mercoledì 5 settembre 2012

Bilico / Nuovo Spazio di Casso


Bilico


15 settembre - 28 ottobre 2012

inaugurazione sabato 15 settembre ore 17.00

Casso (Pn), ex scuole elementari.


Un'esposizione d'arte contemporanea che avvia il Nuovo Spazio di Casso quale motore creativo per il (dal) territorio.


a cura di gianluca d'incà levis

assistente: beatrice sartor

assistente curatore: michela lupieri


artisti:


Matteo Attruia

Michele Bazzana

Ludovico Bomben

Luca Chiesura

Dimitri Giannina

Ericailcane

Gabriele Grones

Michael Johansson

Kabu

Tiziano Martini

Il Moro e il Quasi Biondo

Mario Tomè

Jonathan Vivacqua



Bilico è la prima esposizione d'arte contemporanea che Dolomiti Contemporanee realizza nel Nuovo Spazio espositivo di Casso, l'ex scuola elementare della frazione, che il prossimo 15 settembre riaprirà, dopo quasi 50 anni dalla tragedia del Vajont, con un'idea nuova, che guarda al futuro.

L'arte contemporanea, e la cultura tutta infatti, laddove i progetti siano ben strutturati, possono rappresentate un'opzione vitale, opponendosi alla stagnazione ed all'inerzia che talvolta avviluppano e imprigionano i luoghi segnati da eventi gravi (ma non solo quelli).

L'arte e la cultura possono possono fornire impulsi reali, agendo come un motore e contribuendo concretamente a stimolare e riattivare il territorio.


In "bilico", alcuni concetti tradizionali, legati all'ambiente ed alla cultura della montagna, vengono declinati e rivisitati criticamente: lo sguardo contemporaneo fornisce uno stimolo rinnovativo, che si oppone all'uso stereotipo delle specificità, che non sono clichè da cui tranne strenne o cartoline, ma risorse. L'uso, metaforico e fisico, di concetti forti (roccia, verticalità, montagna, equilibrio), serve a sottolineare il valore universale di queste specificità, così fortemente legate ad un contesto territoriale che fornisce stimoli autentici ad alternativi.


Il titolo di questa prima mostra prende origine dalle caratteristiche, fisiche e storiche, di questo sito particolare. La frazione di Casso, così arroccata, su un versante inclinato, sembra già in sé stessa un luogo in bilico, dall'equilibrio instabile. Un luogo sospeso, nello spazio, e anche nel tempo. Erto e Casso: un Comune, due diocesi: Casso nella Diocesi bellunese, Erto in quella pordenonese: anche in questo un crinale, spartiacque, confine, bilico). Luogo sospeso tra l'oggi, e la necessità di immaginare un domani plausibile, tra il futuro e il passato, segnato dal terribile evento del '63. Anche rispetto alla propria storia, Casso è dunque in bilico. L'edificio dell'ex scuola elementare sembra riprendere oggi, nell'architettura rinnovata, questo tema, questa difficile ricerca d'un equilibrio, e di un'identità che non corrisponda solo alla memoria della tragedia, che nessuno può e vuole dimenticare, ma che non deve divorare il presente. La storia non è cristallizzazione, la storia testimonia della vita, e fluisce, come la vita. Il Nuovo Spazio di Casso è un'occasione, di riflessione, d'azione, per questo luogo, da questo luogo. La diga, poco sotto, deve cessare di essere una lapide: è necessario che la diga cessi di essere una lapide. La passerella superiore del Nuvo Spazio è un ponte, che sposta il baricentro dell'edificio, trascinandolo e proiettandolo, magneticamente, verso la frana immane del Monte Toc. La stabilità dell'edificio, massiccio e stereometrico, è continuamente compromessa dalla tensione della passerella, dal rapporto con i formidabili elementi esterni, la frana, la diga, l'eco sordo e persistente della frana, l'ambiente naturale forte, l'isolamento.

Bilico è una riflessione su questo stato d'equilibrio, e sul destino possibile di un luogo tanto caratterizzato e segnato, che da oggi vuole aprirsi all'esterno, e non chiudersi su sé stesso. Bilico è la dichiarazione dell'innesco di un processo di ricerca d'equilibrio che non vuole accetta d'essere sospensione, afonia, rinuncia. Ribadiamo: equilibrio non è sospensione, ma ricerca d'azione e leva e misura.


Dolomiti Contemporanee è un progetto che mette in rete l'arte contemporanea, il contesto dolomitico, e gli spazi dismessi, riaprendoli con un'azione culturale tesa alla rivitalizzazione. Alla base del progetto vi è dunque un rifiuto culturale del concetto di chiusura, e una forte volontà di reazione propositiva. Ciò porta ad operare in location periferiche e decentrate (Sospirolo, Taibon Agordino, Casso), su siti dal grande potenziale. Il livello dell'attività artistica, e la la rete di soggetti, coinvolti, istituzionali, pubblici e privati, conferiscono al progetto un'apertura nazionale ed internazionale. Le specificità, ambientali, territoriali, culturali, sono spinte e proiettate fuori dal contesto locale, e condotte all'interno di un network aperto, globale.


Gianluca D'Incà Levis,

ideatore e curatore di Dolomiti Contemporanee


Taibon Agordino, 26 agosto 2012


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concept in bilico


Lo Spazio Nuovo di Casso, nuovo perchè viene a portar via il vecchio, in un furore intelligente, e rifiuta il mutismo paralizzante della lapide, unica pietra, la lapide, rimodellata sterile (non si scalano, le lapidi, e noi scaliamo).

