giovedì 27 febbraio 2020

Tomaso Binga: Feminist Works 1970-1980


La Galleria Mascherino è lieta di annunciare l’inaugurazione sabato 29 febbraio 2020 della mostra antologica Tomaso Binga: Feminist Works 1970-1980. L'esposizione ripercorre l’attività dell’artista, performer e poetessa visiva Tomaso Binga e i suoi legami con il pensiero femminista attraverso una vasta selezione di opere appartenenti alle diverse serie da lei realizzate tra l’inizio degli anni Settanta e la metà degli Ottanta: dai Polistirolo alla Scrittura desemantizzata, dalla Scrittura vivente alla Carta da Parato, dal Dattilocodice sino al ciclo di dipinti Biographic. Nella sua ricerca Binga ha sfidato i limiti tra maschile e femminile, tra pratiche dominanti e subalterne, tra la convenzionalità della scrittura verbale e la soggettività del corpo, con l’obiettivo di trasformare le strutture simboliche e sociali della cultura patriarcale. Già nella scelta di adottare uno pseudonimo maschile, in occasione della sua prima mostra personale nel 1971, emerge la volontà dell’artista di denunciare le disparità tra uomo e donna presenti nel sistema dell’arte: “Il mio nome maschile”, scrive all’epoca Binga, “gioca sull’ironia e lo spiazzamento; vuole mettere allo scoperto il privilegio maschilista che impera anche nel campo dell’arte, è una convenzione per via di paradosso di una sovrastruttura che abbiamo ereditato e che come donne vogliamo distruggere”. Da questa consapevolezza Binga dà avvio a un lavoro di decostruzione delle rappresentazioni stereotipate del femminile, a partire dalla serie dei Polistirolo (dal 1971): piccole scatole da imballaggio di polistirolo bianco trasformate in teatrini entro cui l’artista incolla immagini trouveés tratte dal mondo della pubblicità e dei mass-media. Con un’attitudine da bricoleuse, in queste opere Binga demistifica con sguardo ironico la feticizzazione e l’erotizzazione del corpo delle donne, il rapporto tra cultura cattolica e società del consumo, l’interiorizzazione di modelli estetici imposti e omologanti.

A questa fase risale anche la ricerca sulla Scrittura desemantizzata, una scrittura “silenziosa” dove le parole vengono snervate sino a divenire segni grafici illeggibili, che conservano la memoria della scrittura, ma non significano più, evocando i tanti silenzi imposti storicamente alle donne: “La mia è una scrittura subliminale, nel senso che essa agisce (vorrei che agisse) dentro di noi senza essere distratti dal significato corrente delle parole e senza essere frastornati dal suono delle parole stesse: allora si può anche definire una scrittura silenziosa”. Con questa nuova grafia Binga testa il limite tra comunicazione verbale ed espressione gestuale, tra scrittura alfabetica e disegno, ideando una serie di opere tra le più significative del suo percorso, realizzate su carta, come Mettere bianco su nero (1972), Bianco nero con vista (1974), Lettera rossa (1974), Lettera strappata con ardore (1974), o nelle tre dimensioni, come nel caso dello Strigatoio (1974). Quest’ultimo è già all’epoca un oggetto desueto, tradizionalmente usato dalle donne per lavare i panni al fiume, scelto dall’artista sia come simbolo del lavoro domestico non retribuito delle donne, sia come simbolo del rapporto di sorellanza che si veniva a creare al di fuori dello spazio chiuso della casa.

A partire dal 1976 la Scrittura desemantizzata assume scala ambientale nell’installazione Carta da parato, in cui Binga traccia i suoi segni indecifrabili su rotoli di tappezzeria usati per ricoprire le pareti di spazi pubblici e privati: questa importante fase del suo lavoro è documentata in mostra dall’opera Guardo ma non scrivo (1977), dove con un processo di mise en abîme caratteristico delle ricerche di area concettuale del periodo, Binga incolla sulla carta da parati una fotografia a colori incorniciata che la ritrae, di spalle, davanti a un suo precedente lavoro della serie Carta da parato, nel quale, come in un gioco di scatole cinesi, è a sua volta visibile l’immagine dell’installazione da lei realizzata in occasione della mostra collettiva Distratti dall’ambiente (Riolo Terme, 1977).

La Scrittura desemantizzata di Binga, nelle sue varie declinazioni, non agisce soltanto sui limiti tra segno verbale e segno grafico, ma anche sul limite tra la convenzionalità della parola e il suo valore soggettivo, tra il carattere universale e quello personale del linguaggio. Per tale ragione, benché diversa sul piano formale, essa può essere considerata il diretto antecedente delle Scritture viventi, realizzate da Binga a partire dal 1976, in cui l’artista si fa ritrarre nuda, dalla sua amica fotografa Verita Monselles, mentre assume con il proprio corpo la forma delle lettere alfabetiche, lavorando anche in questo caso sulla soglia tra segno linguistico e immagine, tra l’universalità del linguaggio verbale e la singolarità del corpo che, fotografato, conserva i tratti unici della persona. A questa serie appartiene l’opera in mostra intitolata Lettera N come NO (1977), che da un lato richiama il celebre dipinto dei primi anni Sessanta di Mario Schifano e la recente lotta per il referendum abrogativo sulla legge sul divorzio, che nel 1974 aveva visto schierati in prima linea, insieme al Partito radicale, la gran parte dei gruppi femministi italiani, dall’altro, può essere letto come una dichiarazione di rifiuto radicale della cultura patriarcale.

Più vicina alle soluzioni iconico-verbali della Poesia Concreta è l’opera appartenente alla serie Dattilocodice, presentata nell’ambito della Biennale di Venezia del 1978 nell’ormai storica mostra di sole donne Materializzazione del linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio, che all’epoca interpreta gli “ideogrammi miniaturizzati” di Binga, creati con la macchina da scrivere sovrapponendo due diversi segni alfabetici, come una forma di “recupero invenzione dell’archetipo linguistico attraverso la tecnologia”. Alla ricerca di un linguaggio più autentico e primigenio, Binga nel Dattilocodice mette in scena un nuovo alfabeto in cui simbolo grafico e icona si mescolano, e che pur realizzato con i mezzi dell’occidente moderno, chiama in causa la qualità originaria e arcaica del geroglifico. Immagine e scrittura tornano a fondersi, con effetti squisitamente pittorici, nella serie Biographic, realizzata a partire dal 1984 ed esposta nel 1985 alla Quadriennale di Roma: in questi quadri di grandi dimensioni Binga si confronta con la pittura, che viene assorbita e si espande sulla trama grossa della tela formando immagini in cui, scrive Binga, “l’archetipo e il futuribile, l’arazzo e il computer, il passato e il presente si mescolano in una sorta di ballata senza fine”. Anche in questo caso, il richiamo alla biografia presente nel titolo serve a creare un ponte tra l’universalità del linguaggio verbale e la soggettività della vita, perché se il personale è politico anche il linguaggio lo è.


In occasione dell’inaugurazione Tomaso Binga terrà una performance fonetica. 
Inaugurazione sabato 29 febbraio 2020, ore 18.30 
Apertura della mostra dal 3 marzo al 30 aprile 2020




Galleria Mascherino
Via del Mascherino 24
00193 Roma
Tel: 3382699414
galleriamascherino@gmail.com
Orario:
dal martedì al sabato
ore 16.00-19.30
Chiuso lunedì e festivi 

mercoledì 26 febbraio 2020

PREMIO PINO PASCALI XXII EDIZIONE. Zhang Huan: 55 Love

To Add One Meter to an Anonymous Mountain, 1995, Performance, Beijing, China @Studio Zhang Huan

Inaugurerà il 7 marzo alle ore 18 la mostra della XXII edizione del Premio Pino Pascali, assegnato all’artista Zhang Huan, come annunciato a Venezia nell’ambito della mostra Pino Pascali – dall’Immagine alla Forma. A conferire il premio all’artista una giuria composta dai curatori Maria Grazia Costantino e Marco Scotini, presieduta dalla direttrice del Museo Pino Pascali Rosalba Branà. La premiazione sarà posticipata a data da destinarsi per l’assenza dell’artista a causa delle restrizioni sanitarie internazionali.

Inaugurare la mostra di Zhang Huan in questi giorni difficili vuole essere anche un segnale di amicizia e di vicinanza al popolo cinese, che sta vivendo un momento delicatissimo e di grande sofferenza. Questo progetto, che vede protagonista uno dei più importanti artisti cinesi, riconosciuti a livello internazionale, offre inoltre l'occasione per sensibilizzare la conoscenza, la condivisione e l'incontro tra due culture in un territorio, come la Puglia, che da tempo sta lavorando alla costruzione di uno scambio proficuo con la Cina. L'arte contemporanea rappresenta, in tal senso, un fondamentale fattore di sviluppo culturale, sociale ed economico e una istituzione come la Fondazione Pino Pascali è in prima linea nel mettere le proprie competenze e progettualità al servizio del dialogo interculturale tra popoli e nazioni.

