exhibition
Martedì 8 gennaio 2013 alle ore 18,00 presso lo Studio Arte Fuori
Centro di Roma, via Ercole Bombelli 22, si inaugura Dell'altrove e
dell'ovunque personale di Francesca Loprieno a cura di Maria Vinella.
L’esposizione rimarrà aperta fino al 25 gennaio, secondo il seguente orario: dal martedì al venerdì dalle 17,00 alle 20,00
L’evento è il primo appuntamento di Spazio Aperto 2013 ciclo di
quattro mostre in cui i critici invitati dall’associazione culturale
Fuori Centro, tracciano i percorsi e gli obiettivi che si vanno elaborando nei multiformi ambiti delle esperienze legate alla sperimentazione.
La ricerca fotografica di Francesca Loprieno coniuga i temi dello spaesamento e dello straniamento spaziale con quelli della circolarità temporale. Lo spazio dell’attraversamento (fisico ma anche mentale) è spazio del viaggio. E’ spazio dell’ovunque. Il tempo della storia (intima e personale ma anche pubblica e collettiva) è il tempo della perdita e del perdersi. E’ il tempo dell’altrove.
I suoi lavori non si danno mai nell’unicità di un’unica immagine, lo sguardo si rifiuta di racchiudere la visione nel perimetro di una sola fotografia. E difatti le opere tessono fitte relazioni, intrecci tra i diversi momenti narrativi di una stessa storia. La storia scritta dallo sguardo dell’autrice … Quello di Francesca Loprieno è uno sguardo ampio, sotterraneo e tenace, che insegue il silenzio di ogni più piccola assenza celata tra i clamori del reale.
Storie scritte dallo sguardo
(di Maria Vinella)
La ricerca fotografica di Francesca Loprieno coniuga i temi dello spaesamento e dello straniamento spaziale con quelli della circolarità temporale. Lo spazio dell’attraversamento (fisico ma anche mentale) è spazio del viaggio. E’ spazio dell’ovunque. Il tempo della storia (intima e personale ma anche pubblica e collettiva) è il tempo della perdita e del perdersi. E’ il tempo dell’altrove.
I suoi lavori non si danno mai nell’unicità di un’unica immagine, lo sguardo si rifiuta di racchiudere la visione nel perimetro di una sola fotografia. E difatti le opere tessono fitte relazioni, intrecci tra i diversi momenti narrativi di una stessa storia. La storia scritta dallo sguardo dell’autrice.
Nei dittici, trittici o nelle installazioni più complesse composte da più scatti fotografici, Francesca Loprieno insegue le suggestioni del racconto/non racconto del quotidiano, focalizzando l’attenzione sul mentre, sulle diverse parti dello spazio-tempo che si allacciano, si sovrappongono, si snodano sino a costruire nuove narrazioni. Qui, lo spazio è luogo del paesaggio, sospeso nel tempo, in attesa dell’evento e dell’accadimento che può anche non-essere mai.
Nella serie “Oltre-tempo”, l’artista raccoglie in suggestivi trittici gli spazi naturalistici di una campagna nebbiosa, dove la presenza umana è assente. Nel silenzio ovattato di cieli malinconici, il tempo è fermo. Lo sguardo dell’obiettivo scruta i fili d’erba, l’intrico degli arbusti, le chiome degli alberi in lontananza, l’orizzonte immobile. Il loro respiro è il respiro espanso del cosmo. Tutto è nello stesso tempo mutevole e immutabile. Nei dittici del ciclo “Paesaggi sospesi”, riflette sulle relazioni paesaggio/figura. Paesaggio campestre abitato da testimonianze culturali molteplici (ruderi e presenze architettoniche), paesaggio marino ricreato dalla mobilità della luce, dal flusso delle acque mai ferme, dai riflessi azzurrati dei cieli.
Ogni visione è doppia: il luogo della presenza umana è lo spazio costruito della messa in scena, della costruzione teatrale dove i personaggi (sempre personaggi femminili) sono messi in posa di fronte al mare o inseriti nei campi lunghi di prati primaverili; il luogo dell’assenza umana è lo spazio naturalistico dell’ambiente, che è orizzonte vuoto in lontananza oppure dettaglio di chioma gemmata o di acqua che sbatte sullo scoglio o sasso che affiora tra le onde. Tutto appartiene ad un’unica drammaturgia.
La giovane autrice con i suoi scatti fotografici pre-vede il mondo. Un mondo narrato da uno speciale punto di vista, emotivo e sensibile, dove i paesaggi raccontano sentimenti, i dettagli sono incipit, le figure umane sono attrici, le azioni sono pose teatrali, le attese sono pause.
Quello di Francesca Loprieno è uno sguardo ampio, sotterraneo e tenace, che insegue il silenzio di ogni più piccola assenza celata tra i clamori del reale.
Come ha scritto di lei Pasko Simone: «Da fotografa generosa, la sua maggiore preoccupazione artistica è segnalare questa presenza-assenza, l’inafferrabile infinito: sogno visionario di un’emozione che si vorrebbe condividere con l’Altro. Così accade che in ogni suo scatto, come in ogni esperienza-limite, l’immagine non “parla” integralmente per se stessa, ma lascia spazio perché “si parli” di essa e della sua aspirazione all’infinito: espressione inclusiva di verità e di attualità, occultata dall’orizzonte del reale. Un percorso, quindi, di consapevole assenza, che l’acutezza dello sguardo di Francesca esperimenta, nelle risonanze tra visibile e invisibile, con l’intento, tutto personale, di riempire lo spazio della mancanza con la risorsa della parola rivelatrice. Così non è più la singola immagine in se stessa, ma il discorso che la comprende, a raccontare la sua storia».
