si avvale delle conquiste dell'umanità al fine di dimostrarne l’intrinseca precarietà“(Andrea Jahn).

L'installazione “Herbs ad Weeds” è un’opera site-specific. Vediamo sulla parete il ramo di una pianta infestante come l’ortica, rappresentata con della sabbia, che si protende verso l’alto e verso il basso, il pavimento; il lavoro riflette la complessità della relazione che lega l’uomo alla Natura basata sull’ambivalenza e l’instabilità. È un gioco millenario che si consuma nell’alternanza tra odio e amore, in un territorio dove la dimensione materiale e quella immaginaria si confondono reciprocamente.



Sede
Muratcentoventidue-Artecontemporanea Via G. Murat 122/b – Bari

Inaugurazione
Sabato 15 ottobre, 2022, ore 19.00 Periodo
15 ottobre – 15 dicembre 2022

Orario di apertura
Lunedì, martedì e mercoledì solo su appuntamento
Dal giovedì al sabato, dalle 17.30 alle 20.30

Info
3348714094 – 392.5985840
http://info@muratcentoventidue.com http://www.muratcentoventidue.com


LA FORTUNA DELLA FRAGILITÀ | Marcela Caldéron Andrade e Tommaso Spazzini Villa

Tommaso Spazzini Villa, Senza titolo (Ombre) © Galleria Mattia De Luca. Foto di Daniele Molajoli

Con LA FORTUNA DELLA FRAGILITÀ – doppia personale di Marcela Calderón Andrade (Pasto, Colombia, 1991) e Tommaso Spazzini Villa (Milano, 1986) – la Galleria Mattia De Luca riapre le porte della sede romana – dall'8 ottobre al 10 dicembre 2022 – per dare vita a Mattia De Luca projects, un percorso autonomo e sperimentale di ricognizione sul panorama artistico contemporaneo che si affianca all’ormai consolidato impegno sui grandi nomi del Novecento italiano e internazionale.

Con Mattia De Luca projects, la galleria mette a disposizione i suoi spazi ad artisti invitati a esporre la propria ricerca in modo completamente libero: un progetto off che nasce dal desiderio di esplorare una produzione che, agendo sul mondo di oggi, può aiutarci a comprenderlo meglio. Un percorso che allarga l’impegno di Galleria Mattia De Luca in ambiti svincolati da dinamiche strettamente commerciali, mettendo a disposizione risorse e know how per iniziative culturali legate a progetti pubblici, alla realizzazione di eventi culturali e al sostegno alla ricerca curatoriale.

LA FORTUNA DELLA FRAGILITÀ, primo atto di questo progetto, nasce dal dialogo tra Calderón Andrade e Spazzini Villa, artisti che si interrogano su temi che spaziano dalla transitorietà, all’impossibilità di trovare una lettura univoca della realtà, dal fascino per il mutamento alla creatività della Natura.

Le opere di Marcela Calderón Andrade nascono dall’osservazione della complessità delle relazioni in natura, e sono spesso composte da elementi organici (semi, foglie, membrana interna del guscio d’uovo ecc.) con cui crea lavori scultorei di insostenibile leggerezza. Per questa esposizione l’artista colombiana ha scelto di esporre sette opere che fanno parte del suo progetto Enchura: Hongo guarda alla configurazione di un minuscolo fungo che si sviluppa nella buccia di alcuni frutti durante il processo di degradazione (Rhizopus stolonifer), riproducendone le fragilissime connessioni come un ingrandimento su un microcosmo che si rivela in scala architettonica. Círculo-Infinito, Churo-Espiral e Vibración-Onda, lavori parte della serie Vestigio, sono realizzati con le membrane interne dei gusci d'uovo – struttura protettrice di vita –, che dopo la rottura sono in grado di ricomporsi grazie alla memoria che la materia riesce a conservare, attuando un processo di distruzione e ricomposizione. Completa la mostra Red: un intreccio di sottili fili di carta, esercizio con cui l’artista ci invita – come nel resto dei suoi lavori – a ricordare, riparare e curare la rete di fragilità a livello emotivo, fisico, biologico, politico.

