martedì 20 agosto 2019

Federica Gonnelli - COME UN FIUME (VERSO LA FOCE)


COME UN FIUME (VERSO LA FOCE) nasce all'interno della riflessione sui confini, che Federica Gonnelli sta conducendo da circa quattro anni. Federica ci accompagna in un percorso fluttuante, come la corrente di un fiume, un percorso nascosto, come un fiume carsico, fatto di sedimenti, transizioni, attraversamenti e germinazioni alla scoperta di particolari elementi del paesaggio naturale e costruito dall'uomo, luoghi che o la natura o gli uomini o le vicende della storia condivisa o personale hanno caricato di significato, luoghi che diventano simboli delle esistenze minime o grandi, dei destini, delle passioni, di tutte le vicende umane che li hanno segnati. Una stratificazione di storia/geografia come forma di ordine mentale, quasi cosmico, come strumento di definizione del reale e del mistero della vita e dell'anima. Protagonisti sono il fiume Isonzo, le onde, le anse, la sabbia, la terra coltivata, le pietre, le costruzioni, le fortificazioni, i palazzi di Gradisca e i confini, immagini e figure ricorrenti nella ricerca dell’artista. Ciascuno di questi protagonisti si rispecchia e si integra nella parabola di ogni esistenza umana - nella compresenza di presente e di passato, di effimero e di eterno, epifania dell'attimo e della memoria, ore fuggitive o secoli lontani, nel rapporto tra spazio e tempo, nella presenza, nell'assenza, nell'identità e la sua incertezza, nella chiusura e nella mescolanza, in confini tracciati e varcati, nel continuo attraversamento di confini d'ogni genere.
Il confine caratterizza il percorso di Federica attuando una ricerca al limite tra le discipline delle arti visive. Ogni velo d’organza, fotografia a doppia esposizione o videoinstallazione, non sono semplici supporti, ma determinanti elementi che concorrono nella significazione dell’opera, imponendo uno slancio agli osservatori che vogliono scoprire cosa vi si cela dietro. Il lavoro di Federica permette una molteplice stratificazione di materiali e di interpretazioni. Ogni percorso interpretativo finisce per supporne un altro, così che non possa mai dirsi completamente esaurita la lettura. Il senso dell'opera d'arte, è nella stratificazione di trasparenze: la “densità” di un'opera deve consentire di intravedere quanto è oggetto della rappresentazione. Dovunque corrono confini che si oltrepassano senza accorgersene, che conducono ad un universo altro. Il mondo è tutto una frontiera che divide e unisce. In ogni traccia, in ogni velo, che compongono il percorso di COME UN FIUME (VERSO LA FOCE) l’osservatore scopre il proprio volto, il senso o il filo della propria esistenza, del proprio labile e appassionato passaggio sulla terra.


Federica Gonnelli nasce a Firenze, dove frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti. Vive e lavora tra Firenze e Prato, dove dal giugno 2011 ha aperto lo studio “InCUBOAzione”. Dal 2001 partecipa a mostre personali, collettive e concorsi. Nel 2006 consegue la laurea, con tesi dal titolo “L’Arte & L’Abito” e nel 2013 la specializzazione in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, con tesi dal titolo “Videoinstallazioni tra Corpo-Spazio-Tempo”. Dal 2015 ha partecipato alle residenze d’artista a: Mola di Bari - Fondazione Pino Pascali, Cosenza - The BoCs, Castelbottaccio (CB) - Vis a Vis Fuoriluogo 19, Vimercate (MB) - V_Air Museo Must, San Sperate (CA) - Future Frontiers, Zumpano (CS) - Terraē Museo Mae e Palagiano (TA) – Z.N.S. Via Murat Art Container 2° Piano Art Residence. Pratica, quella della residenza, che ha acquisito una particolare importanza per la sua crescita personale e artistica.


Maggio 2019, collettiva video arte, “LA SUPERFICIE ACCINDENTATA”, Fourteen ArTellaro, Tellaro di Lerici (SP), a cura di Gino D’Ugo.
Marzo 2019, personale, “METODOLOGIE PER LA CONSERVAZIONE DELLA MEMORIA”, sug@R(T)_house, Museo dello Zucchero, Premio Speciale Residenza "SUGAR IN ART" Figli di Pinin Pero S.p.A. assegnato in occasione di Arteam Cup 2017, Nizza Monferrato.
Marzo 2019, collettiva, “OTHER IDENTITY-ALTRE FORME DI IDENTITÀ CULTURALI E PUBBLICHE”, Galleria ABC-ARTE, Genova, a cura di Francesco Arena.
Marzo 2019, personale, “TRA I CONFINI”, Arte Spazio Tempo, Venezia, a cura di Martina Campese.
Marzo 2019, personale, “POETRY AS A FORM OF RAPID MOVEMENT OF THE EYES”, Hybrid Art Fair, Madrid, a cura di Giulia Ponziani.
Ottobre 2018, personale, “LE MONTAGNE DA LONTANO SONO COLOR INDACO”, Studio Ciccone, Firenze, a cura di Leonardo Moretti.
Ottobre 2018, open studio, “LA TEORIA DEI BISOGNI”, InCUBOAzione, Prato, evento organizzato in occasione della 14a Giornata del Contemporaneo.
Settembre 2018, residenza e personale “2° Piano Art Residence”, Z.N.S. Via Murat Art Container e Museo Narracentro, Palagiano (TA), a cura di Margherita Capodiferro e Cristiano Pallara.
Luglio 2018, collettiva “68/Revolution. Memorie, Nostalgie, Oblii”, Pinacoteca Comunale Carlo Contini, Oristano, a cura di Chiara Schirru e Ivo Serafino Fenu.
Giugno 2018, collettiva, “OfficinARS IN FIERI”, Museo Storico Archeologico, Nola, (NA), a cura di Associazione Villa Sistemi Reggiana.
Giugno 2018, personale, “LIQUIDA”, “PALAZZI D’ARTE”, Palazzo Rossi Cassigoli, Pistoia, a cura di Ilaria Magni e STUDIO 38 Contemporary Art Gallery.



Federica Gonnelli
COME UN FIUME (VERSO LA FOCE)

LA FORTEZZA Galleria d’Arte,
Gradisca d’Isonzo (GO)
24 Agosto – 15 Settembre 2019

INAUGURAZIONE
Sabato 24 Agosto 2019
ore 19.00

La mostra sarà visibile fino al 15 settembre:
dal mercoledì al venerdì dalle 17.30 alle 19.30
sabato dalle 10.30 alle 12,30 e dalle 17.30 alle 19.30
domenica dalle 10.30 alle 12.30


"LA FORTEZZA" Galleria d'Arte
Via Ciotti 25, Gradisca d'Isonzo (Go)
Per informazioni:


Giuseppe Uncini. Realtà in equilibrio

Dopo le personali di Carlo Lorenzetti, Bruno Conte e Giulia Napoleone, la Galleria Nazionale celebra Giuseppe Uncini, concludendo il ciclo di mostre Realtà in equilibrio, curato da Giuseppe Appella.

Nel 1982, per una mostra alla Galleria Il Segno di Roma che comprendeva Lorenzetti, Napoleone, Conte, Aricò e Uncini, Fausto Melotti intitolava Realtà in equilibrio il testo pubblicato in un foglio- manifesto diffuso per l’occasione. Considerava i cinque artisti “anacoreti, lontani dalle tentazioni del mondo” che “vedono dalle finestre e conoscono fuori e anzitempo ciò che sarà necessario alla costruzione dell’edificio dell’arte” [...], compagni nella ricerca, [...] compagni in ciò che l’arte richiede, sacrificio e amore. [...]. Non di mimi, si tratta di alcune pietre portanti dell’arte”.