La mostra, intitolata 55 Love (dove 55 sono gli anni compiuti dall’artista nato nella provincia di Henan nel 1965): è infatti un vero e proprio atto di amore verso l’arte e la vita, con un focus specifico sulle performances realizzate negli Stati Uniti, in Italia e in Cina. Grandi opere fotografiche e video, tutte provenienti da collezioni italiane, ripercorrono la storia artistica di Zhang Huan a partire dagli anni ’90. Un viaggio visivo emozionale all’insegna di valori universali inalienabili. Nella mostra sono presenti immagini dai contenuti forti ed espliciti pertanto è rivolta ad un solo pubblico adulto.

“Zhang Huan affronta la complessità della vita: la storia, l’identità, la violenza, la religiosità sono il fulcro della poetica dell’artista. Dalla performance alla fotografia, dalla scultura alla pittura al video, l’artista è alla ricerca di un’armonia tra l’uomo e la natura troppo spesso dimenticata. Zhang Huan coglie con mirabile emozione l’atto di congiunzione tra materia e spirito” – spiegano i giurati del premio. La mostra dà l’avvio alla programmazione 2020 del Museo, che quest’anno festeggia 10 anni dalla nascita della Fondazione Pino Pascali, istituita nel 2010 a Polignano a Mare.

*

Zhang Huan si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Pechino dove studia pittura. Dopo un periodo di 8 anni trascorso a New York, dal 2005 l'artista vive e lavora a Shanghai. All’inizio della sua carriera, negli anni ’90, il suo principale mezzo espressivo è il corpo, molto spesso nudo, che l’artista sottopone a condizioni di pericolosità elevate. Il suo linguaggio è volutamente eccessivo ed estremo, incentrato su tematiche politiche, culturali, sociali legate al contesto cinese, performance scabrose che mettono in scena sofferenze fisiche e che lo portano verso la fama e il successo in ambito internazionale. Nel periodo americano le performances sono sempre più elaborate e complesse e coinvolgono un gran numero di partecipanti. Con il suo ritorno in Cina l’artista si dedica prevalentemente all’installazione, alla scultura e alla pittura. Per queste ultime in particolare, introduce l’utilizzo di un materiale inusuale a lui molto caro: la cenere degli incensi che raccoglie nei templi. Per l’artista questa ha una forte valenza simbolica che rimanda alle memorie collettive e al ciclo della vita – suggerendo la possibilità della rinascita spirituale. Nel 2005 si tiene presso i Musei Capitolini My Rome, prima e unica performance dell'artista in Italia, promossa dalla Galleria Pack di Milano. Tra le recenti mostre personali ricordiamo quelle presso PAC, Milano (2010), Forte di Belvedere e Palazzo Vecchio, Firenze (2013), Carriageworks, Sydney (2015), Storm King Art Center, New York (2014), Where can the dust Alight, Pace Gallery Hong Kong, 2016 e Let there be light, Pace Gallery New York, 2015. Il suo lavoro è stato incluso nella mostra ‘Il mondo vi appartiene’ (2011-12) presso Palazzo Grassi e nel Faena Art Festival 2019 a Miami. Ha partecipato alla Biennale di Venezia, la Biennale di Lione, la Triennale di Yokohama, la Biennale di Gwangju, la Biennale di Shanghai.


Zhang Huan: 55 Love
Premio Pino Pascali- XXII edizione
Opening: 7 marzo alle ore 18
Fino al 12 luglio 2020
Fondazione Pino Pascali
Via Parco del Lauro 119, Polignano a Mare
080 424 9534
Orari: Tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 20
www.museopinopascali.it
Ufficio Stampa: press@museopinopascali.it +39 3201122513

martedì 25 febbraio 2020

GEO-GRAPHIES: Rituali identitari e fragili ecosistemi

Christine Palamidessi, Silenced by Capitalism

Si inaugura Sabato 7 Marzo 2020 alle ore 17:30, la mostra d’arte contemporanea GEO-GRAPHIES: Rituali identitari e fragili ecosistemi a cura di Dores Sacquegna, organizzata da Primo Piano LivinGallery Progetti & Servizi per l’Arte Contemporanea, per la Giornata Mondiale della Donna. L’esposizione, allestita presso la chiesa Rinascimentale di San Sebastiano, luogo - che dal 1634 ha accolto nei suoi ambienti donne provenienti da varie geografie - oggi si confronta con le “geo-grafie” del nostro tempo, evocando la sua storia tra echi e richiami, tra rinvenimenti e ascolti.

Per la nuova edizione al femminile, in mostra ventisette artiste internazionali, con tematiche di grande attualità sociale, ambientale, identitaria e diversità culturale. Un dialogo a più voci che dall’Europa all’Asia, dal Medio Oriente all’America, arriva a Lecce, con una molteplicità di interventi che abbracciano le arti visive e la performance con “Travesia” dell’artista Colombiana Sandra Miranda Pattin, un azione che ha attraversato vari luoghi e culture, prima di approdare a Lecce e, cheriflette sulle dinamiche delle migrazioni, nello specifico delle donne che tentano la traversata. A rappresentanza dell’evento e in anteprima nazionale a Lecce, due madrine di eccezione del XXI secolo: Louise Bourgeois and Leo Nilde Carabba. 

In collaborazione con lo Studio Bourgeois di New York, due opere audiovisive sull’ artista franco-americana, di cui: “Partial Recall” del 1982 ( prodotto da © The Easton Foundation, NY, 1983), riguarda la prima grande retrospettiva al MoMA di New York che consacra l’artista in campo internazionale, ma è anche la prima personale che il museo abbia mai dedicato a una donna. Il secondo “The Spider, The Mistress, and The Tangerine” (prodotto © Art Kaleidoscope Foundation, NY, 2008), è un vero e proprio film di 97minuti dei registi Marion CajorieAmei Wallach,girato nell'arco di 15 anni, seguendo l’artista, con un accesso senza confronti: un viaggio drammaticamente umano dentro la vita, le memorie, le emozioni, il genio di Louise Bourgeois, icona dell’arte moderna e contemporanea. 

Conversazione con LeoNilde Carabba, grande artista italiana della Black Light Art, co-fondatrice della “Libreria delle Donne” nella Milano anni’70, artista e attivista nel periodo femminista del “Movimento delle donne”. Sostenuta da grandi artisti - come Fontana, Chin, Crippa, Baj, Turcato, Tancredi, Fautrier, Manzoni, Christo e Jeanne Claude,Accardi - la Carabba ha esposto in varie parti del mondo ed è presente in collezioni pubbliche di prestigio tra cui: Museo Sperimentale di Verucchio; Pinacoteca di Civitanova Marche; Pinacoteca di Bari; Italian-American Museum a San Francisco in USA; The Rosicrucian Egyptian Museum a San Josè in USA; Museo di Città Bolivar in Venezuela; Primo Museo d’Arte Moderna a Asyla in Marocco; Museo de Arte Contemporaneo di Ibiza in Spagna; Museo Civico di Taverna; MUSPAC-Museo d’Arte Sperimentale dell’Aquila. Catalogo personale in mostra. 

L’evento è diviso in due sessioni di ricerca di cui: Rituali identitarie Fragili Ecosistemi. Nel corpus di opere di “Rituali Identitari”, le opere evocative e fluorescenti di LeoNilde Carabba, il potere ancestrale della Fenice con Sandra Miranda Pattin;l’installazionesulle donne vittime della violenza di razza con Christine Palamidessi; il frammento e le figure archetipe infantili con Maria Luisa Imperiali; l’identità nell’era della tecnologia con Eva Clone in realtà aumentata di Pey-Chwen Lin; le donne di San Sebastiano con Beatrice Hansson. Fragili identità con Zhiwei Pan; la letteratura e il mito, con Kohlene Hendrickson,eLaetitia Ambroselli. Teatri immaginari e corpi antropomorfi con Agnieszka Laskus, e Bikkel. Solidarietà femminile con Aristi Hadjisavva, e solidarietà all’Amazzonia con Sal Sidner. Simboli, scrittura e archetipi, con Margot Reding-Schroeder. In “Fragili ecosistemi”, l’attenzione degli artisti è incentrata su tematiche specificatamente ambientali, come la riduzione dei ghiacci artici con Brigitt Müeller Hunziker, o le conseguenze del surriscaldamento globale e l’inquinamento con Christel Sobke. Paesaggio-corpo e unità-frammento con Valérie Novello; animali estinti con Catherine Bercusson; rapporto tra essere umano e spazio urbano con Tomomi Sato. I video- Baraka, Wasl, Al Tariqah (2013 – 2014)- dell’artista irachena Sama Alshaibi, fanno parte della serie “Silsila”composta da un totale di 7 performance, realizzate in 15 Paesi musulmani del Medio Oriente, Nord Africa e isole delle Maldive nel sud-est asiatico. L’artista esamina i diversi ecosistemi nelle dimensioni umane della migrazione e della forza delle donne. Sama Alshaibi ha trascorso gran parte della sua giovinezza come una rifugiata politica durante la guerra Iran-Iraq degli anni’80-‘88 spostandosi tra Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Nel 2000, è diventata cittadina americana. Al suo attivo ha diverse mostre e collezioni museali incluso il MoMa di New York. İrem Çoban– con Tell me my future (2019) - attraverso il rituale del caffè turco, riflette sulle proprie origini e cultura, offrendo il proprio corpo come contenitore. Kacie Lees– con Aure de Lieu Page 147 (2020) - studia i fenomeni naturali, assemblando estratti del 1902 sullo studio della natura umana di William James e tracce vocali personali, in un dialogo tra passato e presente. I suoi progetti scientifici sono stati esposti tra gli altri presso Necessary Phenomenon O'Project Space di Los Angeles, CA, al “Feminist Ecology: Women and the Earth” presso il Koehnline Museum of Art a Des Plaines, Illinois. Tanja Ravlic– con Upwards (2015) - riflette sull’acqua come fattore psichico, mentre Sihui Shao - con Red Ocean (2017) - riflette sull’acquacome elemento di purificazione, film che ha partecipato recentemente al Wuzhen International Theatre Festival.Sall Lam Toro, di origine papuana– con Medusa is Gaia (2019) - esplora la dicotomia tra vita e morte, con allusioni all'antropocene e rituali di evocazione del divino. Questo progetto è stato incluso recentemente al Kunsten Modern Art Museum di Aalborg in Danimarca. Catalogo in mostra. 