La ricerca fotografica di Francesca Loprieno coniuga i temi dello spaesamento e dello straniamento spaziale con quelli della circolarità temporale. Lo spazio dell’attraversamento (fisico ma anche mentale) è spazio del viaggio. E’ spazio dell’ovunque. Il tempo della storia (intima e personale ma anche pubblica e collettiva) è il tempo della perdita e del perdersi. E’ il tempo dell’altrove.
I suoi lavori non si danno mai nell’unicità di un’unica immagine, lo sguardo si rifiuta di racchiudere la visione nel perimetro di una sola fotografia. E difatti le opere tessono fitte relazioni, intrecci tra i diversi momenti narrativi di una stessa storia. La storia scritta dallo sguardo dell’autrice … Quello di Francesca Loprieno è uno sguardo ampio, sotterraneo e tenace, che insegue il silenzio di ogni più piccola assenza celata tra i clamori del reale.
Storie scritte dallo sguardo
(di Maria Vinella)
La ricerca fotografica di Francesca Loprieno coniuga i temi dello spaesamento e dello straniamento spaziale con quelli della circolarità temporale. Lo spazio dell’attraversamento (fisico ma anche mentale) è spazio del viaggio. E’ spazio dell’ovunque. Il tempo della storia (intima e personale ma anche pubblica e collettiva) è il tempo della perdita e del perdersi. E’ il tempo dell’altrove.
I suoi lavori non si danno mai nell’unicità di un’unica immagine, lo sguardo si rifiuta di racchiudere la visione nel perimetro di una sola fotografia. E difatti le opere tessono fitte relazioni, intrecci tra i diversi momenti narrativi di una stessa storia. La storia scritta dallo sguardo dell’autrice.
Nei dittici, trittici o nelle installazioni più complesse composte da più scatti fotografici, Francesca Loprieno insegue le suggestioni del racconto/non racconto del quotidiano, focalizzando l’attenzione sul mentre, sulle diverse parti dello spazio-tempo che si allacciano, si sovrappongono, si snodano sino a costruire nuove narrazioni. Qui, lo spazio è luogo del paesaggio, sospeso nel tempo, in attesa dell’evento e dell’accadimento che può anche non-essere mai.
Nella serie “Oltre-tempo”, l’artista raccoglie in suggestivi trittici gli spazi naturalistici di una campagna nebbiosa, dove la presenza umana è assente. Nel silenzio ovattato di cieli malinconici, il tempo è fermo. Lo sguardo dell’obiettivo scruta i fili d’erba, l’intrico degli arbusti, le chiome degli alberi in lontananza, l’orizzonte immobile. Il loro respiro è il respiro espanso del cosmo. Tutto è nello stesso tempo mutevole e immutabile. Nei dittici del ciclo “Paesaggi sospesi”, riflette sulle relazioni paesaggio/figura. Paesaggio campestre abitato da testimonianze culturali molteplici (ruderi e presenze architettoniche), paesaggio marino ricreato dalla mobilità della luce, dal flusso delle acque mai ferme, dai riflessi azzurrati dei cieli.
Ogni visione è doppia: il luogo della presenza umana è lo spazio costruito della messa in scena, della costruzione teatrale dove i personaggi (sempre personaggi femminili) sono messi in posa di fronte al mare o inseriti nei campi lunghi di prati primaverili; il luogo dell’assenza umana è lo spazio naturalistico dell’ambiente, che è orizzonte vuoto in lontananza oppure dettaglio di chioma gemmata o di acqua che sbatte sullo scoglio o sasso che affiora tra le onde. Tutto appartiene ad un’unica drammaturgia.
La giovane autrice con i suoi scatti fotografici pre-vede il mondo. Un mondo narrato da uno speciale punto di vista, emotivo e sensibile, dove i paesaggi raccontano sentimenti, i dettagli sono incipit, le figure umane sono attrici, le azioni sono pose teatrali, le attese sono pause.
Quello di Francesca Loprieno è uno sguardo ampio, sotterraneo e tenace, che insegue il silenzio di ogni più piccola assenza celata tra i clamori del reale.
Come ha scritto di lei Pasko Simone: «Da fotografa generosa, la sua maggiore preoccupazione artistica è segnalare questa presenza-assenza, l’inafferrabile infinito: sogno visionario di un’emozione che si vorrebbe condividere con l’Altro. Così accade che in ogni suo scatto, come in ogni esperienza-limite, l’immagine non “parla” integralmente per se stessa, ma lascia spazio perché “si parli” di essa e della sua aspirazione all’infinito: espressione inclusiva di verità e di attualità, occultata dall’orizzonte del reale. Un percorso, quindi, di consapevole assenza, che l’acutezza dello sguardo di Francesca esperimenta, nelle risonanze tra visibile e invisibile, con l’intento, tutto personale, di riempire lo spazio della mancanza con la risorsa della parola rivelatrice. Così non è più la singola immagine in se stessa, ma il discorso che la comprende, a raccontare la sua storia».
Segnala:
Amalia Di Lanno