Tommaso Spazzini Villa espone alcune opere della serie Ombre: nate come scatole d'ombra con lo stesso funzionamento di un piccolo diorama teatrale e come omaggio ai Teatrini di Lucio Fontana, queste opere trovano nello spazio espositivo una nuova declinazione estesa e site-specific. L’ombra e il rapporto col suo referente diventano il fulcro dell’opera, attraverso la creazione di immagini evanescenti e silhouettes misteriose che nascono da foglie secche: una riflessione sull’ambiguità della Natura e le possibilità metafisiche dell'illusione, un’ideale prosecuzione del mito della caverna platonica. Accanto a questi lavori l’artista propone un video legato all’opera Autoritratti, un progetto ancora inedito di arte partecipativa svolto nelle carceri italiane nel 2018, in cui ha coinvolto quattrocento detenuti chiedendo loro di scegliere alcune parole da singole pagine dell’Odissea, così da ricomporre una frase all’interno di ciascun brano. Un’opera ricca di rimandi e significati che trovano nuove attualizzazioni, in bilico fra il tempo non misurabile del poema omerico e quello contingente e raccolto della sospensione umana. Alla radice di opere alla sola apparenza dissimili, emerge un motivo di ricerca coerente e unitario: trovare nelle pieghe del quotidiano il gesto minimo che favorisca l’incontro con un elemento attraverso il quale svelare la delicata complessità umana. Una ricerca profondamente umanistica che, coerente con il perimetro individuato per l’esposizione, resta ancorata alla realtà a cui si riferisce.

LA FORTUNA DELLA FRAGILITÀ sarà accompagnata da un catalogo.

La fortuna della fragilità © Galleria Mattia De Luca. Foto di Daniele Molajoli

Mattia De Luca projects
LA FORTUNA DELLA FRAGILITÀ
Marcela Caldéron Andrade and Tommaso Spazzini Villa

The first event put on by Mattia De Luca projects, Galleria Mattia De Luca’s new off project devoted to the world of contemporary art

exhibition dates
8 October 2022 – 10 December 2022
Palazzo Albertoni Spinola 
Piazza di Campitelli 2, Rome


Galleria Mattia De Luca
Piazza di Campitelli 2 | 00186 Roma
E. info@mattiadeluca.com
T. +39 06 6991188
F. +39 06 69941636
www.mattiadeluca.com

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lunedì 10 ottobre 2022

Paura della libertà, un omaggio a Carlo Levi

Paura della libertà, exhibition view, Ph credits Marcello Tedesco


ANTEFATTO
Il Novecento al pari di pochissimi altri periodi storici è stato per la società italiana una fucina di ingegni rari e coraggiosi, forse che tutte le tragiche circostanze politiche e sociali hanno contribuito a forgiare una tipologia di artisti e pensatori capaci di attraversare e significare il caos.

Due dei più importanti, e forse poco approfonditi, nati entrambi nel 1902, sono mi pare Carlo Levi e Cesare Zavattini. 

Personalità proteiformi, capaci di espandere il proprio pensiero in vari ambiti e linguaggi, sembrano condividere più di una intuizione. La prima è relativa alla consapevolezza che l’essere umano è al contempo autore e vittima della propria natura, creatura nobile e abietta, in perenne oscillazione tra la capacità di creare bellezza e libertà o espandere intorno a sé, attraverso la creazione dei propri idoli di potere, terrore e morte.

