The face of all your fears. Anneè Olofsson 20 settembre 2012, 18.00-21.00 WEEKEND START: 21 SETTEMBRE 2012, 15.00-21.00 22 SETTEMBRE 2012, 12.00-20.00 23 SETTEMBRE 2012, 12.00-19.00 PERIODO: 20 SETTEMBRE - 31 OTTOBRE 2012LUOGO: VIA VENTURA 6, MILANOORARI: MARTEDì - SABATO: 15.00-19.00INFO: TEL +39 02 365 268 09 – FAX +39 02 365 955 27MILANO@MIMMOSCOGNAMIGLIO.COM
Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea presenta The face of all your fears, la mostra personale dell'artista svedese Anneè Olofsson.
Ricorrendo a un'iconografia che svela in maniera carnale e diretta la tensione tra scissione e affinità, il tempo e l'invecchiamento, l'artista lavora principalmente con la fotografia analogica, il video e talvolta la scultura.
Olofsson ritorna più volte sul proprio corpo, utilizzandolo come strumento artistico senza restrizioni. Anche i suoi genitori e la sua famiglia hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua scenotecnica. I corpi diventano simboli che raccontano non solo la nostra imperscrutabilità, ma anche i nostri limiti.
Nello spazio di Anneè Olofsson le persone sono strettamente legate in un buio compatto, all'interno del quale la presenza umana ha il potere di infondere così la vita quanto la morte.
La mostra The face of all your fears si focalizza sulle questioni che più coinvolgono Anneè Olofsson. Nelle opere esposte, in parte autobiografiche, l'artista - così come suggerisce il titolo - sfida le proprie ossessioni, paure e traumi. Nelle foto Childwold, Re Mains, Naked Light of Day e Hide and Seek ella si concentra sull'infanzia e la crescita, l'invecchiamento e la morte, la perdita e la memoria, esprimendo la nostra paura di diventare vecchi e il nostro costante inseguimento della giovinezza.
L'artista è interessata al modo in cui decodifichiamo le immagini e come lo sguardo cambi nel tempo. Scava attraverso diversi livelli di significato, disseziona e indaga, cercando di trovare nuove domande e risposte.
Il video A Demons Desire e la serie fotografica con lo stesso titolo (scattata durante le riprese) si basa sull'immagine della copertina leggendaria e controversa dell'album Virgin Killer (1976) del gruppo tedesco heavy metal "The Scorpions". La copertina che mostra una ragazza nuda suscitò forti reazioni quando l'album uscì più di 30 anni fa: esso fu vietato e in alcuni paesi venne applicato un coperchio di plastica nera sulla parte superiore per nascondere la sua sagoma. Interessata e affascinata da questa storia Olofsson ha iniziato la ricerca delle persone coinvolte, trovando finalmente, dopo due anni, Michael Von Gimbut, il fotografo. Nel video Anneé Olofsson cerca di ricostruire, secondo la propria fantasia, le modalità in cui la foto fu scattata. Dietro alla macchina da presa si trova Michael von Gimbut, assistito da sua moglie Parvin, proprio come nel 1976. Egli era l'unico uomo presente alla seduta: vi erano soltanto donne, tra cui la madre e la sorella della ragazza, le stiliste e le rappresentanti della casa discografica. L'identità della ritratta, come promesso, non è mai stata rivelata; il suo nome è stato discusso per anni in rete e alcuni pensano che potrebbe essere Jaquline. Di conseguenza il titolo della scultura The shadow of Jaquline, che rappresenta in tre dimensioni la bambina, vista con gli occhi dell'artista, dipinta di nero, come un'ombra.
Ricorrendo a un'iconografia che svela in maniera carnale e diretta la tensione tra scissione e affinità, il tempo e l'invecchiamento, l'artista lavora principalmente con la fotografia analogica, il video e talvolta la scultura.
Olofsson ritorna più volte sul proprio corpo, utilizzandolo come strumento artistico senza restrizioni. Anche i suoi genitori e la sua famiglia hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua scenotecnica. I corpi diventano simboli che raccontano non solo la nostra imperscrutabilità, ma anche i nostri limiti.
Nello spazio di Anneè Olofsson le persone sono strettamente legate in un buio compatto, all'interno del quale la presenza umana ha il potere di infondere così la vita quanto la morte.
La mostra The face of all your fears si focalizza sulle questioni che più coinvolgono Anneè Olofsson. Nelle opere esposte, in parte autobiografiche, l'artista - così come suggerisce il titolo - sfida le proprie ossessioni, paure e traumi. Nelle foto Childwold, Re Mains, Naked Light of Day e Hide and Seek ella si concentra sull'infanzia e la crescita, l'invecchiamento e la morte, la perdita e la memoria, esprimendo la nostra paura di diventare vecchi e il nostro costante inseguimento della giovinezza.
L'artista è interessata al modo in cui decodifichiamo le immagini e come lo sguardo cambi nel tempo. Scava attraverso diversi livelli di significato, disseziona e indaga, cercando di trovare nuove domande e risposte.
Il video A Demons Desire e la serie fotografica con lo stesso titolo (scattata durante le riprese) si basa sull'immagine della copertina leggendaria e controversa dell'album Virgin Killer (1976) del gruppo tedesco heavy metal "The Scorpions". La copertina che mostra una ragazza nuda suscitò forti reazioni quando l'album uscì più di 30 anni fa: esso fu vietato e in alcuni paesi venne applicato un coperchio di plastica nera sulla parte superiore per nascondere la sua sagoma. Interessata e affascinata da questa storia Olofsson ha iniziato la ricerca delle persone coinvolte, trovando finalmente, dopo due anni, Michael Von Gimbut, il fotografo. Nel video Anneé Olofsson cerca di ricostruire, secondo la propria fantasia, le modalità in cui la foto fu scattata. Dietro alla macchina da presa si trova Michael von Gimbut, assistito da sua moglie Parvin, proprio come nel 1976. Egli era l'unico uomo presente alla seduta: vi erano soltanto donne, tra cui la madre e la sorella della ragazza, le stiliste e le rappresentanti della casa discografica. L'identità della ritratta, come promesso, non è mai stata rivelata; il suo nome è stato discusso per anni in rete e alcuni pensano che potrebbe essere Jaquline. Di conseguenza il titolo della scultura The shadow of Jaquline, che rappresenta in tre dimensioni la bambina, vista con gli occhi dell'artista, dipinta di nero, come un'ombra.
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Massimo Nardi