Attraverso 58 sculture e 30 disegni datati 1957-2008, Appella ripercorre in una antologica le varie tappe del cammino dell’artista scandito da Terre, Cementarmati, Ferrocementi, Strutture spazio, Strutturespazio-ambienti, Mattoni, Terrecementi, Ombre, Interspazi, Dimore delle cose, Dimore e muri d’ombra, Spazi di ferro, Spazicementi e Tralicci, Muri di cemento, Architetture, Telai-Artifici.


Il curatore racconta: “Temi e ricerche perentoriamente messi di fronte, in un vis-à-vis tutt’altro che azzardato, anche nei ripensamenti del già fatto, per perseguire fino alle estreme conseguenze la fisicità dell’opera, per estrarre dalla materia (olii, terre, cementi, pigmenti su supporti tradizionali, lamiere, ferri, mattoni), con l’abituale procedimento mentale, come l’ape il nettare dai fiori, una inedita carica fantastica e quella idea progettuale a lungo accarezzata nella miriade di gesti e attitudini di mestieri praticati durante la guerra come una personale università del pensiero e della mano. Perché alla vita fisica della materia, cui corrisponde il farsi corpo dell’immagine, al suo ruvido rigore, che non respinge una sua esclusiva bellezza, si accompagna in Uncini una sorta di salda e intensa memoria spirituale portata a sorreggere, come in Brancusi, quanto di razionale e di irrazionale nutre il fronte del proprio lavoro. Scrive: "Mi piace pensare alla mia scultura come qualcosa che possiede due vite; l'una quella che io riesco a darle con i miei 'criteri' di estetica, di spazio e di poesia, l'altra, quella dovuta all'uso quotidiano, vero, concreto della cosa. Naturalmente ciò che mi interessa è caricare questi vuoti di umori, di momenti poetici, insomma di farne delle cavità dense di avventure esistenziali". 
Basta leggere i titoli: da una iniziale Terra che corrisponde a un normale paesaggio memore di De Staël subito riversato in Rothko, e da un letterario Il passo del gatto (1958), emblema dell’illusoria immagine della pittura che vuole sfuggire all’oggetto-quadro e scava nelle memorie del sottosuolo, rapidissimo è il passaggio da materie cromatiche primarie, sottilmente evocative, a un solo materiale, il cemento, che muove gesti e segni e li dota con il ferro alzando armature (Primo Cementarmato, 1958-1959), regolando masse pesantissime che, tra un alfabeto e un traliccio, una dimora e un epistylium, ordiscono una città solo apparentemente impossibile (Architetture n. 206, 2006), tanto occupò i sogni dei futuristi, di Gabo e di Tatlin, di Vantongerloo, di Max Bill e di Calder, di Marino di Teana e di Etienne-Martin, di Burri e di Consagra, di Milani e di Chillida, di Somaini e di Sanfilippo.

Come molti di questi che lo hanno preceduto, Uncini, soprattutto negli anni delle trasformazioni e degli ambigui simulacri di impossibili prospettive, altro non fa che analizzare gli strumenti a sua disposizione, appuntirli, in tutti i sensi, nel patrimonio culturale e nella quotidianità del suo operare, fissare, recandosi nello studio come un direttore d’orchestra in teatro per le prove, l’artigianalità della costruzione, una dinamica di attese consumate in spostamenti minimi capaci di tessere, nell’inversione dell’assetto del reale, nella fisicità concreta dell’opera, nel puro valore di superficie, l’oggi con il domani, quindi anche i primi con gli ultimi suoi lavori. Dove non hanno fatto breccia né l’Informale né la Pop Art, tantomeno ismi, correnti e nomi (l’arte povera, il minimalismo, Carl Andre, Robert Morris, Richard Serra, Joel Shapiro, Ron Bladen) che hanno attraversato la seconda metà del XX secolo stabilendo ramificazioni e parentele di linguaggi.

È evidente, allora, l’impossibilità di determinare un percorso che non abbia alla sua base quel rigore concettuale che ristabilisca in forma il luogo-spazio (Cementarmato, 1962 – Architetture n. 217, 2006) ed elimini, ogni volta, nonostante la materia si presenti così com’è, dura-fredda- precaria-accidentata, ed assuma, per coincidere con il contenuto, anche il titolo-guida dell’opera, la figura dell’analogia se non del simbolo o della metafora che, invece, Uncini impara subito a far convivere con la vitalità del pensiero della scultura e della sua nascita (Cementarmato, 1959-1960 – Architetture n. 193, 2005), con i problemi di procedimenti, identificazioni e orientamenti, di articolazione e statica, di equilibrio e composizione, di peso e stabilità, di tempo e durata.

Occorre considerare questo pensiero della scultura, o ordine creativo, sotteso all’impostazione dei manufatti “su una frontalità spaziale assolutamente innovativa” che utilizza, a partire dalle gabbie, ciò che Emilio Villa chiama ideologia strumentale per una disciplina strutturale che si distingua come segno di identità, motivo primo, in Uncini, del suo fare in costante evoluzione e del riscontro frontale messo in atto da Cemento lamiera (1959) a Artifici n. 5 (2008), che accertano tangenze e differenze con il minimalismo da Uncini contraddetto proprio con il rifiuto della serialità o del modulo e la persistente “umana” progettualità presente fin dal 1960. Scrive: “Io lavoro con il cemento e il ferro. Questi materiali li uso con proprietà, nel senso che non li camuffo, che non me ne servo per trarre degli effetti particolari, al contrario li adopero come si adoperano nei cantieri, per costruire le case, i ponti, le strade, per costruire tutte le cose di cui l’uomo ha bisogno. Alla base di tutto questo c’è la necessità di costruire, di organizzarsi, c’è quel principio creativo che è all’origine di ogni progresso umano, questo è quanto nei miei oggetti voglio esprimere”.

Questo principio, divenuto nel corso degli anni un pensiero dominante, acquisisce un ritmo di linguaggio che dal Cementarmato n. 10 (1961) si sedimenta nel Ferrocemento n. 14 (1963), dallaParete interrotta (1971) si posiziona nelle Dimore (1982), dagli Spazi di ferro (1990) si colloca negliSpazicemento (1998), ovvero una immagine-oggetto che apprende il concetto di rarefazione per un criterio razionale che, in seguito, anima una struttura funzionale e dinamica a sua volta implosa ed esplosa in una energia che è calcolata organizzazione del lavoro, tesa a disegnare e a delimitare un proprio spazio pluridimensionale, con una fisionomia personale, estesa alla casa in cui abitare, allo studio in cui realizzare, ai mezzi con i quali procedere, agli stessi amici da frequentare con poetico candore. 
In tutto ciò, la luce magica di Roma, che in alcuni momenti ha fatto pensare a sconfinamenti in atmosfere metafisiche evocative ed affabulanti, ha un ruolo significante, e non solo per il lavoro svolto sulle ombre, spostando l’attenzione dalla forma reale alla forma virtuale dell’oggetto. La sua presenza, definita da Uncini, come l’ombra, “concetto spaziale”, realtà artificiosa che muta la forma durante il suo crescere, è strettamente connessa al colore che nelle prime opere sviluppa il forte sentimento dell’antico, del paesaggio costruito dall’uomo, tipico degli affreschi di Giotto, Masaccio e Piero della Francesca, ovvero della civiltà della cultura occidentale al suo massimo splendore, e nelle ultime, schiacciando i volumi, raccoglie la lunga esperienza sulla necessità di non alterare la struttura della materia facendosene sua natura nell’incontro con la tecnica. Tanto da disegnare liberamente, con un ritrovato gusto dell’avventura e del non finito, accenni di architetture inquadrate in uno spazio a misura umana, strutture di relazione tra sé stesso e la scena che ogni giorno gli si offriva dalle antiche mura di Trevi”.