L’inesausta esplorazione di questa realtà dolorosamente contradditoria, che dal profondo dell’interiorità di ogni essere umano deflagra nel mondo, è l’archetipo davanti al quale entrambi sono rimasti tutta la vita senza indietreggiare né inorridire. Il secondo aspetto deriva immediatamente dalla serietà del primo: per preparare un mondo futuro libero dalla paura e dagli idoli era necessario lasciare che il processo creativo, che in entrambi è sinonimo di libertà, uscisse da un terreno specialistico per impastarsi con la vita stessa, al fine di trasformare in profondità non le forme dipinte, cantate o scolpite, ma il cuore stesso dell’essere umano. 
Questo cuore di bambino che per reagire alla complessa, quanto vitale metamorfosi del reale, all’impermanenza, alla fragilità e alla vaghezza della vita, si rivolge, non a un appassionato esercizio di libertà, bensì alla creazione di modelli di potere (gli idoli)nelle forme politiche, come nell’arte, nel linguaggio come nella religione, con l’illusione che queste si pongano salvificamente a protezione dando un’illusione di stabilità negli aspetti della vita umana. 

Levi e Zavattini avevano visto quanto poi si sarebbe affermato come norma e principio, ovvero la totalitaria polarizzazione della società in tutti gli ambiti. La terra in mezzo ai poli rimane semi deserta, nascosta. Questa terra di mezzo è il cuore degli esseri umani, ovvero ciò che li connota come cosa vivente. L’atto creativo, quel momento istantaneo di piena libertà dove gli opposti si fondono e coincidono dando vita ad alti ed effimeri momenti di civiltà, è prerogativa di questa vasta terra spopolata. Le polarità faticano ad assimilare queste voci nel deserto, il loro messaggio arriva distorto, appiattito, stravolto dall’enorme viaggio che questo deve compiere. E tuttavia, anche se flebile questa voce, continua incredibilmente a giungere. 

I maestri presenti in questa mostra, ognuno in modo peculiare, abita e opera dalla terra di mezzo, senza l’aiuto di idoli, senza bisogno di guerra e sangue e riti, parole d’ordine, forme fisse e immutabili, seguitano a esporsi a una realtà cangiante, mutevole ed enigmatica. E da questa realtà compresa e accolta traggono forme e pensieri di verità, sì di verità. “Testimoni di un altro tempo all’interno del nostro tempo, di un mondo così intimo e interno al nostro mondo da suscitare scandalo”.

Chiedono forse a noi un atto di fede, venire riconosciuti come esseri umani più evoluti? Niente affatto, non chiedono nulla, ma mostrano con la radicalità della loro esperienza che qualcosa di straordinario è possibile, esiste e vive in un luogo che oggi, l’epoca dei valori rovesciati, appare un deserto inabitabile. “Dal sommo della paura nasce una speranza, muoiono gli dèi e si crea la persona umana”.


Paura della libertà, Marco Pellizolla, Contenitori di stelle, 2021_Ph credits Marcello Tedesco

LA MOSTRA
Il progetto espositivo si iscrive nella serie di mostre organizzate dal museo dedicate all’approfondimento di alcune figure chiave del ‘900. Ricordiamo quella dedicata a Cesare Zavattini (Aspettando Za, una non mostra dalla collezione Massimo Soprani) e a dieci maestri dell’arte moderna e contemporanea (All Stars, Gino De Dominicis, Claudio Parmiggiani, Joseph Beyus, etc.).

La mostra fortemente ispirata dal poema politico “Paura della libertà”, scritto da Carlo Levi nel 1939 e pubblicato in Italia nel 1946, individua alcune personalità nate tra gli anni ‘30 e ‘50 del ‘900 che, per percorso esistenziale e prassi artistica, presentano quei tratti peculiari che Levi descrive nel suo testo: un forte senso di autonomia caratterizzato da una ricerca paziente e coraggiosa, votata, più che a celebrare cristallizzate convenzioni, a un rapporto inedito con la realtà, ovvero quell’organismo enigmatico in continua mutazione e metamorfosi.