Artiste: Sama Alshaibi (Iraq), Laetitia Ambroselli (Francia), Catherine Bercusson (Regno Unito), Bikkel Artist (Olanda), LeoNilde Carabba (Italia), Pey-Chwen Lin (Taiwan), İrem Çoban (Turchia), Aristi Hadjisavva (Cipro), Beatrice Hansson (Svezia), Kohlene Hendrickson (Svizzera), Maria Luisa Imperiali (Italia), Agnieszka Laskus (Polonia), Kacie Lees (Usa), Daria Makarenko (Russia), Brigitt Müller Hunziker (Svizzera), Valérie Novello (Francia), Christine Palamidessi (Usa), Zhiwei Pan (Cina), Sandra Miranda Pattin (Colombia), Tanja Ravlic (Croazia), Margot Reding-Schroeder (Gran Ducato di Lussemburgo), Tomomi Sato (Giappone), Sihui Shao (Cina), Sal Sidner (Usa), Christel Sobke (Germania), Sall Lam Toro (Portogallo). 




GEO-GRAPHIES
RITUALI IDENTITARI E FRAGILI ECOSISTEMI
a cura di Dores Sacquegna
FONDAZIONE PALMIERI, LECCE
Dal 7 al 21 Marzo 2020
Inaugurazione Sabato 7 Marzo ore 17:30

Fondazione Palmieri, Vico De Sotterranei, Lecce

Orari e giorni di apertura: Lunedì-Venerdì: 10:30h - 12:30h| 17:00h - 20:30h
Sabato-Domenica: 17:00h - 20:30h

primopianogallery@gmail.com | + 39 349 37 20 659 

lunedì 24 febbraio 2020

Geumhyung Jeong - Upgrade in Progress

Geumhyung Jeong

Upgrade in Progress, 2020

Fondazione Modena Arti Visive, Palazzina dei Giardini

Foto: ©Rolando Paolo Guerzoni, 2020


COMUNICAZIONE: Fondazione Modena Arti Visive informa che nel rispetto dell'ordinanza emessa dalla Regione Emilia Romagna sulle norme di contenimento del Coronavirus l'inaugurazione della mostra è stata rinviata a data da destinarsi.

Tutti gli spazi espositivi rimarranno chiusi fino a domenica 1 marzo 2020


Fondazione Modena Arti Visive è lieta di presentare Upgrade in Progress, la prima personale dell’artista coreana Geumhyung Jeong in un’istituzione d’arte contemporanea italiana. La mostra, a cura di Diana Baldon, curator-at-large di Fondazione Modena Arti Visive, inaugura alla Palazzina dei Giardini venerdì 28 febbraio 2020 alle ore 18.

L’esposizione presenta una nuova installazione site-specificcommissionata da Fondazione Modena Arti Visive, incentrata sul progetto più recente di Geumhyung Jeong. L’artista si è distinta a livello internazionale nell’ambito delle arti performative per le sue coreografie allo stesso tempo divertenti e inquietanti in cui si esibisce con apparecchi elettronici con sembianze umanoidi. Combinando diversi mezzi espressivi – danza, teatro, film e scultura– l’artista realizza le sue opere con una varietà di dispositivi protesici, strumenti hardware meccanici e tecnologici, cosmetici, manichini medici, inserendo performance dal vivo che “dimostrano” come i suoi oggetti possano essere utilizzati. Quando li presenta in contesti dedicati alle arti visive, l’artista dispone gli oggetti secondo strane sequenze e li ordina su piedistalli all’interno di ambienti molto illuminati, imitando gli archivi scientifici e le collezioni museali.

Nata nel 1980 a Seoul, dove vive e lavora, Jeong ha studiato recitazione alla Hoseo University di Asan (Corea del Sud), danza e performance alla Korean National University of Arts e cinema di animazione alla Korean Academy of Film Arts (entrambe a Seoul). Fin dall’inizio della sua carriera, l’artista ha dedicato il suo lavoro allo studio del rapporto tra il corpo umano e gli oggetti quotidiani inanimati attraverso delle produzioni che combinano linguaggi e tecniche provenienti dagli ambiti della danza contemporanea, del teatro di figura e delle arti visive. La sua pratica performativa prevede movimenti ordinari e riduce al minimo indispensabile i codici specifici e le convenzioni dell’arte e del teatro. Durante l’interazione fisica tra il suo corpo e gli oggetti, è sempre più ambiguo chi controlla chi. Ciò che invece diventa evidente è l’indagine compiuta dall’artista sull’inesorabile legame tra il nostro corpo e la tecno-sfera contemporanea, ovvero il modello dominante attraverso cui facciamo esperienza della nostra quotidianità. Mettendo in discussione la falsa convinzione secondo cui saremmo in grado di controllare la realtà, le opere di Jeong analizzano il modo in cui si manifestano le inafferrabili e mutevoli sfumature dello sviluppo tecnologico, che modellano la nostra percezione, condizionano le nostre scelte e ci fanno fare esperienza del tempo e dello spazio.


Upgrade in Progress è l’ulteriore sviluppo di Homemade RC Toy, una serie di sculture meccaniche a controllo remoto realizzate dall’artista nel 2019 per la sua personale alla Kunsthalle Basel, e di Small Upgrade, presentato lo stesso anno alla 5° Ural Industrial Biennial of Contemporary Art (Russia). Per via della loro realizzazione fai-da-te con componenti acquistati online, e avendo Jeong imparato da autodidatta codici meccanici e di programmazione, i suoi “robot” risultano estremamente amatoriali e i movimenti ad essi infusi alchemicamente dall’artista appaiono imprevedibili e sgraziati.


Come suggerisce il titolo della mostra, questo nuovo gruppo di opere è il prosieguo di una narrativa allegorica intrapresa lo scorso anno. I robot meccanici a controllo remotosono costruiti con caratteristiche visive e strutturali simili a quelle dei “modelli” precedenti, ma possiedono una maggiore varietà di movimenti grazie a una progettazione che, oltre ad aumentarne la flessibilità, controlla anche lo strano aspetto di alcune parti del loro corpo. Le sculture sono collocatesu una serie dipiani di lavoro modulariche trasformano le sale della Palazzina dei Giardini in un unico palcoscenico e al tempo stesso in un’officina che l’artista utilizzerà concretamente nel corso della mostra. Grazie a questa specifica ambientazione spaziale, l’opera non è solo una statica rappresentazione del luogo in cui Jeong svolge test ed esperimenti sui propri “giocattoli”, ma si trasferisce, tramite l’azione dell’artista, in una serie di video che agiscono come tutorial, appositamente prodotti e disposti lungo il percorso espositivo.

Come sottolinea la curatrice Diana Baldon, “trasformando questa scenografia ipertecnologica con il solo potere dell’immaginazione creativa, la mostra di Jeong rivela ciò che sta oltre la profonda materialità del corpo tecnologico: una gabbia che ha bisogno di riappropriarsi sia del corpo mortale che del suo controllo, di cui però solo la mente dell’artista ha la chiave”.

Domenica 1 e 29 marzo alle ore 17, l’artista metterà in scena un live demostration tour pensato appositamente per Upgrade in Progress, in cui interagirà con gli oggetti che compongono l’installazione alla Palazzina dei Giardini. 