Accompagna la mostra un catalogo con l’introduzione della direttrice della Galleria Nazionale, Cristiana Collu, e con i contributi del curatore, Giuseppe Appella, di Bruno Corà e di Lara Conte.


Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea
viale delle Belle Arti 131, Roma ingresso accessibile via Gramsci, 71

Giuseppe Uncini. Realtà in equilibrio
a cura di Giuseppe Appella

apertura al pubblico
18 giugno – 29 settembre 2019

orari di apertura
dal martedì alla domenica: 8.30 – 19.30 ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura

Ufficio stampa
gan-amc.uffstampa@beniculturali.it

Laura Campanelli – +39 349 5113067 – +39 06 32298 328
Alessia Tobia – +39 329 606283 – +39 06 32298 316
Alessio Boi – +39 340 9727838 – alessio.boi@lagallerianazionale.com

Ufficio comunicazione e relazioni esterne
gan-amc.comunicazione@beniculturali.it
Elena Bastia – +39 349 2115229 | +39 06 32298 308 Isabella de Stefano – +39 06 32298 307


lunedì 19 agosto 2019

Tutti i pani del mondo

Michele Giangrande - Pane Quotidiano

La mostra Tutti i pani del mondo a cura di Andrea B. Del Guercio inaugurata a luglio negli ipogei della Fondazione Sassi a Matera è parte integrante del Festival La Terra del pane ed è visitabile fino al 20 settembre 2019.

Organizzato e promosso da Fondazione Sassi, in coproduzione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019, il Festival La Terra del pane è un progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, tema: Radici e Percorsi.

Sono 45 e provengono da Africa, Asia e Europa gli artisti che hanno risposto alla sollecitazione del curatore Andrea B. Del Guercio e hanno creato opere interpretando e raccontando uno tra i più straordinari soggetti rappresentativi della società umana e delle sue infinite e diverse culture, un simbolo non solo della storia ma di una perenne contemporaneità: il pane.

Opere/pane, in diversi materiali e tecniche, realizzate appositamente per la mostra simbolo del Festival La Terra del pane, il progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, tema: Radici e Percorsi che la Fondazione Sassi realizza nell’anno in cui Matera è Capitale Europea della Cultura in coproduzione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019.

Fino al 20 settembre 2019 a Matera, negli ipogei della Fondazione Sassi nel rione Sasso Barisano, sarà aperta al pubblico la mostra Tutti i pani del mondo a cura di Andrea B. Del Guercio, titolare della Cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Scultura, installazioni e performance, pittura astratta e figurativa, fotografia e video sono le modalità tecniche con cui artisti del Benin, della Cina, Francia, Georgia, Germania, Italia, Olanda, Svezia e della Svizzera hanno espresso e rappresentato la loro personale idea di pane che, come scrive il curatore, “quale alimento primario nella società umana, si pone soggetto atto a sfamare l'attesa, la domanda di bellezza”. Il “pane dell’arte” sarà così offerto al pubblico in un allestimento che vuole rianimare, restituire alla vita gli ipogei tardo-cinquecenteschi della Fondazione Sassi. Un luogo che accogliendo opere create a diverse latitudini, diviene "raccoglitore espositivo di tutti i pani del mondo, suggerendo una provenienza senza confini, ma anche momento di scambio, di condivisione, di confronto dei sapori e dei saperi, delle forme e dei colori, pur mantenendo quella comune origine, che le infinite variabili sanno esaltare”.

La mostra Tutti i pani del mondo ha avuto un’anteprima a Venezia. Nel giardino di Santa Fosca, aperto per la prima volta al pubblico, sono state esposte le sculture di Antonio Ievolella. Beneventano di nascita e padovano d’adozione, Ievolella ha realizzato una serie di sculture “i Pani”. Opere che sono state poste accanto a forme di pane di Matera, fino a confondersi giocando sul delicato rapporto tra cibo del corpo e cibo dello spirito (cultura, spiritualità).

“Il Centro di Pastorale Universitaria Santa Fosca, nei giorni della pre-apertura della 58^ Esposizione Internazionale d’Arte, ha offerto alla Fondazione Sassi un’importante occasione di promozione delle attività che dedichiamo all’arte contemporanea - afferma il presidente della Fondazione Sassi di Matera, Vincenzo Santochirico - la fondazione che rappresento, in coproduzione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019, oltre ad organizzare dal 12 al 20 ottobre 2019 il Festival La Terra del pane, per tutto il 2019 ha un ricco calendario dedicato alle arti visive. Le attività nel campo delle arti visive della Fondazione Sassi, che opera a Matera dal 1990, prevedono non solo l’esposizione di opere, ma anche progetti artistici realizzati appositamente per il Festival La Terra del pane. Fra queste, la mostra a cura di Andrea B. Del Guercio Tutti i pani del mondo. Una mostra - conclude il presidente Santochirico - che si inserisce appieno nel progetto del Festival la Terra del pane. Partendo da un tratto distintivo della città di Matera, il Festival mira a esaltarne il profilo culturale e antropologico, mediante il racconto e la declinazione su diversi codici artistici di quelli che sono gli elementi che maggiormente la caratterizzano: il pane e la terra”.

Organizzata e promossa dalla Fondazione Sassi, la mostra Tutti i pani del mondo sarà inaugurata venerdì 26 luglio 2019 alle 18:30 a Matera negli stesso spazi che ospitano l’allestimento, gli ipogei della Fondazione Sassi.

Informazioni:
Organizzata e promossa dalla Fondazione Sassi la mostra Tutti i pani del mondo rientra nel Festival La Terra del pane, un progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, in coproduzione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019, tema: Radici e Percorsi.

Gli artisti che hanno aderito al progetto: Julie Arphi (NL), Elisabeth Bereznicki (D), Alessandra Bonoli (I), Christian Cassar(I), Antonio Catelani (I), Giorgio Cattani (I), Chen Yan (CHN), Franco Cipriano (I), Vittorio Corsini (I), Carl Victor Dahmen (D), Matthias Dämpfle (D), Bérenger De Crecy (F), Claudia Desgranges (D), Max Diel (D), Francois Geissmann (F), Michele Giangrande (I), Niko Grathwohl (D), Rainer Gross (D), Andrea Hess (D), Antonio Ievolella (I), Martin Kasper (D), Anja Kniebuehler (D), Cosmo Laera (I), Lello Lopez (I), Valeria Manzi (I), Pino Mascia (I), Barbara Nahmad (I), Giuseppe Negro (I), Heinrich Nicolaus (D), Daniela Novello (I), Jurgen Oschwald (D), Luca Pancrazzi (I), Antonio Paradiso (I), Giuseppe Pennisi (CH), Stefano Pizzi (I), Antonio Pizzolante (I), Gela Samsonidse (GE), Jing Shijian 井士剑(CH), Ivano Sossella (I), Tarshito (I), Carmine Tornincasa (I), Julien Vignikin (DY), Luigi Viola (I), Antonio Violetta (I), Werner Windisch (SE). 

La mostra è realizzata con il sostegno del fondo etico di: Bcc Basilicata Credito Cooperativo di Laurenzana e comuni lucanie con il sostegno di: Bawer S.p.A,Italcementi S.p.A, Tecnoparco Valbasento S.p.A.eMH Matera Hotel.


