vertigine [di]segno
a cura di Gino Pisapia
CCH / IVANO TROISI
LU MI PROJECT è lieto di inaugurare la sede di rappresentanza delle Cantine Lupo con la mostra vertigine [di]segno a cura di Gino Pisapia.
Il percorso espositivo concepito come una doppia personale intende mettere in evidenza attraverso i lavori di CCH (Livorno,1973) e di Ivano Troisi (Salerno,1984) due differenti possibilità di indagare i legami esistenti tra percezione e significazione, tra interpretazione e resa formale.
Il segno e la forma diventano dunque protagonisti di un discorso critico dal quale si dipanano innumerevoli argomenti declinati secondo tecniche e approcci diversi. Pervasa da un grande senso storico, sociale e politico, la poetica di CCH esplora e reinterpreta attraverso i segni e i simboli, le geografie e le strategie legate ai fatti, agli uomini e alla storia.
Ne è un esempio “Israel Terror Activities, 2011” dove su un foglio acetato vengono riportati
dei segni, con il nastro adesivo in dotazione all'esercito americano, che vanno a definire su una mappa, non più visibile, i punti con la più alta concentrazione di attività terroristiche palestinesi.
Oppure nella serie delle “Isole Infelici”, paradisi naturali usati dagli uomini come luoghi d'esilio. Emblematico ne risulta il lavoro in mostra con la candida area dell'isola turca Imrali, luogo di prigionia dal 2002 del leader separatista curdo Abdullah Öcalan. Alla base del suo lavoro c'è sempre una ricerca d'archivio che, portata avanti con scrupolosa perizia, punta alla messa a nudo di una serie di curiosità o argomenti spesso “scomodi” entrati a far parte del dimenticatoio comune sedimentato nella storia.
Una cartina geografica, una foto di giornale, un libro di torture, vengono ri-letti attraverso varie tipologie di segni estratti e astratti dalla realtà.
Ne conseguono pertanto ricostruzioni di percorsi, viaggi o confini in grado di restituire una personale e multiforme narrazione degli avvenimenti.
Come accade nel dittico “Il Viaggio di Goethe in Italia, 2011-2012” dove un segno bianco su fondo nero e viceversa ne propone due ipotesi di itinerari, ricostruiti in base a diverse fonti storiografiche, rispettivamente degli anni '50 e del 2011.
Disegni su carta, pitture su tela, coperte militari, ritagli di giornale, nastro adesivo e fotografia concorrono nel lavoro di CCH alla realizzazione di un'idea che traduce gravosi contenuti in un elementare linearismo formale.
Di matrice completamente differente invece, il lavoro di Ivano Troisi, elegante e raffinato, intimo e riservato ha come punto di partenza l'osservazione della natura e di tutti quei processi grazie ai quali è possibile trasformarne e in un certo senso registrarne il sensibile cambiamento in atto.
Affascinato dalle “arti meccaniche” l'artista sceglie, crea e realizza i colori e i supporti sui quali intervenire attingendo ad un ampio vocabolario tecnico-linguistico.
Con abile maestria realizza le carte, frutto di un lungo iter procedurale, che diventano mezzo privilegiato per supportare e sviluppare i suoi progetti. Xilografie, timbri, filigrane e disegni diventano nella sua opera dispositivi grazie ai quali comunica i segni della natura indagandone i particolari attraverso il fascino delle forme che spesso tendono al simbolico.
Accade in “Hexameron, 2011”, corposi fogli artigianali dove all'interno sottili fili di cotone, imprigionati nella fibra della carta ancora umida, originano segni che corrispondono ai simboli dei quattro elementi, disposti in una sequenza aperta da un candido foglio e chiusa dalla somma di tutti i segni.
Oppure nel lavoro site-specific, “Impressioni, 2012”, realizzato utilizzando le fibre estratte dalle piante, prelevate dal giardino di palazzo Montoro, per ricavarne carte che recano incisioni e segni riconducibili alla vegetazione stessa di cui son fatti.
Discorso che prosegue in “Mnemone, 2011-2012”, ligthbox con l'impronta digitale, dello stesso artista che mediante una filigrana, registra un momento della sua vita legato al lavoro.
Qui si legge perfettamente un'anomalia nei segni concentrici che documenta un'interruzione accidentale causata dall'abrasione di una parte di essi.
In ogni caso le relazioni che qui vengono a crearsi tra supporto pittorico e segno dipinto, tra segno graffiato e segno impresso acquistano una forte valenza simbolico-concettuale restituita da un'elevata autoreferenzialità.
In occasione della mostra vertigine [di]segno, CCH e Ivano Troisi realizzeranno “In Situ 2012”, intervento site-specific a quattro mani che metterà in luce i due differenti approcci artistici e allo stesso tempo la capacità d'integrarsi e dialogare tra loro, creando un rapporto osmotico tra il proprio vissuto, lo spazio e il tessuto urbano.
a cura di Gino Pisapia
CCH / IVANO TROISI
LU MI PROJECT è lieto di inaugurare la sede di rappresentanza delle Cantine Lupo con la mostra vertigine [di]segno a cura di Gino Pisapia.