In parallelo alla mostra modenese, il focus su Geumhyung Jeong si estende su Bologna attraverso la collaborazione con Live Arts Week IX (26 marzo > 4 aprile 2020), evento dedicato alle live arts a cura di Xing, che presenta per la prima volta in Italia la performance Rehab Training (26 e 27 marzo ore 19 presso la galleria P420). Un'occasione per ampliare lo sguardo su un'artista che interroga la relazione tra il proprio corpo e le tecnologie con delicata ossessione e forte sensualità. Nel caso di questa performance, si tratta di apparecchiature sanitarie utilizzate nella formazione degli infermieri con cui l'artista accompagna (o manipola?) un manichino per l'intero ciclo. La riabilitazione è un viaggio in una relazione intima e perturbante in cui sfuma il confine tra soggetto e oggetto (info e prenotazioni: www.liveartsweek.it).

Geumhyung Jeong (Seoul, 1980) è artista e coreografa. Le sue ultime mostre personali in istituzioni di arte contemporanea internazionali comprendono: Homemade RC Toy,Kunsthalle Basel, Basilea (2019); Private Collection: Unperformed Objects, Delfina Foundation, Londra (2017); Tate Live: Geumhyung Jeong, Tate Modern Tanks, London (2017); Private Collection, Atelier Hermès, Seoul (2016). Ha anche preso parte a numerose mostre collettive tra cui: Immortality, la 5° Ural Industrial Biennial of Contemporary Art, Ekaterinburg (2019); la 9° Asia Pacific Triennial, Brisbane (2018); ANTI, Athens Biennale, Atene (2018); The Public Body 02, Artspace, Sydney (2017); The Promise of Total Automation, Kunsthalle Wien, Vienna (2016); Surround Audience:New Museum Triennial 2015, New Museum, New York (2015); The Beast and the Sovereign, MACBA Museu d'Art Contemporani de Barcelona, Barcellona (2015); East Asia Feminism: FANTasia, Seoul Museum of Art, Seoul (2015); Gesture, Württembergischer Kunstverein, Stoccarda (2014); Burning Down the House, 10° Gwangju Biennale, Gwangju (2014). 

Nel ruolo di coreografa ha partecipato a prestigiosi festival di arti performative a livello internazionale tra cui Kunstenfestivaldesarts, Bruxelles (2019); Kyoto Experiment(2018); BOUGE B Festival, deSigel, Anversa (2018); Theater Spektakel, Zurigo (2017); La Bienal de Performance, Buenos Aires (2017); Time-Based Art Festival, Portland Institute for Contemporary Art, Portland (2016); Tanz im August, Berlino (2015); Oslo Internasjonale Teaterfestival (2015); ImPulsTanz Festival, Vienna (2014); Spielart Festival, Monaco (2013); Festival Bo:m, Seoul (2009).

Nel 2016 Jeong ha vinto il premio Award by Hermès Foundation Missulsang e nel 2009 il premio Excellence Award for Alternative Vision al Seoul New Media Art Festival.

Geumhyung Jeong. 
Upgrade in Progress
A cura di Diana Baldon

Sede
Fondazione Modena Arti Visive 
Palazzina dei Giardini | Corso Cavour 2, Modena

Press preview
Giovedì 27 febbraio 2020, ore 11.30

Inaugurazione
Venerdì 28 febbraio 2020, ore 18

Date
29 febbraio – 2 giugno 2020

Live Demostration Tour
1 e 29 marzo, ore 17

Orari 
Mercoledì, giovedì e venerdì: 11-13 / 16-19; sabato, domenica e festivi: 11-19 
Sabato 16 maggio, apertura straordinaria fino alle ore 24 e ingresso libero dalle ore 19 (in occasione della notte bianca “Nessun Dorma”)

Ingresso
Intero € 6,00| Ridotto € 4,00
Ingresso libero: mercoledì | prima domenica del mese 
Acquista online su Vivaticket

Informazioni
Tel. +39 059 2033166 (in orario di mostra)| www.fmav.org

Ufficio stampa FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE
Irene Guzman | T. +39 349 1250956 | i.guzman@fmav.org


Fondazione Modena Arti Visive nasce nel 2017 per iniziativa del Comune di Modena e della Fondazione di Modena come centro di produzione culturale e di formazione professionale e didattica finalizzato a diffondere l’arte e la cultura visiva contemporanee. Grazie alla molteplicità delle sedi che gestisce e raccogliendo l’eredità delle tre istituzioni confluite in essa – Galleria Civica di Modena, Fondazione Fotografia Modena, Museo della Figurina – Fondazione Modena Arti Visive si presenta come un distretto culturale che propone e organizza mostre e corsi di alta formazione, laboratori, performance e conferenze, valorizzando il proprio patrimonio e costruendo un sistema di reti a livello locale ed extraterritoriale.


domenica 23 febbraio 2020

CINEMATICA FESTIVAL

Lyra Pramuk, cover Fountain album, 2020

Album Artwork by Donna Huanca, Retouch and Image Composition by Sayuri Chetti, Graphic Design by Gergő Kovács at Nufolklore Studio in Budapest. Courtesy l'artista


CINEMATICA, festival internazionale dedicato alla relazione immagine-movimento e al rapporto corpo e nuovi media nelle arti visive, filmiche e performative torna, con la direzione artistica della danzatrice e attrice Simona Lisi, ad Ancona dall’ 8 al 15 marzo 2020. Il filo conduttore della nuova edizione è FANTASMAGORìE, tema che si presta ad affascinanti variazioni e ad accostamenti inconsueti tra arte visiva, nuove tecnologie, cinema e danza. 


FANTASMAGORIE condurrà l'immaginazione dello spettatore in luoghi altri e in territori del fantastico, dove la realtà si mescola al sogno e la fisicità del performer ai mezzi della tecnica e dell'ingegno.

Perché FANTASMAGORIE? A spiegarlo è Simona Lisi Direttrice artistica di Cinematica: “Il festival sull'immagine in movimento ricorre all'immaginazione fervida dei linguaggi dell'arte per raccogliere modalità insolite di narrazione. Lo fa in modo poliedrico, com'è sua natura, incrociando stili, segni e provenienze per sottolineare come tutte le arti hanno delle tessiture comuni così come tutti gli abitanti di questo pianeta hanno una consistenza unica che si infonde nelle diverse persone, territori, comunità. Attraverso la tecnica possiamo viaggiare in mondi “altri” possiamo estendere la nostra corporeità in territori fantastici ma non dimentichiamo che il primo modo di viaggiare è quello della fantasia, dell'immaginazione e dell'introspezione e che la manualità ci permette di toccare corde impensabili di creatività. Dunque Cinematica propone il tema di questa VII edizione nella sua modalità organica, sensoriale e insieme tecnologica, proponendo un percorso di 8 giorni con il meglio della sperimentazione audiovisiva, coreografica e performativa italiana e internazionale attraverso un filo tenace che vi permetterà di cogliere al meglio le sfumature che intercorrono tra le diverse umanità e le innumerevoli possibilità di contaminazione tra i generi e i saperi”.