Festival La Terra del pane
Tutti i pani del mondo
A cura di Andrea B. Del Guercio, la mostra
presenta le opere di 45 artisti africani, asiatici e europei
dal 26 luglio al 20 settembre 2019
Ipogei della Fondazione Sassi 
Via San Giovanni Vecchio - rione Sasso Barisano - Matera

Ingresso libero
Orari dalle 10:00 - alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00
Giorno di chiusura lunedì
Tel. +39 0835 333348
Curatore Andrea B. Del Guercio
Assistenti Valerio Vitale e Lorena Carella, Matera. Luming Zhang, Milano
 

Hashtag: #fondazionesassi #terradelpane #matera2019 #openfuture


Sissi Ruggi
addetto stampa
Fondazione Sassi

Per contatti e ulteriori informazioni
333.47.42.509
ufficiostampa@sissiruggi.com
addettostampa@fondazionesassi.org

domenica 18 agosto 2019

Elena Bellantoni | CeMento



CeMento è un lavoro sull’illusione e sulla menzogna, su ciò che ci tiene a galla, o ci fa affondare. L’installazione è composta da giochi d’infanzia:, un secchiello, rastrello e paletta, un innaffiatoio, ed un pallone. Sono tutti oggetti in dimensioni reali che dovrebbero essere giochi, ma non è così poiché sono fatti di cemento. Dal mio punto di vista, la menzogna così come il mentire hanno connotato molti dei discorsi politici dell’ultimo ventennio e non solo in Italia. Nello specifico, il cemento a partire dagli anni '70 ha rappresentato il materiale che ha falciato e distrutto il Belpaese; nel nostro immaginario collettivo sta anche per il materiale usato negli omicidi di mafia, adoperato per cementificare i corpi, farli scomparire nella colatura per poi gettarli chissà dove. Dal boom economico in poi, il cemento è stato utilizzato nelle grandi opere pubbliche che avrebbero dovuto rappresentare la rinascita dell’Italia. Un materiale che non dura più di 60 anni, come per dire che il nostro Paese si poggia sul nulla... CeMento assume quindi diverse connotazioni di natura visiva, concettuale e politica.
Questo lavoro nasce contestualmente alla mia ricerca palermitana per Ho annegato il mare un’opera video che ho prodotto per Manifesta12 Collaterals; ma va oltre evidenziando come l’abuso edilizio e l’utilizzo sregolato del cemento non sia stato un discorso legato solo alla Sicilia o al Sud Italia ma a tutto il Paese, non ultimo il ponte Morandi di Genova. Tutti gli oggetti che presento rimandano all’infanzia, un periodo di leggerezza apparente, in cui si instaurano le basi per la crescita dell'individuo.  CeMento costituisce il tentativo di lavorare su un piano poetico mantenendo pesantemente i piedi per terra: sono tutti oggetti che assumono un peso molto forte, provocando nello spettatore un corto circuito che scaturisce dal loro aspetto seduttivo e giocoso, da questa finta leggerezza che crea una condizione di frustrazione ed impossibilità.  Cementificare il linguaggio significa paralizzarlo, renderlo immobile. Ciò che viene pietrificato, trasformato in cemento, non può più svolgere la sua funzione, acquista peso ma perde di vita. CeMento vuole essere infine una riflessione sul ruolo dell’artista che prende una posizione dura, lapidaria, rispetto alla realtà che ha di fronte.”

L’installazione già esposta nel febbraio/marzo di quest’anno presso la Galleria Nazionale di Roma per l’evento "You Got To Burn To Shine" è riproposta per lo spazio Fourteen ArTellaro.

Elena Bellantoni | CeMento
fino al 30 Agosto
Fourteen ArTellaro
Piazza Figoli, 14 - Tellaro (SP)
Rassegna La superficie Accidentata
a cura di Gino D’Ugo



giovedì 8 agosto 2019

HYPÓGHEIOS. Tomaso Binga | Maurizio Mochetti

Tomaso Binga



Nell’ambito del progetto PADIGLIONI INVISIBILI, coprodotto con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 nel quadro del programma ufficiale «Matera 2019 Capitale Europea della Cultura», e dedicato ai temi dell’architettura scavata e ipogea, la Fondazione SoutHeritage è lieta di annunciare Tomaso Binga | Maurizio Mochetti. Hypógheios, una nuova mostra che sarà inaugurata l’8 agosto 2019 negli spazi di Palazzo Viceconte, già sede del Museo per la Fotografia Pino Settanni.

L’architettura scavata e ipogea, assieme a un sistema di cisterne sotterranee risalenti al XV, sono il soggetto visivo, spaziale e strutturale del progetto Padiglioni Invisibili che indaga la responsabilità dell’estetica, dell'architettura e della ricerca artistica pluridisciplinare nel processo di creazione e rigenerazione dei luoghi. Con il progetto Padiglioni Invisibili e la riattivazione di questi spazi ipogei nel cuore dei Rioni Sassi, ai visitatori si offre l’opportunità di esperire lo spazio e il tempo di una parte rappresentativa del “patrimonio geoculturale” della città di Matera. Un patrimonio che la Fondazione SoutHeritage, nell’ambito del programma Matera 2019, sta attualizzando e valorizzando, sia attraverso il restauro e la rifunzionalizzazione degli spazi, sia attraverso la produzione di opere e progetti in situ.

Partendo da questo luogo caratteristico della città, la doppia personale di Tomaso Binga e Maurizio Mochetti è riflessione su una cavita di interesse culturale e socio-antropologica che diventa per l’occasione spazio in cui l’arte modifica temporaneamente la percezione dello spettatore e lo invita a un viaggio, a un tragitto, a un cammino in cui l’opera si fa tutt’uno con l’architettura.

Ad aprire il percorso è DOMUS AUREA (2019) di Tomaso Binga, frase composta dall’Alfabeto poetico monumentale nato dalla rilettura della storica Scrittura vivente (1976) con cui l’artista, in tempi non sospetti, ha scardinato alcuni meccanismi sociali incentrati sull’egemonia maschile e soverchiato ogni forma di tabù per entrare a gamba tesa (utilizzando la metafora dell’uterino e dell’underground) nel dibattito culturale degli anni Settanta, ancora troppo sottomesso al comune senso del pudore.

Quattro opere ambientali del maestro Maurizio Mochetti, tutte basate sull’utilizzo del laser, attraversano le sale dell’intero spazio espositivo per creare potenti ponti tra penombre, vuoti d’ombra e un codice luminoso la cui elasticità si fa linea, piano, punto, traiettoria visiva. Freccia Laser (1988), Retta si nasce, curva si diventa (1988), Mectulle (1989) e Filo con laser (1984) sono i progetti presentati per ridisegnare gli ambienti ipogei e mostrare un processo culturale inteso come artificio, come sapere e potere creativo che fa dell’artista un intellettuale totale capace di ripensare lo spazio e di modificarne radicalmente la percezione.

L’esposizione non è soltanto raccordo estetico tra due mondi, tra due sistemi di pensiero che nascono dall’urgenza di materializzare l’immateriale, ma è anche la costruzione ideale di un itinerario in cui la tradizione esplorativa di un luogo – tradizione che appartiene di diritto all’archeologia o alla speleologia – lascia il posto a una nuova investigazione immaginifica, dove la visione personale e esistenziale del secretum terrestre diventa percezione collettiva, energia condivisa e condivisibile.

In quanto lavoro di scavo nel sottosuolo del linguaggio, Tomaso Binga | Maurizio Mochetti. Hypógheiosvuole riflettere sul valore di un luogo che, riletto dalle opere di due artisti così lontani per modus operandi, così vicini per sensibilità analitica, esce dal sonno della ragione per divenire spazio di convivenza degli estremi, dove è nuovamente permesso di esplorare (tra ombre e penombre) luoghi, presenze e funzioni invisibili, dove è auspicabile la costruzione di una sfera culturale che non smetta di evolvere, di muoversi, di mostrarsi e rimostrarsi per tenere vivo quel riportare alla luce, quel far rimirare, quel palesare nuovamente le cavità e i meandri oscuri di un locus che coincide con il logos, con il pensiero, con la riflessione sull’arte e sull’abitare.

