LA SOLUZIONE, DRAMMA IN TRE ATTI DI ANTONIETTA BENAGIANO Recensione di GIOVANNI AMODIO MERIDIANO SUD, Bari 31 marzo 2011 La parola "soluzione" è strettamente legata all'enunciazione di un "problema" che, per quanto complesso e difficile, cerca sempre la sua soluzione. In matematica come nella vita la caratteristica di tutti i problemi umani profondi consiste nell'affrontarli con serietà, caparbietà e buon senso che solo gli uomini probi possiedono. La nota poetessa e scrittrice Antonietta Benagiano, nel suo nuovo lavoro letterario, licenza alle stampe un dramma teatrale in tre atti, che reca appunto il titolo "La soluzione", nel quale, per le edizioni Wip, affronta una complessa tematica proiettata nel futuro, non a caso inserita nella Collana "I futuribili - Segnali Nuovi", diretta dalla stessa autrice. I sentimenti visti come alterazione patologica, banditi in nome di un'asetticità pari a quella del contesto spaziale in cui si muove l'umanità del futuro, sono stati sacrificati in nome e per conto di una nuova generazione che ha scelto di vivere sulle piattaforme a distanza di sicurezza dal Pianeta con tutte le sue brutture, i disastri ambientali, le sue illusioni di eguaglianza. La contaminazione con i Sap, nell'assoluto divieto di un meticciato abiurato, per non confondersi con gli "indegni", ha spogliato d'umanità tutti i concetti di libertà, uguaglianza, democrazia, in cambio del solo "rispetto" e così le negatività terrestri sono state isolate e obliterate da una supposta "rara umanità", tanto più utopica quanto più il distacco dal pianeta crea sacche di vuoto tra la terra e le piattaforme. Dire che anche l'umanità ha utilizzato la "forma piatta", per parafrasare la location dell'azione drammaturgica, significa intravedere la suggestiva e intelligente metafora che la Benagiano ha già delineato nel suo primo atto, che nel rispetto della drammaturgia classica è sempre di preparazione, di enunciazione del contesto. Pacificato e appiattito il pianeta Terra, perdute le ansie e gli aneliti di cielo a causa delle piattaforme, si è trasformato in un'arida geometria architettonica con una teoria di cubi, atti a preservare gli abitanti dalle insidie esterne, asetticamente inclusive di altri cubi più piccoli, in una sorta di matrioske. La biologa Mary e il geriatra Mike dissertano sulle condizioni limitanti in cui versano gli abitanti affidati ad una civiltà che ritrova la presenza di una diffusa disabilità e di robot, per un livellamento fisionomico e una mancata accettazione della vecchiaia e della malattia. La trasformazione umana ha evidenziato la perdita evidente della sensibilità. Il problema della sopravvivenza tra paura e speranza diviene il viatico per il quale sfidare il giudizio di chi si è allontanato a giusta distanza dalle piattaforme. E feroce e compassionevole appare la battuta di Mary quando esclama: "O vita, come rinnegarti?". Il pensiero fisso di vivere ancora, accogliendo ogni nuovo giorno, racchiude in sé il differente desiderio tra terrestri e piattaformisti che resta vario titolo e con diverse accezioni, quello di tutelare la vita, anche nelle condizioni più esasperate. L'atto terzo che deve decretare la catarsi, tra razionalità spinta sino alla soluzione finale, stabilirà il blocco delle braccia affinché quel tasto non sia toccato e arrida per l'ultima volta un sorriso... L'assenso con l'unanimità utopistica che debella ogni infermità disumanizzando i propositi di vita ancora in auge, al prezzo della sofferenza, della vecchiaia, del traguardo che ha già elevato il cubo a figura geometrica di contenzione, disarma la dicotomia, rendendo entrambe le condizioni estreme e dilanianti il senso dell'umanità. La speranza del sorriso farà rilevare ad un critico eccellente come Giorgio Bàrberi Squarotti: " La soluzione è un dramma originalissimo come argomento, impostazione e linguaggio. E’ un'opera di intensa speranza e fiducia e amore in contrapposizione a scienza astratta e razionalismo arido". La drammaturgia moderna abbastanza schiva rispetto ai temi della futuribilità, ritrova in Antonietta Benagiano una qualità di scrittura elegante e densa nello snodo della parola dialogata e si offre ad una innovativa concezione della mise en scene, che ciascun regista vorrà scegliere per la rappresentazione eventuale. Nel testo letterario che appare in volume, intanto si coglie già dalla concezione tematica, dal messaggio e dalla creatività dei personaggi e dei luoghi, la funzione drammaturgica che il lavoro teatrale contiene in sé, suggerisce e si offre, alla scrittura scenica come elemento di raccordo ed evento da consumare in ribalta, dopo averlo gustato in pagina. Per Antonietta Benagiano ancora una prova letteraria che amplia la sua indiscussa validità di poetessa, di critico, di saggista. La soluzione che non si risolve nella complessità della scintilla di vita che fino all'ultimo illuminerà il nostro cammino, ci riporta al verso dell'Ariosto: "Ma non potria negli uomini il destino,/ se del futuro ognun fosse indovino". il sito dell'arte