Il Festival inaugura con due eventi espositivi eccezionali. Due mostre che insieme esplodono il tema della visione mettendo in relazione l'artigianalità delle tecniche di pre-cinema con le nuove visioni legate alla fruizione digitale. La prima è la mostra di uno tra i più geniali e prolifici animatori italiani:Virgilio Villoresi - Trompe-l'oeil e altre visionia cura di Bruno Di Marino cheavrà luogopresso la Sala dellePolveridella Mole Vanvitellianaalle ore 18.00. La seconda e in contemporanea nello stesso spazio, MaTerre - Cantiere Cinepoetico Euromediterraneo, progetto di spicco di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 curato da Antonello Faretta.MaTerre abbraccia Cinematica portando con sé il concetto d’identità culturale, di politica e geografica, e di umanità esistenziale, frutto dell’incontro fra cinque poeti e altrettanti registi che, proprio a Matera nella primavera del 2019, hanno prodotto “film di poesia” in cinque episodi in realtà immersiva a 360 gradi e che ora, in quella sorta d’installazione video-sonora, si estende anche nel contesto anconetano. La giornata inaugurale si conclude con un’ulteriore fiore all’occhiello per il festival, un evento che lo lega al tema del femminile – doveroso visto che la manifestazione inaugura nel giorno dedicato alla donna – ovvero la proiezione alle ore21.00alla Sala delle Polveridel film Cenere, il muto diretto da Febo Marie unica pellicola interpretata dall’attrice teatrale Eleonora Duse nel 1916. Il film è ripresentato e accompagnato dal nuovo e straordinario sonorizzato di Luca Maria Baldiniche, con la voce dell’attrice Fiorenza Menni e la regia di Cosimo Terlizzi,ci condurranno nel mondo privato della “divina”. Le FANTASMAGORIE di Cinematica prenderanno corpo nei giorni successivi con altri due importanti eventi espositivi, due installazioni audio/video corporee di due tra i più innovativi artisti visivi italiani che si muovono in territorio transmediale: Francesca Fini e Lino Strangis. Fra gli appuntamenti dedicati alla danza, spiccano fra gli ospiti una delle compagnie più interessanti del panorama nazionale e internazionale: il TPOdi PRATOcon le sue narrazioni tecnologiche, ma anche Nicola Gallipluripremiato performer emiliano, Fattoria Vittadinicon un lavoro sulla natura delle nuvole, Simona Bertozzidanzatrice e coreografa cresciuta nella scuderia di Virgilio Sieni e la stessa direttrice artistica Simona Lisicon il suo ultimo immaginifico lavoro su Ildegarda di Bingen. Ancora, fra le performance musicali si segnala la presenza esclusiva di un personaggio poliedrico e misterioso come Lyra Pramukcon la prima nazionale del suo nuovo progetto musicale, quella di Ari Dyker, pluripremiato videomaker e musicista polacco, del direttore di Acusmatiq, Paolo Bragagliae il suo set PSICOFONIE. Infine, saranno presenti anche l’artista Roberto Paci Dalò con il progetto FUNKHAUS HEINER MULLERe la cantautrice della voce fantasmagorica Roberta Giallo. Torna, inoltre, nella giornata dell’11 marzo il Convegno Nazionale "CORPOREITA' e NUOVI MEDIA"che, giunto alla V edizione e organizzato in stretta collaborazione con l'Università Politecnica delle Marche e l'Istituto Italiano degli Studi Filosofici, vede come titolo Il Fantastico mondo di quie gli interventi di Anna Maria Monteverdi,Cristiano Maria BelleiPaolo Clini, Andrea Dressenoe Nicolò Terminio, moderati da Giancarlo Galeazzi. Si segnala, inoltre, fra gli eventi più attesi quello di sabato 14 marzo con MAKINARIUM. Il team capitanato da Angelo Poggi(direttore aziendale) e Leonardo Cruciano(direttore creativo, supervisore SFX / VFX) vanta la collaborazione di numerosi artisti coinvolti in produzioni hollywoodiane e internazionali. Guru degli effetti visivi e speciali nel cinema, Makinarium ci condurrà nel fantasmagorico retroscena di questo affasciante mondo.

Non mancheranno, infine, i Laboratori. Oltre al consolidato CINEMATICA KIDS, importante spaccato dedicato ai bambini e ai ragazzi,che vede quest’annol’aggiungersi di quello a cura del paper engineer Dario Cestaro, per coinvolgere ancora di più il pubblico e incoraggiare i processi di cambiamento attraverso andamenti osmotici in forma laboratoriale, promuove quello sui Nuovi Media nella Scena di Pietro Cardarelli, quello di danza di Simona Bertozziin collaborazione con Hexperimentae Casa delle Culture, infine quello musicale di Roberto Paci Dalò. Chiuderanno il Festival nella serata finale di domenica15 marzoil regista Giuseppe Piccioniparte della Giuria di Cinematica Videodance Competition e la cantante Roberta Giallo.

CINEMATICA FESTIVAL – FANTASMAGORìE si svolgerà in contemporanea nei seguenti luoghi della città di Ancona: Mole Vanvitelliana-Sala delle Polveri, Auditorium e Sala Boxe, Teatro delle Muse, Pinacoteca delle Marche.

CINEMATICA nato nel 2013 per rispondere a una specifica e primaria motivazione: la necessità di riflettere sulla relazione tra la nostra corporeità e le continue conquiste della tecnica e della tecnologia nell' ambito comunicativo e artistico, è un festival dal concept originale, unico e consolidato nel tempo, guardato con attenzione da altre realtà culturali nazionali e internazionali. Della sua credibilità è data conferma in passato nelle presenze internazionali e nazionali di assoluto rilievo tra il mondo del cinema e della danza come Peter Greenaway, Jiri Kylian, Emanuele Crialese, Marco Bellocchio, Teho Teardo, Silvio Soldini, Pappi Corsicato, Daniele Cipri', Agostino Ferrente, Masbedo, Antonello Matarazzo, Billy Cowie, Fabio Mollo, Virgilio Sieni, Ariella Vidach, Il Posto. Il format, inoltre, che affonda le proprie radici nel territorio marchigiano, legato alle tradizioni ma anche attento e ricettivo all'innovazione, approfondisce e indaga in modo inedito il legame tra corpo e nuove tecnologie e tra corpo e immagine, collocandosi come l’unico a farlo in modo specifico e peculiare. Il festival non nasce come contenitore di spettacoli o catalogo statico di realtà già esistenti, ma si struttura in un vero e proprio laboratorio in movimento, motivato ad incidere sulla creatività e circuitazione delle idee e delle opere, creando connessioni virtuose tra artisti, diverse istituzioni culturali italiane e straniere, aziende ed esercizi commerciali, cittadini e studenti. 

Organizzato da Ass Ventottozeroseiin collaborazione con i co-organizzatori Comune di Ancona e Marche Teatro, con il sostegno della Regione Marche, il Garante regionale dei diritti della personae Amat. Patrocinio Università Politecnica delle Marche. È realizzato in collaborazione con Cooperativa Macchine Celibi, Pinacoteca delle Marche, Casa delle Culture,Acusmatiq, Museo del Synth, Hexperimenta.Il concept di CINEMATICA e la direzione artistica sono di Simona Lisi(http://www.simonalisi.it), la produzione di Adriana Malandrinoe AlessandroZitti, la comunicazione grafica di Lirici GreciConsultancy,Daniela Innocenzicollabora all'organizzazione. Saranno presenti inoltre Antonello Faretta (curatela di MaTerre),Bruno Di Marino(curatela della mostra Villoresi), Giuseppe Borrone(esperto di estetica e comunicazione sul tema corpo/immagine) coinvolto in qualità di consulente artistico. Al team di CINEMATICA si aggiunge Andrea Mangialardo per lacollaborazione agli allestimenti, Laura Lanariper il coordinamento dei laboratori Musedu, Adele Iasimone Social Media Manager, Savino LattanzioSito web e la EnT-Entertainement Technologiesal Service tecnico. Sponsor tecnici: Seeport Hotel, Capogrossi Assicurazione.Si ringraziano Lucia Mascino, Carlo Gavaudan e Lorenzo Lucarini per la gentile collaborazione.


INFORMAZIONI E CONTATTI
Mail: cinematicafestival@gmail.com
Sito: http://www.cinematicafestival.com
Pagina FB: @cinematicafestival
Instagram: cinematica­_festival ORGANIZZAZIONE
Associazione Ventottozerosei
Sito: www.ventottozerosei.it
Mail: ventottozero6@gmail.com

UFFICIO STAMPA RP//PRESS
Contatti: Marcella Russo//Maria Letizia Paiato
Tel: 0039 349 3999037//0039 348 3556821
Mail: press@rp-press.it
Sito: http://www.rp-press.it
Pagina FB: @russopaiatopress
Instagram: rp_press

venerdì 21 febbraio 2020

Francesca Romana Pinzari. Casa Spina


Casa Vuota diventa “Casa Spina” in occasione della mostra personale di Francesca Romana Pinzari che si inaugura sabato 22 febbraio 2020 alle ore 18:30 in via Maia 12 a Roma. Cristalli e arbusti spinosi sono gli elementi su cui si fonda la ricerca più recente dell’artista e sono la materia sensibile con cui si costruisce l’architettura immaginifica della sua personale, ospitata nelle stanze dell’appartamento dismesso del Quadraro trasformato in spazio espositivo. 

“L’intero progetto di Francesca Romana Pinzari a Casa Vuota ruota intorno alle possibilità della trasformazione della materia– scrivono Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – e, nel rispetto della vocazione intima dello spazio espositivo che è narrativa e domestica, l’ambientazione evocata è familiare, quotidiana, violenta e nostalgica allo stesso tempo”. 

L’artista presenta in mostra sculture, quadri-sculture e oggetti modificati che vanno a comporre un’unica grande installazione capace di inglobare le stanze di Casa Vuota e dialogare con le carte da parati strappate e i segni della vita che tra queste mura si è consumata.  “Lo scenario in cui ci muoviamo è una casa abbandonata dove le persone sono andate via e tra incendi, infiltrazioni d’acqua e la proliferazione di vegetazioni spinose spontanee gli oggetti si trasformano”, spiega Francesca Romana Pinzari.

Una riflessione sull’abitare e sul nomadismo, sull’appartenenza e sullo spaesamento e sulle ragioni dei legami familiari e dei loro retaggi rende molteplice e piena di radici la lettura della mostra.  “Lo spettatore che varca la soglia di Casa Vuota – spiegano i curatori – si trova davanti alle spoglie di una casa abitata che, come l’esoscheletro di un insetto che ha compiuto la sua metamorfosi, rimane deserta e si ritrova a contare i sedimenti del passaggio di un tempo incalcolabile, che si manifesta nella stratificazione e nell’accumulo di elementi vegetali e minerali ormai inerti”.