Il percorso espositivo concepito come una doppia personale intende mettere in evidenza attraverso i lavori di CCH (Livorno,1973) e di Ivano Troisi (Salerno,1984) due differenti possibilità di indagare i legami esistenti tra percezione e significazione, tra interpretazione e resa formale.
Il segno e la forma diventano dunque protagonisti di un discorso critico dal quale si dipanano innumerevoli argomenti declinati secondo tecniche e approcci diversi. Pervasa da un grande senso storico, sociale e politico, la poetica di CCH esplora e reinterpreta attraverso i segni e i simboli, le geografie e le strategie legate ai fatti, agli uomini e alla storia.
Ne è un esempio “Israel Terror Activities, 2011” dove su un foglio acetato vengono riportati
dei segni, con il nastro adesivo in dotazione all'esercito americano, che vanno a definire su una mappa, non più visibile, i punti con la più alta concentrazione di attività terroristiche palestinesi.
Oppure nella serie delle “Isole Infelici”, paradisi naturali usati dagli uomini come luoghi d'esilio. Emblematico ne risulta il lavoro in mostra con la candida area dell'isola turca Imrali, luogo di prigionia dal 2002 del leader separatista curdo Abdullah Öcalan. Alla base del suo lavoro c'è sempre una ricerca d'archivio che, portata avanti con scrupolosa perizia, punta alla messa a nudo di una serie di curiosità o argomenti spesso “scomodi” entrati a far parte del dimenticatoio comune sedimentato nella storia.
Una cartina geografica, una foto di giornale, un libro di torture, vengono ri-letti attraverso varie tipologie di segni estratti e astratti dalla realtà.
Ne conseguono pertanto ricostruzioni di percorsi, viaggi o confini in grado di restituire una personale e multiforme narrazione degli avvenimenti.
Come accade nel dittico “Il Viaggio di Goethe in Italia, 2011-2012” dove un segno bianco su fondo nero e viceversa ne propone due ipotesi di itinerari, ricostruiti in base a diverse fonti storiografiche, rispettivamente degli anni '50 e del 2011.
Disegni su carta, pitture su tela, coperte militari, ritagli di giornale, nastro adesivo e fotografia concorrono nel lavoro di CCH alla realizzazione di un'idea che traduce gravosi contenuti in un elementare linearismo formale.
Di matrice completamente differente invece, il lavoro di Ivano Troisi, elegante e raffinato, intimo e riservato ha come punto di partenza l'osservazione della natura e di tutti quei processi grazie ai quali è possibile trasformarne e in un certo senso registrarne il sensibile cambiamento in atto.
Affascinato dalle “arti meccaniche” l'artista sceglie, crea e realizza i colori e i supporti sui quali intervenire attingendo ad un ampio vocabolario tecnico-linguistico.
Con abile maestria realizza le carte, frutto di un lungo iter procedurale, che diventano mezzo privilegiato per supportare e sviluppare i suoi progetti. Xilografie, timbri, filigrane e disegni diventano nella sua opera dispositivi grazie ai quali comunica i segni della natura indagandone i particolari attraverso il fascino delle forme che spesso tendono al simbolico.
Accade in “Hexameron, 2011”, corposi fogli artigianali dove all'interno sottili fili di cotone, imprigionati nella fibra della carta ancora umida, originano segni che corrispondono ai simboli dei quattro elementi, disposti in una sequenza aperta da un candido foglio e chiusa dalla somma di tutti i segni.
Oppure nel lavoro site-specific, “Impressioni, 2012”, realizzato utilizzando le fibre estratte dalle piante, prelevate dal giardino di palazzo Montoro, per ricavarne carte che recano incisioni e segni riconducibili alla vegetazione stessa di cui son fatti.
Discorso che prosegue in “Mnemone, 2011-2012”, ligthbox con l'impronta digitale, dello stesso artista che mediante una filigrana, registra un momento della sua vita legato al lavoro.
Qui si legge perfettamente un'anomalia nei segni concentrici che documenta un'interruzione accidentale causata dall'abrasione di una parte di essi.
In ogni caso le relazioni che qui vengono a crearsi tra supporto pittorico e segno dipinto, tra segno graffiato e segno impresso acquistano una forte valenza simbolico-concettuale restituita da un'elevata autoreferenzialità.
In occasione della mostra vertigine [di]segno, CCH e Ivano Troisi realizzeranno “In Situ 2012”, intervento site-specific a quattro mani che metterà in luce i due differenti approcci artistici e allo stesso tempo la capacità d'integrarsi e dialogare tra loro, creando un rapporto osmotico tra il proprio vissuto, lo spazio e il tessuto urbano.
LU MI project, Palazzo Montoro
via di Montoro 8, Rome, Italy
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Amalia Di Lanno