In occasione della mostra, l’8 agosto alle ore 11:30 si terrà un incontro tra il Maestro Maurizio Mochetti e Antonello Tolve su tematiche legate alla luce, al suono, allo spazio e al tempo, all’architettura e al concetto di “perfettibile”; nel pomeriggio, durante l’inaugurazione, Tomaso Binga porterà a Palazzo Viceconte una delle sue performance più note, entrate a buon diritto nella storia della sperimentazione artistica contemporanea, tracciando un’inedita relazione tra la funzione politica del corpo e lo spazio sotterraneo.

La mostra, a cura di Antonello Tolve, è organizzata in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna (Salerno-Roma), la Galleria Frittelli Arte Contemporanea (Firenze) e lo Studio Maurizio Mochetti (Roma).


opera di Maurizio Mochetti

PADIGLIONI INVISIBILI
Tomaso Binga | Maurizio Mochetti. Hypógheios

Un progetto
Matera Capitale Europea della Cultura 2019
Co-prodotto da
Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea e Fondazione Matera-Basilicata 2019
Direzione artistica
Angelo Bianco
Direzione scientifica
Giusy Checola
Coordinamento
Roberto Martino
Con il contributo di
Francesca De Michele
Prodotto in partnership con
ENSA National Art School of Art / Bourges_F
BAICR cultura della relazione / Roma_I,
Global Grand Central / Stockholm_S
Human Ecosystem Relations / Roma_I
Con il sostegno di
Palazzo Viceconte Cultura / Matera_I
Bgreen – agricoltura e partecipazioni / Matera_I
e del fondo etico
BCC – Banca di Credito Cooperativo – Basilicata
Partner culturali
Fondazione Filiberto e Bianca Menna / Salerno_I
Galleria Frittelli Arte Contemporanea / Firenze_I
Studio Maurizio Mochetti / Roma_I

mostra a cura di  Antonello Tolve
Allestimenti L’Île Studio


Sede
Fondazione SoutHeritage – Palazzo Viceconte
Via S. Potito 7, Matera

Inaugurazione
giovedì 8 agosto ore 19
Periodo
8 agosto > 15 settembre 2019

Orari
giovedì >lunedì – h. 10>13, 17>20

Biglietti
ingresso con “Passaporto Matera2019” acquistabile presso il punto informativo Matera2019 in V. Lucana 125 a Matera oppure online all’indirizzo www.ticketone.it

Come arrivare
Area soggetta a ZTL. Si consiglia di parcheggiare presso parcheggio Via P. Vena e raggiungere P.zza Duomo - V. San Potito a piedi.
Data la natura degli spazi architettonici, il percorso di visita richiede di affrontare alcuni piani di scale.

Info
www.southeritage.it - info@southeritage.it - 0835 240348
TW / southeritage
FB / fondazione southeritage
IG / fondazione_southeritage

pubblica:

mercoledì 7 agosto 2019

DA TIZIANO A RUBENS. Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe


Alla scoperta dell’arte fiamminga con gli esclusivi capolavori dai principali musei fiamminghi in mostra al Palazzo Ducale di Venezia. Dal 5 settembre fino al 1 marzo 2020 la Fondazione Musei Civici di Venezia, assieme alla città di Anversa, VisitFlanders e la Flemish Community, presenta Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa ed altre collezioni fiamminghe, una mostra curata da Ben Van Beneden, direttore della Rubenshuis di Anversa. Gli spettacolari appartamenti del doge verranno trasformati in ‘constkamers, stanze arricchite da meravigliose opere d’arte che rappresentano le ricchezze delle collezioni fiamminghe. Assieme a capolavori di artisti quali Tiziano, Peter Paul Rubens, Anthony van Dyck e Michiel Sweerts, la mostra porta in Italia una grande varietà di raffinate opere d’arte. Tre icone della pittura veneziana tornano nella loro casa natale, Venezia: Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da Papa Alessandro VI di Tiziano, la pala d’altare proveniente dall’ex Chiesa di San Geminiano, definito dalla stampa internazionale “il Tintoretto di David Bowie”, e il Ritratto di una Dama e sua figlia di Tiziano (che si pensa rappresenti l’amante del pittore e la loro figlia Emilia). Questi capolavori appartenenti alle collezioni fiamminghe, sia pubbliche che private, sono raramente concessi in prestito, ed alcuni vengono mostrati in pubblico per la prima volta. Da Tiziano a Rubens è perciò un’occasione unica. Una sezione speciale della mostra sarà dedicata al famoso compositore fiammingo Adriaan Willaert, che si stabilì definitivamente nella Serenissima per diventare Maestro di Cappella della Basilica di San Marco nel 1527. Fu Willaert a fondare l’acclamata Scuola di Musica Veneziana, frequentata, tra gli altri, da Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi. Direzione scientifica Gabriella Belli A cura di Ben van Beneden Mostra organizzata da Fondazione Musei Civici di Venezia In collaborazione con Flemish Community, Città di Anversa, VisitFlanders 


DA TIZIANO A RUBENS Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe 
Dal 5 settembre 2019 al 1 marzo 2020 
Venezia, Palazzo Ducale – Appartamento del Doge


Fondazione Musei Civici di Venezia
Piazza San Marco 52
30124 Venezia
T +39 041 2405211

martedì 6 agosto 2019

A Borgagne (Le) Le Corti a Mezzanotte - tra musica, arte e sapori


Le Corti a Mezzanotte evento espressione dell’arte e della cultura della terra salentina ritorna con un percorso speciale per le strade del centro storico della incantevole Borgagne, tra folklore, musica, estemporanee d’arte, artigianato ed eno-gastronomia tipica, per far vivere i vicoli e le corti di uno dei borghi antichi più suggestivi del Salento. Le più belle corti della città antica del comune salentino si aprono al pubblico, svelandosi in tutta la loro bellezza e trasformandosi in spazi espositivi unici, in grado di unire l’antica maestria architettonica al moderno più estremo dell’arte contemporanea.

Anche in questa nuova edizione i tanti visitatori potranno attraversare le stradine della piccola cittadina e stupirsi ad ogni angolo con il percorso d’arte dal titolo “ATTRAVERSA-MENTI” a cura di Katia Oliveri tra una vertigine di colori, suoni e materia. 
La mostra è un collettivo che presenterà un insieme sinestetico di espressioni artistiche, dalla performance alla pittura, alla fotografia, alla grafica, alla performance sonora alla video arte, dando vita ad un percorso articolato ed inusuale.

Il titolo “ATTRAVERSA-MENTI” allude tanto al percorso espositivo che si snoda nel centro storico di Borgagne quanto all’attraversamento come varcare una soglia, gettare uno sguardo in questa ricerca degli artisti presenti, partendo dalle sale ipogee dello storico frantoio Sciurti con gli artisti Paola Marzano, che presenterà la performance “Pre-Scelta”, e Massimiliano Manieri, con “Anatomia di un calligrafo (Atto III)”. Nelle salette al primo piano le delicate opere grafiche della serie “Medicorum” di Federica Cogo entreranno in dialogo con le dissacranti immagini “Salento death valley” del fotografo Gabriele Albergo, accompagnate dalla performance sonora “Logicanalogica” di Pierpaolo Leo e Stefano Urkuma De Santis. Nel giardino del frantoio su un antico camino in pietra scorreranno le immagini del video “Aritmia,2018” della giovane artista Federica Claudia Soldani.
Il percorso proseguirà con l’ironica installazione luminosa “Baci da Borgagne” dell’artista Davide Cesarea e la scultura antropomorfa “Creaturalumen” di Adriano Settimo Radeglia; su via Castello l’installazione “Think about it”, con cui Luigi Manca proporrà una riflessione su scottanti temi di attualità; la cinquecentesca chiesetta di via Castello ospiterà il suggestivo video “Il Sognatore” di Franco G. Livera e le opere pittoriche dal titolo “Attesa Incondizionata” di Elena Franchini. Il percorso continuerà con la presentazione del video “Offerte” dell’artista Tarshito e la performance sonora di Bhai Baldeep Singh¸ e poi ancora le immagini “Here We Are” del fotografo Daniele Pignatelli, l’irriverente installazione “Crosses” di Fabrizio Fontana e le opere in piombo e carta “Castelli di carta” di Claudia Zicari. Si ringrazia l’associazione Project Space Salento per la gentile collaborazione.