Uno spazio introverso, martoriato il perimetro, da quel fiume improvviso che mugghiò e risalì 49 anni fa, spazio che sembra chiudersi dentro, un bunker dall'esterno, quasi un'architettura militare, casamatta o carroarmato, i muri grigi, la calotta calata sopra (ma c'è il ponte, che non è un cannone). Ma lo spazio interno, sottile membrana invece da dentro, bianca cavità dai muri sottili, messo lassù, arroccato, tra cave e falesie e prati scoscesi, 14 soli abitanti rimasti, alcuni all'ardesia, su questo alto confino, spazio che si proietta fuori d'impulso, si difende dalla sua storia e dai segni indelebili, spazio che è trascinato fuori da una forza fossile latente traente, risucchiato, calamitato, verso Sud, da quel taglio immane, la linea netta di distacco del Toc, linea di piano inclinato incisa con più forza ancora della linea verticale della diga, che sta sotto, che viene dopo, che, dallo spalto, pare secondaria, e dai grandi vetri dentro pure, scavalcata da questa inevitabile proiezione frontale, panica, della terrazza sospesa, un sistema di puntamento, che guarda al disegno inciso della frana, come dipinto o grafico, è quello, sasso snudato, liscio cuore scoperto, levata via la pelle verde, uscito di sotto l'osso bianco morso dal sole, a far muto e sospeso tutto lo spazio formidabile attorno, il dominio riflessivo del silenzio, l'orecchio girato al vento, a catturarlo, come se l'onda fossile potesse tornare, orecchio a catturarla, stazione d'ascolto e radar, e si respira a fondo, lì sopra, dal ponte, e si può sorridere anche, i pontili sono luoghi di partenze e ripartenze, si può sorridere piano, quando si pensa al nuovo, che può venire, che viene, che sale.


Quest'attesa, e quel moto da sotto, di terra instabile. E tutta una teoria di equilibri, e disequilibri soprattutto, che si prendono e incrociano e innestano, e fan vacillare le ortogonalità e le stereometrie e l'impatto volumetrico statico del Nuovo Spazio, che si muove. Disequilibri e disassamenti e ripartizioni di carichi e disallineamenti ed eccentricità e verticalità in traslazione e slittamento.

L'equilibrio problematico è un bilico. La crisi viene da un movimento, che scaccia la stasi, e porta un vento.

Salire, scalare, arrampicare, scivolare, cadere, precipitare, delle pietre, dei pensieri, degli uomini, che sono i pensieri che corrono (o salgono). Pratiche, e azioni (dal pensiero), che comportano perdita, ricerca, allontanamento, scostamento, distacco, arbitrarietà. Ogni azione creativa è un'obiezione, innaturale, antiorganica, alla stabilità, all'equilibrio, alla ripetizione dei processi, alle coazioni naturali, all'autonomia indifferente di natura e paesaggio. Venire a turbare gli equilibri, a mettere in gioco i significati. Cos'è altrimenti l'agire artistico? Azione confortante di tappezzeria e decoro? Ogni azione creativa è critica. E' reattiva. E' rifiuto e abbandono dello stato di quiete. E' guerra. E' una gamba sola, che scarta. E' bilico.

La stessa attesa, nel silenzio del ponte, non è statica. L'attesa è uno scompenso proiettivo e l'ansia, o la memoria, o l'attenzione, per un momento, d'un eco. E la memoria del moto stesso, che scosse e portò giù. E poi vengono tutti gli altri modi e modelli del disequilibrio, che qui si avvolgono gli uni sugli altri, a moltiplicarsi, in questo immobile vortice di Casso. Il bilico, l'instabilità, che è incertezza, e come tale, anche, nuova possibilità, possibilità del nuovo.

Il rifiuto d'inerzia porta questo scompenso, porta, in qualche modo, un assoggettamento alla gravità, che è un innesco.

Chi sale cade, può cadere.

Le pareti, il salire, lo scendere, il precipitare, il porsi sulla soglia, il travalicare la soglia.

Lo spazio stesso muove, eleva o precipita: lo spazio nuovo, aperto e libero. Ma libero da cosa? I vincoli; la storia, lo spazio stesso, che libera e guida, muove e costringe, fa sgorgare e condiziona.

Ma prima, la stessa prospettiva dell'uomo, e del senso del suo essere, non è che bilico: l'equilibrio tra la realtà di ciò che c'è, o che dovrebbe esserci, e l'interpretazione soggettiva di chi ne ha coscienza, una coscienza che entra nel processo di rappresentazione, di definizione, della realtà stessa della cosa, che contribuisce a fare la cosa, che è la cosa (perlomeno da Berkeley). Sebbene i valori siano sempre oggettivi, altrochenò, un'algebra, soprattutto estetica, altrochegusti, quelli sì sono equilibri equivocabili, fragili, friabili.

L'ex Scuola elementare di Casso, Nuovo Spazio di Casso, Sp-alto (Spazio Alto di Casso), è un luogo speciale, ultrasensibile, supercaratterizzato, vincolato al tempo (ad un tempo) e perciò fuori dal tempo e imprigionato a quel tempo ed a quella storia particolare, sì, ma solo in parte: solo in parte contenuto nei segni superstiti.

Bisogna scostarlo, muoverlo. Rialimentare il bilico. C'è un'altra parte, ora, da fare.

Dentro all'edificio (e fuori, per proiezioni) c'è il vuoto, bisogna fare un altro vuoto, per poter respirare quell'esterno. Navicella. Non per niente abbiamo quella grafica; 2001: il monolito a secco, fuori dall'odissea, e avanti, per verticali.


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Amalia Di Lanno