Spine e cristalli vanno a rivestire gli spazi e i reperti dell’abitare. Grazie a queste concrezioni e ramificazioni, oggetti di famiglia, quadri, mobili, suppellettili e accessori si animano di una vita nuova e inaspettata, nella misura in cui la memoria dell’artista si fonde con una memoria collettiva che procede per evocazioni, crasi ed ellissi. 

“Il ricordodi ciò che è stato – proseguono scrivono Del Re e de Nichilo – si cristallizza o si acumina in una dimensione di sospensione, di sogno, di fiaba, di attesa o di dolore decantato. Il racconto dell’artista procede enumerando cicatrici che si rendono evidenti attraverso cristalli e spine, a rinsaldare una liquidità perduta e a ricucire ciò che è slabbrato e rotto. Fino alla prossima trasformazione. È il tempo del cuore quello che la ricerca di Francesca Romana Pinzari misura, tra autobiografia e smarrimento, nelle derive di un presente che si nutre di citazioni e tradimenti e accentua disarmonie laddove il flusso delle cose e dei sentimenti si scopre senza argini e smemorato”.

Francesca Romana Pinzari è nata a Perth in Australia nel 1976 e vive a Roma. Lavora con video, installazione, performance, scultura e pittura. Il suo approccio alla pratica artistica è di stampo performativo e la sua ricerca parte dal corpo per parlare di identità fisica, culturale, politica e religiosa. Prendendo come punto di partenza se stessa e le proprie esperienze, i suoi lavori sono intimi ritratti che raccontano concetti universalmente noti nei quali gli spettatori possono immedesimarsi. Il suo ultimo ciclo di lavori verte sui concetti di natura e alchimia; rami spinosi e cristalli opalescenti si fondono per dare forma a installazioni scultoree che, mostrandosi agli occhi dello spettatore come preziosi ex voto, celano misteriosi rituali alchemici. Dal 1999 espone i suoi lavori sia in gallerie che in spazi pubblici e museali, in Italia e all’estero, all’interno di mostre, rassegne e festival. Tra le partecipazioni più significative si segnalano progetti in Finlandia, Slovacchia, Polonia, Cina, Germania, Regno Unito, USA, Messico, Nepal e Olanda.


INFORMAZIONI TECNICHE:
TITOLO DELLA MOSTRA: CASA SPINA
AUTORE: Francesca Romana Pinzari
A CURA DI: Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo
LUOGO: Casa Vuota – Roma, via Maia 12, int. 4A
QUANDO: dal 22 febbraio al 5 aprile 2020
ORARI: visitabile su appuntamento
VERNISSAGE: sabato 22 febbraio 2020, ore 18:30
INFORMAZIONI: cell. 392.8918793 | email vuotacasa@gmail.com
INGRESSO GRATUITO




giovedì 20 febbraio 2020

Henry Le - Soul Energy


L’Arsenale Nord di Venezia ospita, per la prima volta in Italia, la mostra personale dell'artista vietnamita Henry Le intitolata Soul Energy, evento collaterale della mostra dei finalisti della 14° edizione di Arte Laguna Prize. 

Il progetto espositivo, a cura di Chiara Canali e promosso da MoCA Italia e Arte Laguna Studio, presenta una quarantina di opere pittoriche di grande formato e una installazione di sculture in ferro a dimensioni umane.

Proveniente dal Vietnam, con un passato da architetto, da oltre dieci anni Henry Le ha eletto la ricerca artistica come esperienza prioritaria della sua vita, mettendola al centro di ogni riflessione, idea e pratica visiva. La sua pittura, benché sembri essere influenzata da alcune correnti dell’arte informale e gestuale di matrice occidentale, presenta caratteri di forte autonomia e unicità, che gli consentono di esprimere una dirompente carica espressiva e i concetti identitari del proprio lavoro. Il titolo della mostra Soul Energy rimanda all'energia che pervade l’anima di Henry Le, un fattore primario che gli permette di trasferire il suo mondo spirituale nelle opere d’arte, dandogli un ritmo e una vita autonoma. Citando la famosa frase di Oscar Wilde “un fiore sboccia per la propria gioia”, Henry Le afferma che le sue opere esistono come i fiori: puoi gioirne, puoi goderne, oppure puoi trarne profitto. Ma quelle opere esistono comunque, e mantengono una loro vita emotiva.

Così afferma l’artista: “Vorrei parlare del mio metodo, che include ritmo ed energia. L’energia positiva è come un medium, un catalizzatore che mi permette di trasferire la mia spiritualità dal mondo interiore a quello dell’arte”. Che cos'è questa “energia”, si domanda Henry Le. “È forse qualcosa che alimenta i sensuali e straordinari sentimenti di gioia e dolore che le persone spesso attribuiscono all’artista? Bene, in realtà non solo l’artista ma tutti gli esseri umani provano sentimenti”. Come nella poetica dell’Informale storico, così nell’arte di Henry Le il segno assume il valore di un gesto non solo artistico ma esistenziale, e si lega alla necessità di ripartire dal proprio io, dalla propria anima, dal proprio inconscio emozionale, alla ricerca di una metodologia che gli consenta di esprimere l’energia vitale e le pulsioni più intime di dominio non solo dell’artista ma di ogni essere vivente.

La mostra porta alla luce la complessità delle trame pittoriche e scultoree delle opere dell’autore vietnamita, i differenti effetti visivi creati con i materiali propri del fare artistico, dalle pieghe ed evoluzioni materiche dei dipinti alle intelaiature delle figure scheletriche. Opere astratte e informali nelle quali la pittura è densa, compatta e grumosa; superfici in cui le ambiguità morfologiche, le stratificazione di colore, la carta, la stoffa, la iuta creano delle cartografie immaginarie che ricordano i rilievi delle montagne o le ondulazioni dei mari, rendendo il quadro un essere vivente in evoluzione.  Completa la produzione pittorica l’installazione scultorea in ferro intitolata The Humans, figure scheletriche rappresentazione dei lavoratori spersonalizzati, incarnazione delle "anime" svuotate della loro corporeità, gabbie di pura energia. In queste opere il segno metallico si fa materia viva, si annoda, si attorciglia; una struttura piramidale creata da una libera energia vitale che sembra tuttavia non andare mai fuori controllo, perché la forma umana generata, che galleggia nello spazio, trova il suo equilibrio in un ritmo interno, che si propaga dal centro fino alle estremità del corpo. L’energia e la potenza formale che il gesto trasmette all'immagine dipinta o scultorea si vivifica grazie alla sua intensa sensibilità orientale che riaffiora qui nel rapporto tra esperienza artistica, etica emozionale ed estetica.


HENRY LE
Soul Energy

Solo Exhibition a cura di Chiara Canali
Mostra promossa da MoCA Italia e Arte Laguna Studio

Venezia, Tesa 99 Arsenale Nord
21 marzo - 1 aprile 2020
Ingresso libero

Opening: Domenica 22 marzo ore 11.00

Orari di apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 18
Informazioni al pubblico | info@mocaitalia.com

Henry Le (Le Huu Hieu) è nato nel 1982 a Nghi Xuan, Ha Tinh, Vietnam.
Tra le principali mostre personali si ricorda: la personale “Mac” nel 2014 presso il Vietnam Fine Arts Museum e nel 2015 la partecipazione al “Dogma Prize” 2015 sempre presso il Vietnam Fine Arts Museum.
Nel 2015 ha poi realizzato una mostra presso il Vietnam National Exhibition.
Nel 2016 si ricordano le partecipazioni ad Art Basel Miami con la galleria Contemporary Art Projects USA.
Nel 2017 ha partecipato alla XI Florence Biennale nella Fortezza da Basso di Firenze.
Vive e lavora ad Hanoi.

mercoledì 19 febbraio 2020

Tempo, sintesi e colore al Pan di Napoli. Il mondo Sotto Sopra di Omar Hassan


Il tempo per Omar Hassan è un oggetto di ricerca, un’unità di misura e un’ossessione artistica. Sotto Sopra, la mostra curata da Maria Savareseche si inaugura il 22 febbraio presso il Palazzo delle Arti Napoli(Via dei Mille, 60 Napoli) è la sua prima mostra in assoluto a Napoli. Promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, realizzata in collaborazione con la Fondazione Alberto Peruzzo,la Prometeo Gallery Ida Pisani e la Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini, con il coordinamento tecnico – organizzativo di Editori Paparo, l’esposizione sarà aperta al pubblico dal23 febbraio al 28 marzoe conterrà tutte le opere inedite e realizzate ad hoc per il PAN e la città di Napoli.

Trentatreenne, figlio di madre italiana e padre egiziano, allievo di Alberto Garutti, grande esponente dell’arte contemporanea italiana, Hassan ha realizzato il suo nuovo viaggio come un rito di passaggio, un cambiamento, un passo oltre il suo già visto.