Dichiara Carlo Levi in un’intervista del 1974 con Walter Mauro:
Il terrore di questa metamorfosi, da cui ci si può salvare soltanto vivendo completamente la propria libertà, fa creare le forme del potere che sono state prodotte esattamente per «salvarci» da questa continua metamorfosi, cioè per darci l’illusione di stabilità, nelle forme politiche, come nell’arte, nel linguaggio come nella religione, in tutti i modi e le forme della vita umana” 

Quindi se da un lato esiste una volontà largamente diffusa, come dice Levi, che impedisce l’autonomo sviluppo della realtà e che ha la funzione di cristallizzarla in forme sempre più irreali e inumane, producendo in questo modo una forte disgregazione culturale e sociale, dall’altro va rilevata una corrente indubbiamente minoritaria, e per certi versi negletta, che concentra i propri sforzi verso una coscienza personale autonoma e dunque a un esercizio di libertà. A tale proposito afferma Levi: “da qualche parte certamente esistono delle espressioni di autonomia che hanno la facoltà di formare un nuovo mondo reale”.

Questa corrente di pensiero, che attraversa tutto il ‘900 fino ad arrivare sempre più flebile ai giorni nostri sarà il territorio esplorato in questo progetto espositivo.


GLI ARTISTI
Per Marion Baruch(Timisoara, 1929) il mondo si può rappresentare oggi come una realtà residuale. Le sue sculture in tessuto sono desunte dal mondo produttivo della moda, dai suoi scarti. Quello che potrebbe sembrare un atto neutro di appropriazione assume invece un valore narrativo di rara intensità drammatica. La presunta coerenza della spazialità è rotta dal ritmico dispiegarsi di questi segni che conservano un’inaspettata attrattività erotica.

Le opere di Pinuccia Bernardoni(Pisa, 1953) riescono a compiere la più misteriosa delle operazioni: fondere una profonda visione poetica con uno sguardo che penetra incandescente la freddezza della materia terrestre. Nei suoi occhi di schietta toscana si ricapitola tutta l’antica arte di fare coincidere il massimo del personale con l’universale. In mostra una sua scultura in marmo e carta del 2012 dove il tema del viaggio diventa metafora di una metamorfica attitudine alla vita.

L’opera plastica di Pietro Colletta(Bari, 1948) supera con un balzo di tigre del Bengala quanto di convenzionale esiste nella relazione tra arte e vita. Egli compie una grande fusione senza andare in fonderia, ha aperto la sua stessa vita all’irrompere delle titaniche forze della scultura. Quelle che trasformano, attraverso millenaria pressione e calore, un pezzo di carbonio in diamante. In mostra una sua scultura recente in ferro brunito dal titolo “Soglia”.

L’esigenza di pervenire a una visione metamorfica connota tutta l’opera matura di Carlo Levi(Torino, 1902). L’osservazione del mondo eterico delle piante e dei fiori gli permetteva di immergersi in quello che lui chiamava la “forma delle forme”, ovvero un’immagine primordiale che le comprendesse tutte in modo simultaneo senza cristallizzarsi in nessuna in particolare. Così quello che potrebbe sembrare un’innocua natura morta diventa una dichiarazione di un particolare atteggiamento verso la realtà. In mostra un olio su tela del 1971 dal titolo “Nel mio giardino”.

Complessivamente l’opera di Corrado Levi(Torino, 1936) coincide con l’enigma della sua vita, è in contatto costante con il suo nobile lignaggio, davanti a lui è impossibile qualunque atto di arrogante brutalità. In mostra il suo omaggio a Carlo Levi, una tecnica mista su carta del 2021. La storia recente è vista dal maestro come un magma incandescente e oscuro, eseguito direttamente con le mani, come a dire che è sua prerogativa agire sporcandosele.

Marco Pellizzola(Cento, 1953) è capace, come pochi artisti, di unire una profonda dimensione lirica all’ideazione di opere pubbliche di incredibile complessità, sia dal punto di vista formale che organizzativo. La sua attitudine creativa è talmente radicata da potersi confrontare con la dimensione pubblica senza venirne travolto né diminuito, anzi il lavoro esce rafforzato da questo confronto. In mostra un’installazione del 2018 dal titolo “Raccoglitori di stelle”.

