Kromìa è lieta di presentare Soliloquio, personale della fotografa cubana Ana Gloria Salvia.
In mostra, numerose opere di piccolo formato dalla recente produzione dell’autrice. Dettagli di fiori e piante, colti dall’obiettivo in sguardo ravvicinato e installati in un insieme generante polifonici rimandi estetici ed emotivi, aprono nuovi sensi al di là del dato botanico, verso il rinvenimento della sottile armonia empatica che tutto lega nell’Universo.
Dal testo critico di Diana Gianquitto (curatrice della mostra, con la direzione artistica di Donatella Saccani): «Un alfabeto argenteo, una tavola magica, note musicali, uno spartito cadenzato in architettura e bellezza. I segni sinergici di Ana Gloria Salvia ci interrogano, e solo a un secondo sguardo rivelano l’origine vegetale della loro natura. (…) C’è una telepatia sottile tra semi, petali, foglie delle piante rappresentate. E siamo tirati dentro anche noi, in quelle sottili corrispondenze o contrappunti di segni, tra i quali siamo quasi chiamati a immaginare il nostro posto. È qualcosa di più della semplice sinergia o empatia, e che partecipa della stessa forza con cui, intrinsecamente ma misteriosamente, le particelle costitutive dell’Universo si aggregavano e attraevano nell’atomismo greco. Di più, è un’armonia matematica intesa come vera e propria archè o materia e legge primigenia del mondo, regola musicale pitagorica, forza dinamica vivente di una natura ilozoista che ha per sé e in se stessa scintilla generatrice, movimento e anima (…) Che, col diapason dell’anima in ascolto di sincronicità post-junghiane dell’autrice, ritrova nell’infinito magma dei casi della vita il suo senso. E anche voi, se qui vi ritrovate ad accordare occhi, percezioni e cuore sul suo alfabeto visivo, sarete stati qui portati, a leggere e osservare, da quell’imperscrutabile e infallibile armonia universale per cui, come nota Ana Gloria Salvia, azar, che in spagnolo vuol dire caso, in persiano si colora della musicalissima timbrica dell’accento di azâr, ed è legato al numero nove. Secondo l’antichissima sapienza numerologica pitagorica, il numero dell’amore universale, che di certo è alla base di ogni incontro».
Di seguito, testo critico integrale di Diana Gianquitto.
Testo critico
AZAR / AZÂR
di Diana Gianquitto
Un alfabeto argenteo, una tavola magica, note musicali, uno spartito cadenzato in architettura e bellezza.
I segni sinergici di Ana Gloria Salvia ci interrogano, e solo a un secondo sguardo rivelano l’origine vegetale della loro natura.
Infatti, ben oltre la suggestione - pur presente - dell’erbario medievale ed enciclopedico, le volute palesate, le filigrane e venature delle epidermidi botaniche, le unicità morfologiche di ogni singolo essere naturale, dischiuse da uno sguardo ravvicinato, icastizzate su un buio profondo come un metafisico oceano primordiale, rilevate da riflessi lunari capaci di individuare a al contempo allontanare in una luce siderale senza tempo, finiscono per assolutizzarsi in una grammatica che defunzionalizza il dato pragmatico e attribuisce un nuovo linguaggio e senso.
Onirico, poetico, ma soprattutto filosofico.
Riposto, ma qui dispiegato in spartito visivo affinché risuoni per gli occhi di tutti.
C’è una telepatia sottile tra semi, petali, foglie delle piante rappresentate. E siamo tirati dentro anche noi, in quelle sottili corrispondenze o contrappunti di segni, tra i quali siamo quasi chiamati a immaginare il nostro posto. È qualcosa di più della semplice sinergia o empatia, e che partecipa della stessa forza con cui, intrinsecamente ma misteriosamente, le particelle costitutive dell’Universo si aggregavano e attraevano nell’atomismo greco. Di più, è un’armonia matematica intesa come vera e propria archè o materia e legge primigenia del mondo, regola musicale pitagorica, forza dinamica vivente di una natura ilozoista che ha per sé e in se stessa scintilla generatrice, movimento e anima.