Spogliando i suoi gesti pittorici del colore, svelando l’anima vera del concetto, ha cercato di giungere a una politica dell’interieur evidenziando l’aspetto più intimo del lavoro. Lo ha fatto lavorando sul Biancoe il Nero, protagonisti in questo tentativo di evidenziaregesti pittorici di sintesi, così che il colore diventi un ponte fondamentale dell’espressione dell’artista. Sotto Sopra invita a riflettere sull’importanza del singolo nella nostra società (tappini, sculture) e sulla giusta attenzione che dovremmo porre al luogo in cui viviamo e in cui vivranno i nostri figli. Uno sguardo critico e amorevole come quello che le opere cercano di offrire. Criticoperché in relazione e in gioco con l’energia della città e amorevole per esaltarne la forza.

Come scrive la curatrice Maria Savarese nelle note di accompagnamento alla mostra, “dalle opere di Omar Hassan… si coglie il movimento dell’artista mentre dipinge, si intuiscono i colori che ha utilizzato per primi e la forza che ha impresso in ogni singola goccia. La pittura diventa un gesto e ogni gesto un segno sulla tela. La saturazione dello spazio pittorico genera come risultato la totale inclusione dello spettatore nella dimensione creata dall’artista fatta di pura espressione non mediata neanche dalla mimesi” In Omar Hassan l’Arte emerge (anche) come bisogno e come rinascita, come espressione di stati d’animo, esplosione di energia, sintesi progettuale. Nelle sue opere sono presenti diversi segni del presente: dalla cultura della street art presente nella serie “Injections”, all’action painting che rimanda alle sue radici egiziane e all’arte islamica; dalla serie sul pugilato “Breaking Through”, 121 grandi quadri legati alla sintesi del gesto (e a Napoli saranno visibili due nuove opere della nuova serie Breaking Through Black) alle tele della serie “Time Lines”.


“Sotto Sopra” di Omar Hassan 
A cura di Maria Savarese
Dal 23 febbraio al 28 marzo 2020
Opening 22 febbraio alle ore 17.00
Palazzo delle Arti di Napoli (Via dei Mille, 60 Napoli) 
Promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli 
In collaborazione con Fondazione Alberto Peruzzo, Prometeo Gallery Ida Pisani, Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini
Coordinamento tecnico – organizzativo di Editori Paparo
Ufficio stampa: R.A.R.E Comunicazioni di Raffaella Tramontano e Alfredo d’Agnese






Maria Luigia Gioffrè - Memoria di un giardino

Maria Luigia Gioffrè, seminatrice

Memoria di un giardino è la prima mostra personale di Maria Luigia Gioffrè. Un percorso installativo all’interno del Museo delle Arti MARCA di Catanzaro che diventa riflessione estetica sulla contemporaneità e le sue urgenze: il rapporto uomo-natura, la vita e l’aridità, il desiderio nel ripetersi all’infinito del gesto creativo. Una suggestione di immagini ed effetti sonori che, stanza dopo stanza, crea una trasfigurazione evocativa, un’alternanza di ritmi e stati d’animo che solo l’arte riesce a determinare. Fotografia, audiovisivo, effetti sonori si accavallano lungo il percorso trasformando lo spettatore in protagonista stesso dell’installazione. 
L'infertilità della terra – un campo arato ma con rami secchi e vasi vuoti - diventa il tratto di congiunzione immaginario tra l’Eden primordiale e il paesaggio apocalittico di un futuro non troppo lontano. Una “fine del mondo” evocata non in chiave biblica o di denuncia politica ma come racconto dell'archeologia di una natura passata e futura. 
Desiderio e morte. Musica classica (una ninna nanna di Brahms) e il pianto di neonati, si sovrappongono fino a dileguarsi al cospetto di un rotolo di carta da carrillon ricoperto da segni asemantici primordiali e accompagnato dal suono rasserenante di un vero carrillon. 
Dopo anni di sperimentazioni all’estero e in Italia insieme ad altri giovani artisti contemporanei, Maria Luigia Gioffrè, sceglie la sua terra, la Calabria e il MARCA, il Museo delle arti di Catanzaro, per allestire la sua prima mostra personale.
Nella prima sala è esposto un ciclo fotografico estratto da una complessa opera performativa, intitolata Purgatorio di Primavera (2018-2019) e ripartita in tre atti: Seminatrice, Eden e Preghiera. 
Ciascuno narra la circolarità del tempo, di una fine e di un inizio indistinto, di uomini e donne, le cui azioni appaiono sospese. Nella trilogia si percepisce una gradatio visiva, che comincia con la grevità della Seminatrice, una giovane donna nuda che semina e raccoglie piante secche; intorno a lei terra brulla e moltitudine di vasi, da cui non sboccia vita. 
Dalla solitudine dell’archetipica della prima donna alla pluralità dei generi; da uno scenario atemporale ad uno post-industriale: in Eden una coppia di giovani (lui e lei, fratello e sorella, amante e giovante sposa, femmina e maschio, eros e anteros), vestiti con tuniche bianche e asettiche, ricostruiscono il Giardino, all’interno di un edificio decadente. 
L’aporia resta tale anche in Preghiera: sulla scena c’è un’unica donna che cinge e prova a suonare un corno trovandosi in una situazione precaria, di grande instabilità. Il suo tentativo diventa così tensione e desiderio di infinito. 
Nella seconda sala del Museo Marca su due monitor scorrono le immagini del già citato Purgatorio di Primavera e la performance Pangea. Qui l'artista strappa le pagine di un atlante geografico, le immerge una ad una in un catino d’acqua: la carta è immersa nell’acqua e lavata più volte fino a che si deteriora completamente.
Il percorso della mostra continua quindi con Il Giardino, installazione ambientale e immersiva. Il giardino - 25 tonnellate di terriccio scuro in uno spazio di 150 metri quadrati – si snoda tra le pareti del museo e si rivela attraverso suoni alle origini dell’esistenza di ognuno, pianti di neonato e musica di carillon. Un mix che diventa memoria e al tempo stesso suono dell’aridità che circonda lo spettatore. Conclude la mostra “Lettere di non corrispondenza per un vuoto permanente”: un rotolo di carillon lungo 5 metri che dall’alto arriva fino a terra. È ricoperto da segni asemantici che si fanno traccia. Una scrittura che parla nella voce ma non nella parola, gesto che non dice come nella ricerca dell’artista tedesca Irma Blank o nelle installazioni di Susan Hiller, l’artista americana e londinese d’adozione, scomparsa un anno fa. 

BIO 
Maria Luigia Gioffrè nasce a Soverato in Calabria, nel 1990. Nel 2008 intraprende gli studi presso la facoltà di legge e consegue la laurea triennale in Scienze Politiche nel 2012. 
Nel frattempo, il desiderio di apprendere il mezzo e il linguaggio fotografico si fa spazio e tra il 2010 e il 2013 frequenta l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma dove si diploma nel 2013. Dal 2013 in poi, Maria Luigia inizia un’esplorazione delle arti in maniera multidisciplinare: dalla fotografia alla scrittura, al video, al teatro fino alla performance art. 
Tra il 2013 e il 2015 vive a Torino, dove intraprende la sua ricerca nelle arti performative al di fianco di registi che si riveleranno essere quelli che l’artista considera i suoi più grandi maestri per la propria formazione artistica e umana. Si trasferisce poi nel Regno Unito, a Londra, dove perfeziona gli studi in arte visiva e affina la sua ricerca presso Central Saint Martins School of Arts and Design, University of Arts London, dove si laurea nel 2017, anno in cui vince anche il Celeste Prize per la sezione istallazione, scultura e performance, a cura di Fatos Ustek. 
Attività recenti includono: Zurich Meets London, Cabaret Voltaire (Londra, UK, 2016), Tate Modern, Tate Exchange (Londra, UK, 2017), Venice International Performance Week (Venezia, Italia, 2017 ), Art Night&Whitechapel Gallery (Londra, UK, 2017), Grizedale Sculpture (Grizedale, UK, 2018), Cassata Drone (Palermo, Italia, 2019) , Guler Sanat Galerisi (Ankara, 2019). La sua ricerca è stata ospitata in conferenze e mostre presso varie istituzioni accademiche quali: Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano, Italia, 2018), Chelsea College of Arts (Londra, UK, 2018), Pacifica Graduate Institute (Santa Barbara, California, USA, 2019). 

Tra il 2018 e il 2019 è stata inoltre selezionata per Aesthetica Art Prize 2019 presso York Art Gallery di Londra e in prima selezione per Art For Environment 2018 presso Hauser&Wirth ‘The Land We Live in” che vince invece l’anno successivo, presso Tenuta dello Scompiglio nella sezione “On Death and Dying”.