La dimensione sonora, il ritmo, la profondità spaziale, che solo il suono riesce a evocare negli intervalli di silenzio, sono alcuni elementi che connotano le recenti opere pittoriche di Roberto Rizzoli(Bologna, 1952). Attraverso un sapiente e controllatissimo uso del colore l’artista evoca realtà immateriali e rarefatte, che sembrano contraddire l’opaca, mesta, densità di una irrealtà quotidiana. In mostra due acrilici su carta, montata su legno, dalla serie “Suite chimica”.

L’opera di Mili Romano (Siracusa, 1953) è una chiara evidenza di come oggi l’arte possa uscire dai suoi consueti argini per rapportarsi alla complessità delle dinamiche sociali e politiche. Il concetto di opera pubblica e di arte relazionale diventa un’espediente per cercare di immettere nuovi contenuti in ciò che di convenzionale sopravvive nell’arte e nella società. In mostra una serie di 36 foto analogiche dal titolo “Resuscitare il vento. Chiedi al ‘77”.

La mostra è a cura di Marcello Tedesco.
Artisti: Marion Baruch, Pinuccia Bernardoni, Pietro Coletta, Carlo Levi, Corrado Levi, Marco Pellizzola, Roberto Rizzoli, Mili Romano.
Nella project room sarà presente Agnese Zavoli, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Opening: venerdì 14 ottobre alle ore 17
La mostra è sempre visibile dall’esterno del museo. Orari: lunedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica dalle 15 alle 19.



Via John Cage 11/a-13/a – 40129 Bologna www.museotemporaneonavile.org info@museotemporaneonavile.org

Il Numinoso | La tensione al sacro nell'arte italiana. Ipotesi contemporanee

Vincenzo Agnetti, Ritratto di Dio, 1970, feltro bianco con scritta incisa dipinta di argento, 150 x 110 cm, ph. Roberto Marossi, courtesy Fondazione Agnetti, Milano

BUILDING presenta dal 27 ottobre 2022 al 28 gennaio 2023 la mostra Il Numinoso a cura di Giorgio Verzotti, un progetto espositivo che indaga il senso del sacro nell’arte contemporanea. 

Attraverso una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi, l’esposizione crea un dialogo tra più di venti artisti italiani, da importanti nomi del Novecento fino alle tendenze più recenti: Vincenzo Agnetti, Stefano Arienti, Ferruccio Ascari, Francesca Banchelli, Bizhan Bassiri, Alighiero Boetti, Gianni Caravaggio, Gino De Dominicis, Amalia Del Ponte, Chiara Dynys, Lucio Fontana, Gaspare, Francesco Gennari, Arianna Giorgi, Alberto Guidato, Jannis Kounellis, Maria Lai, Sergio Limonta, Marco Andrea Magni, Piero Manzoni, Simone Pellegrini, Michelangelo Pistoletto, Remo Salvadori, Nicola Samorì, Ettore Spalletti e Grazia Toderi. 

Riunendo pittura, scultura, fotografia, arte tessile, disegni e installazioni, la mostra si sviluppa lungo i tre piani espositivi di BUILDING e presso la Basilica di San Celso, dove dal 9 novembre al 22 dicembre alcune opere interagiscono con i suggestivi ambienti di un luogo sacro. Parallelamente, presso la Galleria Moshe Tabibnia sarà presentata la mostra Sacro concreto dedicata al tema del sacro nei tessili antichi, accompagnata da un testo critico di Marco Meneguzzo. Il termine numinoso, da cui prende il titolo la mostra, si desume dal saggio di Rudolf Otto "Il sacro" (1917), in cui l’autore lo definisce come una presenza extra-razionale, invisibile, potente al punto da incutere terrore e a un tempo da affascinare. Questa ambiguità essenziale è caratteristica del sacro, il quale si manifesta attraverso il numinoso a un soggetto che, secondo Jung, ne viene invariabilmente dominato. Da qui le pratiche religiose, nate fin dai tempi più remoti per "disciplinare" il numinoso, per rendere meno terrifico il sacro, per sublimarlo e controllarlo attraverso i riti delle liturgie.  