Ampio spazio all’intrattenimento musicale accompagnato dagli immancabili artisti di strada, che animano il percorso con spettacoli sorprendenti, e poi ancora le performance live dal ritmo Swing-Jazz di Giusy Coli Quartet, le suggestioni sonore del duo Electro Live composto dal trombettista compositore Giancarlo Dell’Anna accompagnato da la voce graffiante di Giorgia Faraone, e l’Orchestra di flauti “Fortunae flatus” del Conservatorio “T. Schipa” di Lecce. 
Le Corti a Mezzanotte è un progetto finalizzato ad incentivare lo scambio culturale e la tutela del territorio alla scoperta del patrimonio artistico e storico, il tutto accompagnato dai sapori tipici della nostra terra con stand delle aziende produttrici locali, l’artigianato tipico salentino con le opere in pietra leccese di Stefano Garrisi e quelle in legno di Ginella Orlando e Paolo Adamo, e un percorso sensoriale dedicato al miele artigianale di Melendugno, tesoro dorato della città legata storicamente alla produzione di miele.


Borgagne (Lecce)
Le corti a mezzanotte
11 agosto 2019 start ore 20.00
Percorso d'arte 'Attraversa-Menti' a cura di Katia Olivieri

Artisti: Paola Marzano, Massimiliano Manieri, Federica Cogo, Gabriele Albergo, Pierpaolo Leo, Stefano Urkuma De Santis, Federica Claudia Soldani, Davide Cesarea, Adriano Settimo Radeglia, Luigi Manca, Franco G. Livera, Elena Franchini, Tarshito, Bhai Baldeep Singh, Daniele Pignatelli, Fabrizio Fontana e Claudia Zicari. 


lunedì 5 agosto 2019

N A T U R A L I A

opera di Cristina Mangini

Il M.A.A.A.C. - Museo Area Archeologica Arte Contemporanea di Cisternino ha inaugurato la sua XIII mostra, intitolata Naturalia, ideata e curata da Alberto Vannetti, direttore artistico del Museo e artista impegnato sul territorio nell’ambito della promozione e valorizzazione delle arti visive 
Il progetto, sostenuto dal Gruppo Archeologico Valle d’Itria diretto dal prof. Mimmo Tamborrino e patrocinato dal Comune di Cisternino, si propone di innescare un dialogo a più voci sul concetto di “natura”, nelle sue molteplici declinazioni antropologiche e ambientali, articolate e modulate dalle poetiche degli artisti coinvolti. Fabio Alecci, Francesco Barilli, Gianluca Esposito, Marzia Gandini, Cristina Mangini, Pierpaolo Miccolis, Ettore Rosselli, Domenico Ruccia, sono i protagonisti di questa esposizione allestita negli spazi del percorso archeologico del Museo, luogo fortemente evocativo per le sue caratteristiche morfologiche, reificate con l’attrito di un corpo a corpo tra il luogo storico e le trasformazioni del presente, di cui l’arte contemporanea è attenta testimone. 
A dispetto della physis, Naturalia procede verso il principio di Natura naturans, la “natura naturata e naturante” slegata dalle accezioni di Giordano Bruno riletta nella dimensione dove opera l’hormè, quello “slancio”, quella “forza” che può dirigersi in modo tangenziale rispetto al suo stesso significato, divenendo significante per i sotterranei abissi di coscienza. In queste regioni l’altrove impensato e imprevedibile diventa immagine e forma; pittura, scultura, installazione, poesia, parlano dell’essere con, essere verso quella tensione che ci accosta al sentire: una nota che vibra negli interstizi della realtà frammentaria e disgregata, in cui è necessario effettuare una operazione di reinvenzione, scrittura, o come direbbe Jeacques Derrida, un processo di archi-scrittura della natura. 
Se si tratta di un andare interiore, il percorso archeologico del Museo diventa possibile terreno di scoperta per muovere i passi verso un’archeologia del pensiero, nel quale le opere d’arte non sono più naturalmente oggetti soggettivati, ma veri e propri sguardi degli autori che (mi) interrogano, che (mi) sollecitano, facendo emergere dai bassifondi della coscienza quei reperti insondabili che sradicano dal vissuto remote impalpabili memorie. Metafora di un “sottomondo” che soggiace brulicante alle pendici della consapevolezza, la Cripta, con le sue tombe e il suo abside a mezzaluna, sottostante la Chiesa di S. Nicola a Cisternino è il luogo silenzioso e atavico in cui l’esperienza si raccoglie e si espande nella dimensione del silenzio e dell’introspezione. 

Un procedere non per sovrapposizioni, ma per alternanza di visioni: le opere sono mondi e paesaggi interiori, relazioni, che svelandosi offrono spazi di possibilità in cui, nel rinnovo dell’incontro con l’altro (altro che sono io, e che riflette una parte di me) è possibile dire “Io”, “Tu”, “Noi”. Questo dire (che poi è un dirsi nel senso di dir-si, dire se stessi con - gli altri, in relazione a - gli altri) non può indagare solo i perché, ma i come dell’esistenza umana, in cui il corpo andante è il farsi parola del pensiero, non tanto in senso transitivo quanto nel senso di “dispositivo sensibile”, in connessione con quelle zone pietrificate che sarebbe opportuno scalfire per arrivare alla fonte sottostante, per scrutare le criticità del presente, per gettare nuove sonde dentro se stessi, e scoprire gli sviluppi degli archetipi culturali, le rigidità dei sistemi di ordine biologico e le manifestazioni sempre più distopiche che incalzano nella realtà contingente. 
In conclusione, il pensiero critico e ancor prima ermeneutico può optare per una dinamica inclusiva che opera su di sé, in un andare e venire a strapiombo, sul margine sive Natura che si affaccia sul proprio abisso, quell’abisso «animale» di cui parla Jacques Derrida. Un andamento rischioso ma inevitabile, che contiene uno slancio non sul tema (natura), ma attraverso il tema; per quel “troppo d’essere” che genera una tensione, in quell’ atto di reciprocità in cui il filosofo parla dell’ abisso che “[…] attrae l’ «io sono» […] con i due bordi, il bordo dell’ «io», e il bordo dell’essere che io sono, prima di tutto perché ciò che qui si chiama «l’abisso animale», non è un buco, una voragine, ma un troppo d’essere e il fatto che ci sia l’essere piuttosto che il nulla […].” 


Testo critico a cura di Serena Semeraro 

*** 

La mostra è promossa dall’Ass. Gruppo Archeologico Valle d’Itria 
Con il patrocinio del Comune di Cisternino 

Collaboratori del Museo: 
Lucio Bracco, Ciccio Carparelli, Nico Giancola, Francesco Loparco, Ottavio Lippolis. 