Anima. Per l’artista, “l’anima è il diapason che permette di accordarci con ciò che noi chiamiamo caso o coincidenza, e che in realtà altro non è che un incontro e una comunicazione tra le parti dell’Universo, che trasforma il caos in armonia earchitettura per la continuità della vita”. Una visione razionale dell’anima, ma di una razionalità quantica.
Che, come in quantistica, rinviene organizzazione e senso dall’apparente disordine, allo stesso modo in cui le ferme direttrici verticali e orizzontali nella griglia visiva dell’exhibit ne riassorbono in centratura, interiore e percettiva, le ritmate variazioni formali. Centratura e auto-posizionamento empatico evocati inoltre dalle cinque opere assiali, che dal basso verso l’altro alludono - in forma e posizione - ai primi cinque chakra, proprio perché senza prima un propedeutico soliloquio armonico con se stessi, nessuna comunicazione è mai possibile con l’altro da sé.
Un diapason costituito da una capacità matematica e musicale innata per ogni essere vivente, ma che la società attuale ha tutto l’interesse ad addormentare, temendone la sensibilità. Ed ecco come, anche con i fiori, si può fare politica. Muta ma eloquente, come delicato ma penetrante è agli occhi l’alfabeto floreale sovversivamente decriptatoci dall’artista. Che, al solo contatto visivo, è capace di riallinearci con l’Universo comunicativo nel quale viviamo e con il suo principio vitale. Non a caso, forse, nell’aspetto così simile a rayografie: quelle impressioni dirette dal mondo su carta fotografica che lo stesso Man Ray definiva “organismi viventi” derivanti da momenti di “contatto emozionale”.
Un living theatre di anime floreali messe a nudo. Riverberante la prima formazione della fotografa, avvenuta in ambito teatrale. Del resto, il teatro è strettamente connesso alla luce, che tanto sulla scena quanto nell’obiettivo fotografico “seleziona le cose in armonia, come una scrittura e traduzione di ciò che vedi, semplificando senza perdere profondità”. E se presentare le cose in armonia è proprio anche della poesia, “che è unione di musica e immagine”, ogni fotografia è anche poema. E metafora, e aforisma. Solo, scanditi con l’immediatezza di una visione, che comunica direttamente. Esattamente come l’intuizione, l’empatia e la telepatia, linguaggi ancestrali che fanno a meno di parole, al centro da sempre della riflessione dell’artista.
Come nella sua tavola botanica, la ricerca dell’autrice è dunque un’operazione profondamente semantica, protesa - forse anche in virtù della propria biografia cosmopolita - alla scoperta dell’essenza dei segni e delle sinergie comunicative, trasversalmente in ogni arte e cultura, e in definitiva in tutte le comunicazioni ed energie, non solo umane. “Tutto è segno, e il segno è comunicazione, e quindi empatia”.
Che, col diapason dell’anima in ascolto di sincronicità post-junghiane dell’autrice, ritrova nell’infinito magma dei casi della vita il suo senso. E anche voi, se qui vi ritrovate ad accordare occhi, percezioni e cuore sul suo alfabeto visivo, sarete stati qui portati, a leggere e osservare, da quell’imperscrutabile e infallibile armonia universale per cui, come nota Ana Gloria Salvia, azar, che in spagnolo vuol dire caso, in persiano si colora della musicalissima timbrica dell’accento di azâr, ed è legato al numero nove. Secondo l’antichissima sapienza numerologica pitagorica, il numero dell’amore universale, che di certo è alla base di ogni incontro*.
*Signos sinérgicos, per una ermeneutica semplificata dell’amore, è anche il nome della ricerca sperimentale che l’artista conduce attraverso la serie.
Ana Gloria Salvia. Soliloquio
Venerdì 7 dicembre 2018 - ore 19.00
dal 7.12.18 al 7.1.19
Napoli, via Diodato Lioy 11 (piazza Monteoliveto)