Il numinoso può dunque essere interpretato come una soglia che consente al soggetto di contemplarlo senza essere annientato dalla sua potenza: possiamo leggere l'opera d'arte come un dispositivo che, similmente all'apparato delle liturgie, "sublima" e "domina" il sacro, familiarizza con esso potendolo pensare, visto che non lo può rendere oggetto dell'esperienza? 

Il confronto con l'assoluto, l'apertura al pensiero dell'altrove, dell'Altro, connatura molta creazione artistica contemporanea, o almeno consente di porre l’argomento in questi termini: questione della trascendenza, che anche la visione laica del mondo accetta assumendola come limite della razionalità e della conoscenza scientifica. Sentimento del tempo, desiderio utopico di fermare il suo trascorrere irrimediabile, di battere Chronos e vincere la morte. Paura e desiderio insieme che il terrifico del sacro faccia ancora irruzione nella nostra esistenza regolata e ne scardini le regole. Tutte queste e altre istanze sono presenti nella selezione di artisti e opere che la mostra Il Numinoso propone, non certo per dare delle riposte a simili vertiginosi interrogativi, se mai per riproporli in modo nuovo, alla luce delle intuizioni degli artisti, e per inaugurare un auspicabile nuovo dibattito. Da Fontana e Manzoni a Pistoletto, De Dominicis e Spalletti fino alle tendenze più recenti, Il Numinoso vuole essere anche, e forse soprattutto, un omaggio all'arte italiana, dal secondo dopoguerra ad oggi. 

Gli artisti
Vincenzo Agnetti (1926-1981), Stefano Arienti (1961), Ferruccio Ascari (1949), Francesca Banchelli (1981), Bizhan Bassiri (1954), Alighiero Boetti (1940-1994), Gianni Caravaggio (1968), Gino De Dominicis (1947-1998), Amalia Del Ponte (1936), Chiara Dynys (1958), Lucio Fontana (1899-1968), Gaspare (1983), Francesco Gennari (1973), Arianna Giorgi (1965), Alberto Guidato (1972), Jannis Kounellis (1936-2017), Maria Lai (1919-2013), Sergio Limonta (1972), Marco Andrea Magni (1975), Piero Manzoni (1933-1963), Simone Pellegrini (1972), Michelangelo Pistoletto (1933), Remo Salvadori (1947), Nicola Samorì (1977), Ettore Spalletti (1940-2019) e Grazia Toderi (1963). 

Il curatore
Giorgio Verzotti è critico d’arte e curatore indipendente, è stato curatore presso il Castello di Rivoli e il MART di Rovereto e direttore di Artefiera a Bologna. Ha curato mostre di artisti come Carla Accardi, Vincenzo Agnetti, Carol Rama, Enzo Cucchi, Marlene Dumas, Wim Delvoye, Chiara Dynys, Douglas Gordon, Runa Islam, Mimmo Jodice, Bertrand Lavier, Shirin Neshat, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Haim Steinbach, Armando Testa, Wolfgang Tillmans, Niele Toroni, Grazia Varisco, Luca Vitone e molte mostre collettive. Ha scritto libri su Terry Atkinson, Umberto Boccioni, Claudio Guarino, Imi Knoebel, Mario Merz, Gabriele Picco. Vive fra Milano, la campagna di Novara e la Valle d’Itria. 