N A T U R A L I A 
1^ edizione 2019 
OTTO TEMI NATURALINELL’ARTE CONTEMPORANEA 
A cura di Alberto Vannetti 
fino al 30 settembre 2019

ARTISTI 
FabioAlecci Francesco Barilli Gianluca Esposito Marzia Gandini Cristina Mangini Pierpaolo Miccolis Ettore Rosselli Domenico Ruccia 


M.A.A.A.C. 
Museo Area Archeologica Arte Contemporanea 
Gruppo Archeologico Valle d’Itria 
Direttore Prof. Mimmo Tamborrino 
Direzione Artistica Alberto Vannetti 
Piazza Garibaldi 11, Cisternino (BR) 
+39 3805271525 
+39 333 1105808 
maaacisternino@gmail.com

venerdì 2 agosto 2019

Palio in Arte di Vania Elettra Tam



Domenica 11 agosto inaugurerà la personale di Vania Elettra Tam a Castel San Zeno di Montagnana (PD), a cura di Andrea Malaman, che si concluderà il giorno in cui si correrà il "Palio dei 10 Comuni". In mostra sarà presente l'opera realizzata appositamente dall'artista per l'occasione (che rimarrà inedita fino al giorno dell'inaugurazione della mostra) come premio per il vincitore della corsa dei cavalli. Si tratta di un incarico di grande prestigio, visto che nell'albo d'oro di coloro che hanno dipinto in passato il prestigioso Palio figurano artisti del calibro di Pietro Annigoni, Aligi Sassu, Riccardo Licata, Augusto Murer, Giuseppe Santomaso, Tono Zancanaro... solo per citarne alcuni. 

Nelle realizzazioni pittoriche di Vania Eletta Tam, l'ironia e la seduzione delle sceneggiature si sovrappongono ad una velata critica sociale, frutto di uno sguardo sempre lieve, divertito e surreale. Anche quest'opera, che costituirà il premio per il vincitore del Palio, non deroga dalla cifra stilistica dell'artista. Pertanto in questo dipinto, intitolato "ConTAMinAZIONE Vinciana in Palio", Vania ha voluto accentuare gli aspetti anacronistico-surreali della sua ricerca, presenti anche nelle altre opere esposte nella sala Austriaca e realizzate in occasione del cinquecentesimo anniversario leonardesco. Dapprima, intimorita dall’improbo confronto, ha dunque compiuto opere che si richiamavano ai colori di un’ipotetica tavolozza rinascimentale, ma col tempo si è allontanata il più possibile da quel tipo di citazionismo, approdando ad una visione più contemporanea, dal sapore vagamente “pop”, dove le figure sono inserite in campiture geometriche di vari colori, quasi si trattasse dei modelli in carta utilizzati nelle sartorie per realizzare le creazioni di moda. Negli lavori più recenti, inoltre, ha ipotizzato che il grande genio, inventore e soprattutto anticipatore di progetti ormai entrati nell’uso comune, sia di fatto il “padre di tutte le invenzioni”. 

Pertanto, ribaltando la realtà temporale, ha rintracciato in alcuni oggetti di uso quotidiano la matrice leonardesca attraverso sovrapposizioni anacronistiche e surreali. Ad esempio l’uomo vitruviano è messo in parallelo con le forme della moka, così come lo spaccato del sistema circolatorio umano è posto a confronto con quello della caffettiera. Oppure, ipotizzando di trovarci nello studio di Leonardo durante il backstage preparatorio per la realizzazione della Gioconda, ecco che la modella è circondata da uno staff comprendente un’anacronistica parrucchiera armata di asciugacapelli elettrico e un’improbabile aiutante occhialuta che, a sottolineare l’ambiguità di Monnalisa, la sta sbarbando.

Vania Elettra Tam 
Dopo gli studi alla NABA e alla Scuola di Grafica Pubblicitaria del Castello Sforzesco di Milano, lavora come designer nel settore tessile comasco, ma poi lo abbandona per dedicarsi esclusivamente all’arte. La sua scelta viene presto premiata dal Comune di Como, che nel 2005 le organizza al Chiostrino di Sant’Eufemia la prima mostra personale. Numerose le mostre realizzate in seguito in Gallerie d’Arte e in luoghi istituzionali, tra le più importanti va ricordata la sua partecipazione alla 54° Biennale di Venezia - Padiglione Italia diffuso di Vittorio Sgarbi a Palazzo Te di Mantova. Sempre nel 2011 viene invitata da Edoardo di Mauro alla selezionatissima collettiva "Un’altra storia. Arte italiana dagli anni Ottanta agli anni Zero" a San Carpoforo a Milano. L’anno successivo le sue opere volano oltre oceano raggiungendo Cuba alla mostra "Perturbaciones" curata da Silvia Fabbri al Museo Nacinal de Bellas Artes a L'Habana. Nel 2013 Ferdinando Creta la invita come esponente della migliore arte al femminile a "Iside Contemporanea" al Museo Arcos di Benevento. Nel 2016 Franca Marri cura la sua personale “Kanon Regole Ferree” a Trieste, mostra presentata dal critico di fama internazionale Edward Lucie-Smith (noto per aver lavorato a fianco di Francis Bacon). Nel 2016 il Šibenik City Museum le dedica una personale come special guest dell'International Children’s Festival Croato. Nel 2017 al Palazzo della Ragione il Comune di Mantova realizza la sua antologica «conTAMinAzione» a cura di Carlo Micheli. L’edizione del 2017 di Nuvola Creativa Festival delle Arti, le riserva un’intera sala espositiva del MACRO Testaccio di Roma. Nel 2018 partecipa a “Leonardo da Vinci dall'Antico al Moderno" curato da Gian Ruggero Manzoni presso le Scuderie del Castello di Vigevano. Nel 2019 “ConTAMinAzione” viene presentata a Palazzo Ducale di Genova a cura di Virginia Monteverde. Sempre a cura della Monteverde partecipa a “Leonardesca” nelle prestigiose sedi del Museo di Sant’Agostino di Genova e del Castello dei Duchi di Pomerania di Stettino in Polonia. Viene inoltre selezionata da CAB (CairoAmmanBanK) Art Gallery per il 5° Symposium Internazionale ad Amman in Giordania. È stata incaricata da Andrea Malaman, curatore del “Palio in Arte”, di realizzare l’immagine ufficiale del “Palio dei 10 comuni 2019”, nell’occasione viene allestita una sua personale a Castel San Zeno di Montagnana (PD). Le sue opere fanno parte della collezione del Museo Parisi Valle di Maccagno (VA), del Museo di Palazzo Te di Mantova e della Direzione nazionale Cgil di Roma. La sua arte è stata esposta anche a Miami, San Diego, Praga, Londra e Lugano. Oltre alle persone già citate, del suo lavoro hanno scritto anche Ivan Quaroni, Igor Zanti, Alessandra Redaelli, Vincenzo Giulio Farachi, Claudio Rizzi, Carlo Ghielmetti, Sergio Gaddi… Vive e lavora a Milano.titolo: Palio in Arte

artista: Vania Elettra Tam
sede: Castel San Zeno - Sala Austriaca
indirizzo: Piazza Trieste 15, 35044 Montagnana (PD)
curatela: Andrea Malaman
date: 11 agosto - 1 settembre 2019
inaugurazione: domenica 11 agosto ore 11
organizzazione: Associazione del Pailo dei 10 Comuni
patrocinio: Comune di Montagnana
info: www.amartevents.it - info@amartevents.it - 333 8289350
orari: ven.16 - 19 | sab. dom. e festivi 10 - 12 / 16 - 19

giovedì 1 agosto 2019

duemanondue

Rodrigo Blanco, Ragazze in riva al fiume, 2019, olio e matita su tela, 100x120cm

Venerdì 2 agosto alle ore 18 inaugura duemanondue, il progetto espositivo a cura di Milena Becci, con un intervento critico di Valeria Carnevali, ospitato da Ek-statica 2019 con il Patrocinio del Comune di Fano Assessorato alla Cultura. Il percorso si sviluppa in tre spazi della Rocca Malatestiana di Fano e presenta le opere di Rodrigo Blanco, Serena Giorgi con Giulio Perfetti e Marco Puca.