SITO WEB ARTISTA

SITO MUSEO MARCA - MOSTRA "MEMORIA DI UN GIARDINO" 
https://www.museomarca.info/eventi/maria-luigia-gioffr-memoria-di-un-giardino-22-febbraio-25-aprile-2020_78/

PREMI
2019 – Shortlist (primi 100, con mostra e catalogo) - Aesthetica Art Prize curato da Aesthetica Magazine (UK)

2018 - Vincitore - Art For Environment Residency "On Death and Dying" Program presso Tenuta dello Scompiglio curato da Angel Moya Garcia in collaborazione con University of Arts London, Centre for Sustainable Fashion - Lucy Orta (Vorno, IT) 

2017 - Vincitore - Premio Celeste, curato da Fatos Ustek (Direttore di David Roberts Arts Foundation, Londra)

PROGETTI CURATORIALI
In-Ruins


SCHEDA MOSTRA
MARIA LUIGIA GIOFFRÈ. Memoria di un giardino
a cura di a cura di Gaetano Centrone e Simona Caramia

MARCA_Museo delle Arti di Catanzaro
22 febbraio > 25 aprile 2020
Vernissage: 22 febbraio, ore 18





Misia, Calicanti

Misia, Oasi, 2018, acquarello su carta intelata, cm 19x28

Lo Studio Masiero ospita nei propri spazi la personale di Misia, Calicanti, a cura di Claudio Cerritelli. Da poco rientrata a Milano e dopo due mostre nel 2019, Misia De Angelis presenta un corpo di opere composto da ultimi lavori inediti, insieme a quelli già esposti nella primavera scorsa, alla mostra Parvenze d’infinitoal museo Butti di Viggiù. 

L’allestimento, i titoli delle opere e il riferimento al calicanto, fiore d’inverno, ci offrono una interpretazione della pittura contemporanea, dove l’urgenza creativa appare in tutta la sua tensione e costanza. Lo specifico linguaggio di Misia “si disvela allusivo e instabile nel silente fluire dei pensieri, in forme che possiamo chiamare liriche e poetiche. E così la pittura tende all’assoluto, diventa il soggetto di sé stessa[…]”, spiega nel testo critico, Claudio Cerritelli.

In queste opere, tutte su carta, di diverse dimensioni, il colore è usato con sapienza come ricerca di luce: “La luce, nel suo viaggio, attraversa la terra, lo spazio, il buio di ogni stagione. Quando incontra l’inverno freddo e scuro si posa sul calicanto.” Così Misia esprime il valore assoluto e vitale che l’arte ha nella sua vita e ci accompagna in un percorso dove “la pittura s’illumina non solo di essenze profumate ma di rarefatte trasparenze che fanno pensare al magico trasfigurarsi del colore nei bagliori dell’anima, nelle sonorità lievi e palpitanti della luce che emana parvenze d’infinito: e tutto ciò affiora davanti agli occhi come fosse altrove.”(C.C.)

Misia De Angelis nasce a Varese nel 1964, vive e lavora fra Leivi e Milano. Dopo il diploma di maturità artistica studia Pittura all’Accademia di Brera con Gottardo Ortelli. Nel 1989 inizia l’attività espositiva. Viene selezionata in diversi premi e concorsi di arti figurative per giovani artisti, tra i quali XV Premio Arti Plastiche e Figurativealla Villa Reale di Monza nel 1990 e nel 1993 Premio San Carlo Borromeoal Palazzo della Permanente di Milano con testo in catalogo R. De Grada, G.A. Dell’Acqua, M. De Micheli. Nel 1996, al Jamaica di Milano, prende parte con una personale a una serie di mostre con titolo Nuovi Temperamenti dell’arte, iniziativa curata da Claudio Cerritelli e Paolo Minoli. Le mostre al Jamaica di questi giovani artisti diventano itineranti e si spostano a Venezia, Trapani, S. Gimignano, infine alla galleria Morone di Milano e continuano fino al 2001 con tappe anche in Germania, Svizzera e Slovenia. Nel 1996 Misia presenta anche una personale a Basilea, nello studio H. Zellweger. Nel 1997 è invitata dall’artista Claudio Olivieri ad esporre a Sesto S.Giovanni al centro culturale Valmaggi.Nel 2001 partecipa alla collettiva Compagni di viaggio, curata da Ortelli al Centro culturale B. Brecht di Milano. Nello stesso anno esce il volume Figure astratte a cura di G.M.Accame, dove viene citata nel saggio di C.Cerritelli, Volontà di pittura - Sulla ricerca dei giovani pittori(1990-2000). Nel 2002 espone a Milano in due collettive, alla galleria Morone e da Cavenaghi Arte e partecipa ad un significativo ciclo di mostre curate da C. Cerritelli con catalogo edito da Libri Scheiwiller, Visione interiore - il senso del presente nella pittura italiana. Una collettiva itinerante in alcune sedi storiche nella provincia di Brescia alla quale partecipano, fra gli altri, artisti come Bressan, Casiraghi, De Alexandris, Minoli, Olivieri, Ortelli, Pardi, Raciti. Nel 2004 una collettiva alla Galleria Pangeart di Bellinzona, Omaggi e Confrontiche ha prodotto una serie di cartelle calcografiche curate da L. Muller e presentate da C. Nembrini, dove si sono confrontati artisti di diverse generazioni tra i quali Blank, Della Torre, Olivieri, Vago. Nel 2006, alla Casaperlarte - Fondazione Paolo Minoli, la collettiva La pittura a ricordarsicon testi in catalogo di C. Cerritelli, K. Islam, C. Pirovano e A. Veca dove sette artisti appartenenti ai Nuovi temperamentisi confrontano a dieci anni di distanza dalla prima mostra al Jamaica. Nello stesso anno, la personale Il tempo è della terraalla galleria Quadreria del Lotto di Trapani, presentata da D. Serra, con intervista in catalogo di C.M. Ricci. Nel 2008, con la pubblicazione del libro di C. Cerritelli, Pittura aniconica - arte e critica in Italia 1968-2007edito da Mazzotta, è invitata alla mostra tenutasi per l’occasione alla Casa del Mantegna di Mantova, a cui partecipano, fra gli altri, Accardi, Dadamaino, Dorazio, Munari, Raciti, Vedova, Veronesi. Sempre nel 2008, a Chiavari, nella prestigiosa sede della Fondazione Zappettini per l’arte contemporanea, una collettiva di sette artisti curata da C. Cerritelli, Aniconica - nuove presenze nella pittura. Nel 2009 una serie di iniziative sotto la denominazione In forma liricapresso AR – Officina Arte Contemporanea di Gorgonzola, con la cura di Matteo Galbiati, prende forma e sempre meglio si individua il gruppo degli artisti (allievi di Ortelli e seguiti negli anni da tanti storici e critici). Nel 2010 partecipa a due collettive in collaborazione con Sokei Accademy e NHK Gallery di Tokyo. Proseguono gli eventi espositivi del progetto curato da M. Galbiati Lirica-mentein collaborazione con gli amici pittori Casiraghi, Fieschi, Nakamiya, Pasquali, Rapetti, Shimizu. Nel 2012 la collettiva Al principio del vedereal Palazzo del Podestà a Castell’Arquato, a cura di I. Bignotti e M. Galbiati, una ricognizione sul fare pittura cui partecipano artisti di generazioni diverse tra i quali Barbanti, Cacciola, Costantini, Grimaldi, Iacchetti, Pinelli e Zappettini. Nel 2013 la mostra personale Affiori, Galleria Busi di Chiavari.Nel 2014 la collettiva di incisioni Dall’ombra la luce, a cura di C. Cerritelli, presso Studio Masiero a Milano. Nel 2015, presso il Museo Butti di Viggiù, sempre a cura di C. Cerritelli, Slittamenti del cuore, una collettiva di nove artisti in omaggio a G. Ortelli. Nel 2018 viene invitata da M. Galbiati alla Biennale d’Arte di Alessandria. In questa occasione viene anche esposta la cartella d’incisioni del gruppo di artisti, ai quali viene dedicata una sala con denominazione di Nuovi lirici.Nel 2019 la mostra personale Parvenze d’infinitoal Museo Butti con catalogo e testo critico di C. Cerritelli. Nell’estate dello stesso anno la collettiva Kaleidoscopecurata da A. Sammartano presso la galleria Magazzini dell’Arte Contemporanea di Trapani e la mostra conclusiva Slittamenti del cuorea cura di C. Cerritelli, con esposizione di tutte le opere donate dagli artisti e facenti parte della Collezione Permanente del Museo Butti di Viggiù.

MISIA, Calicanti
a cura di Claudio Cerritelli
inaugurazione giovedì 20 febbraio 2020 alle ore 18.30
20 febbraio – 20 marzo 2020


Studio Masiero
Via E. Villoresi, 28 – secondo cortile
20143 Milano
info@monicamasiero.it+39 335 8455470
martedì – venerdì 15.00 – 19.00
per altri giorni e orari su appuntamento