INFORMAZIONI
Il Numinoso
La tensione al sacro nell'arte italiana. Ipotesi contemporanee.
a cura di Giorgio Verzotti
27 ottobre 2022 - 28 gennaio 2023

BUILDING
via Monte di Pietà 23, Milano
martedì - sabato, 10 - 19
9 novembre 2022 - 22 dicembre 2022

Basilica di San Celso
Corso Italia 37, Milano
martedì - sabato, 11 - 19

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venerdì 7 ottobre 2022

Chaos vs Cosmos

 


Chaos vs Cosmos

Mostra d’Arte Contemporanea, Galleria Spazio Arte dal 28 Ottobre al 13 Novembre 2022 .
"Chaos vs Cosmos"
Programma:
sabato 29 ottobre 2011 ore 18.30 inaugurazione della mostra "Chaos vs Cosmos" alla presenza delle autorità cittadine per l'occasione sarà ricordata l'opera di tre artisti ruvesi recentemente scomparsi Biagio Caldarola, Elia Basile, Aldo Mastrorilli, attraverso le testimonianze di amici estimatori che li hanno conosciuti e frequentati.

Giovedì 3 novembre 18.30 incontro con gli artisti e la cittadinanza, il prof Pasquale Pisani curatore della mostra parlerà del tema "Chaos vs Cosmos" psicodrammi del tempo presente; seguirà un dibattito con gli artisti ed il pubblico presente.
Giovedì 10 novembre ore 18.30 conferenza e dibattito a cura di Carmelo Cipriani critico d’Arte sul tema arte prigioniera furti falsificazioni ed illeciti ai danni del patrimonio culturale.
Interverranno Dania Mondino giornalista del Tg1, Claudio Loiodice ispettore di polizia di stato membro dell'America society of criminology ed un rappresentante dell'TPC dell'arma dei carabinieri.
ARTISTI IN MOSTRA presso la Galleria Spazio Arte sita Piazza F. Cavallotti al centro di Ruvo di Puglia BA.

ALTIERI, BASILE, BUCCI, CLITOROSSO, COVELLA, DEPASCALIS, DE SARIO G. DE SARIO P. DE SCISCIOLO, GRANITO, GUASTAMACCHIA, LASTELLA,LAURELLI, LUZIO, MORELLI, NARDI, NICOLAI, PETRUZZELLI, RUTIGLIANO F., RUTIGLIANO L., SCARONGELLA, SCIANCALEPORE, SERAFINO, SPARAPANO, STRAGAPEDE, TERLIZZI, TULLO.

Aspettando il... Fungo cardoncello organizzata dalla Pro Loco UNPLI Ruvo di Puglia
Patrocini
Regione Puglia . Comune di Ruvo di Puglia .
Cell. 346 957 9331 - 340 771 9708

“Opere e omissioni”

 


COMUNICATO STAMPA

 


 

La rinascita sociale come obiettivo comune è la forza propulsiva del progetto di arti integrate “Opere e omissioni” che dal 14 al 28 ottobre prenderà vita a Massafra nei luoghi del Teatro Comunale e della Ex Chiesa di Sant’Agostino.

 

L’iniziativa muove l’arte, la musica, il cinema, la letteratura e la filosofia, l’una verso l’altra in un dialogo costruttivo tra materiale e immateriale, digitale e analogico, storia e contemporaneità, in un moto creativo che punta a esorcizzare paure, fobie, incertezze attraverso la creazione di nuovi legami e connessioni. Opere e Omissioni “officia” i linguaggi difformi ricercando l’equilibrio inderogabile per la coesistenza e la salvaguardia del nostro patrimonio antropologico e culturale.

 

La manifestazione, a ingresso libero, sarà inaugurata il 14 ottobre, alle 18.30, e presenta un calendario fitto di eventi che per 14 giorni avranno luogo nella città di Massafra: la mostra site specific allestita all’interno della Ex Chiesa Sant’Agostino, la proiezione di due film sonorizzati dal vivo presso il Teatro Comunale, tre conferenze e due incontri con le scuole, sempre all’interno della Ex Chiesa Sant’Agostino.

 

L’evento è nato dalla collaborazione tra gli artisti Pierluca Cetera (installazioni), Maurizio Di Feo (installazioni), Parizia Grande (video), Nicola Vinci (foto) e l’associazione Ambiente H, con il supporto dell’assessorato alle politiche giovanili del Comune di Massafra 2030, Fidapa bpw, Eurodap, Università Popolare delle Gravine Ironiche, New Magazine, Geopack e Zns. “Opere e omissioni" Arti integrate è inserito nel  programma del Dipartimento delle politiche giovanili e il servizio civile universale giovani.

 

Opere e Omissioni - Arti integrate, a cura di Prossimamente arte, è un intervento artistico ispirato a Le confessioni di Sant'Agostino e all'immaginario dantesco. A partire dall’'installazione labirintica di Pierluca Cetera e Maurizio Di Feo si materializza l'interazione tra modus operandi e media differenti, dove l'uno manipola la materia a favore dell'opera e l'altro interviene per sottrazione, appunto “omissioni” della stessa, a favore di un’integrazione artistica volta al dialogo, affinché la diversità accomuni, per dar vita a una rinascita sociale. Filosofia rafforzata dall’inserimento del video artistico di Patrizia  Grande e dell'opera fotografica di Nicola Vinci in una lettura tematica digitale che si contrappone al fare analogico installativo ma in eguale maniera esplora confessioni recondite, incertezze, fobie e remissioni dell'essere umano.

Elementi condivisi nel progetto dall'associazione Ambiente H, un programma, attivo dal 2010, volto alla risonorizzazione dal vivo del cinema d’autore che presenterà Le sang d’un poète di Jaen Cocteau,  risonorizzato da Paolo L. Bandara e Simon Balestrazzi e Gandahar, di Renè Laloux,  risonorizzato da Devis Granziera e Roberto Pasini.

 

Programma:

     Venerdì 14 ottobre:

    Ore 18.30, inaugurazione “Opere e omissioni” la mostra presso la Ex Chiesa di Sant'Agostino, Massafra, di Pierluca Cetera, Maurizio Di Feo, Patrizia Grande e Nicola Vinci.

    Ore 20.30, presso il Teatro Comunale di Massafra proiezione di “Le sang d'un poète” di Jean Cocteau, 1932, Sperimentale / bianco e nero - 59 minuti. Versione originale con sottotitoli sonorizzata dal vivo da Paolo L. Bandera e Simon Balestrazzi, con intervento di Francesco Dongiovanni e Giuseppe Procino (Ticket 7 euro).

 

     Mercoledì 19 ottobre: ore 10.00, incontro con le scuole presso la Ex Chiesa di Sant'Agostino, Massafra.

     Giovedì 20 ottobre: ore 18.30, conferenza “Arte ed Economia”, relatore Raffaele Rescina presso la Ex Chiesa di Sant'Agostino, Massafra.

     Mercoledì 26 ottobre: ore 10.00, incontro con le scuole per la Lectio “Diversamente Dante” di Trifone Gargano presso la Ex Chiesa di San’Agostino

     Giovedì 27 ottobre: ore 18:30, conferenza di Josè Minervini, Presidente della Società Dante Alighieri Comitato di Taranto. “Per te poeta fui, per te cristiano”, analisi dei canti XXI e XXII del Purgatorio, l’incontro con Stazio, presso la Ex Chiesa di Sant'Agostino, Massafra.

     Venerdì 28 ottobre: ore 20.30, chiusura evento con la proiezione del film "Gandahar" di René Laloux, 1987. Anamazione / colore 83 minuti. Versione originale con sottotitoli, risonorizzata dal vivo da Davis Granziera e Roberto Pasini con intervento di Gabriele Panico, presso la Ex Chiesa di Sant'Agostino, Massafra  (Ticket 7 euro).

Opere e omissioni - la mostra - 14 ottobre | 28 ottobre | Ex Chiesa Sant'Agostino | via Sant'Agostino | Massafra |Ta   | Visitabile tutti i giorni dalle 17.30 alle 21.00, le domeniche dalle 10.00 alle 20.00. Ingresso libero.

Info: eicolsat@alice.it; pierlucacetera@gmail.com; Tel. 333.4094861, 3471647017.

Facebook e Instagram: operEomissioni