Giunto al suo terzo anno Ek-statica, Festival filosofico-letterario, ha deciso di accogliere l’arte contemporanea all’interno dei suoi luoghi fisici, mentali e visivi creando un ulteriore ponte tra due mondi che da sempre dialogano. La tematica che sarà affrontata durante le conferenze di questa terza edizione è di carattere ontologico-politico, ovvero l’intricata relazione nomotetica che lega il mondo delle cosiddette leggi dell’uomo e le vede anteposte o in contrasto con quelle particolari leggi di natura, aprendo dibattiti circa l’umanità e la sua appartenenza. Quello del rapporto tra Physise Nomosè un argomento spinoso che vede il suo originale conflitto sin dall’alba del pensiero e pone l’interrogativo su cosa rappresenti effettivamente questo nesso chiamando l’uomo all’azione secondo l’una o l’altra visione del cosmo. 

duemanondue tenta di superare questa dualità collegandosi principalmente ad un concetto appartenente alla filosofia orientale secondo il quale Physise Nomos non devono e non possono esser disgiunti. Funi è il termine giapponese che può essere tradotto con due ma non due o non dualità di vita e ambiente secondo il quale l’appoggio indispensabile per gli esseri viventi è proprio l’ambiente fisico che a sua volta trova in essi la sua ragion d’essere. Questo legame è indissolubile e spiega che la vita, con le derivanti leggi attuate dall’uomo, è modellata dall’ambiente, con le proprie leggi della natura, e viceversa. 

Questo tentativo di armonizzazione che sorpassa contrapposizioni e scontri dialogici si ritrova nelle opere degli artisti presenti, Rodrigo Blanco, Serena Giorgi con Giulio Perfetti e Marco Puca, due dei quali hanno lavorato insieme. Rimandi anche numerologici in cui due mani si uniscono ad altre due e collaborano intervenendo su di una stessa opera o si attivano compiendo esclusivamente la propria pur cercando di eliminare quella distinzione tra legge dell’uomo e legge di natura. L’arte le riassume, le unisce attraverso colore, forma, luce e controllo sulla materia che a sua volta guida chi crea. I quattro artisti coinvolti si sono deliberatamente scelti a vicenda e, ciascuno attraverso l’utilizzo del proprio medium, sperimentano un percorso che vuole andare oltre quell’antitesi che è nata nel mondo greco con la Sofistica. 

Rodrigo Blanco attraverso la pittura descrive la nostra contemporaneità presentando creature curiose, senza espressione né identità, che fluttuano in sfondi spesso monocromatici in cui appare possibilità di vita. La natura emerge timida, viene quasi rapita dal contorno ma è vicina all’uomo che diviene concetto. Il corpo si connette allo spazio in cui è presente, solo o in relazione con altri, fermo o in apparente movimento, districandosi immerso in una realtà eterea e luminosa che raggiunge una spiritualità che unisce.

Serena Giorgi e Giulio Perfetti presentano un’installazione realizzata a quattro mani dal titolo Portami a cena. Il tema dell’inquinamento diviene fondamentale presupposto per trattare la fredda separazione tra uomo e ambiente credendo che l’arte sia un catalizzatore di significati che ha in sé la possibilità di trasformare la società. Egoismo e indifferenza sono rappresentati da un grande tavolo, metafora del mare, che accoglie elementi in plastica recuperati nelle acque inquinate e presentati con ineccepibile ordine. Etica ed estetica si fondono per far emergere le contraddizioni del nostro tempo.

Il lavoro di Marco Puca abita un’unica sala in cui è protagonista una seduta appesa a muro e circondata da disegni e acquerelli. Giudizio e tempo si presentano metaforicamente simboleggiati dalla sedia e sono accerchiati da una serie di personaggi che vivono intorno a loro. La materia liquefatta dell’acquerello e dell’inchiostro elimina la contrapposizione tra Physise Nomos e conduce alla riflessione relativa ad un’unica natura in cui tutto è soggetto ad una valutazione saggia o ironica. Il corpo si lega alla vegetazione in una varietà di forme sfuggenti e fantastiche di creature in metamorfosi.

Le tre sale allestite costituiranno un percorso che dal due –Physise Nomos–conduce alla scoperta di quattro artisti interessati a rendere visibile ciò che con la sola parola può solo essere immaginato.

Venerdì 2 agosto, al termine della visita guidata condotta da Valeria Carnevali in occasione dell’inaugurazione della mostra, verrà servito un aperitivo offerto dalla Cantina di Esanatoglia (www.cantinadiesanatoglia.it).


BIOGRAFIE
Rodrigo Blanco nasce nel 1975 a Latina. Trascorre gran parte della sua infanzia con i nonni, e in compagnia degli amici coetanei nelle strade di una periferia di pasoliniana memoria, strappata alla palude. A scuola intraprende lo studio di materie tecniche, nel contempo pratica la disciplina del salto triplo. Saranno entrambe esperienze il cui segno ritornerà in seguito. Durante l’anno della naia scopre la lettura filosofica e attraverso di essa inizia a maturare una visione dell’esistenza al di fuori delle strutture prestabilite. A ventun anni entra a lavorare in una fabbrica metalmeccanica, contemporaneamente prosegue la disciplina del salto triplo che gli fa acquisire una coscienza profonda del proprio corpo e delle possibilità in esso insite: il salto rappresenta un gesto ordinato e nello stesso tempo un atto di liberazione. Nel 2001 giunge ad Ancona, qui guiderà una squadra “rimediaticcia” di operai nei lavori di ristrutturazione del Teatro delle Muse: la tecnica, l’etica e l’estetica troveranno in questa esperienza una sintesi fondante nella sua concezione della realtà. Contemporaneamente inizia a dipingere. Ricerca in questa pratica il ritorno alla libertà del corpo, vi ritrova una sensualità molto vicina a quella della carne e in essa vive l’attimo di sospensione dell’immagine al di sopra del trascorrere tumultuoso del tempo. Aggiornando via via il suo processo pittorico, tiene mostre personali in varie città. Nel 2010, alla Galleria Puccini di Ancona, la personale intitolata “Opere recenti” rappresenta un momento di verifica dopo i preziosi consigli ricevuti da Giovanna Bonasegale. Nel 2012 è la volta di “Umanovacuo”, all’ Università degli Studi di Trieste, nell’ambito della rassegna curata da Marcello Monaldi; al 2013 risale la mostra dal titolo “Guardiani e figure involute nello spazio” tenuta alla Galleria Studio d’Arte Andromeda di Trento, in cui fa coppia con Francesco Lozzi. Particolarmente significativa nel 2014 è le personale “Cieli, display e Lacrima di Morro D’Alba” presentata da Marvi Maroni alla Galleria Puccini di Ancona e “Segnali residui progressivi” curata da Marianna Cozzuto allo Spazio Comel di Latina. Sempre nel 2014 fonda con Marvi Maroni e Francesco Colonnelli l’Associazione “Ginolimmortale” che mette insieme artisti ed intellettuali anconetani ispirati alla vita e all’opera di Gino De Dominicis, con l’obiettivo di elaborare percorsi di analisi dell’estetica contemporanea e realizzare produzioni artistiche collettive di natura interdisciplinare. Nel 2016 intraprende una proficua collaborazione con il gallerista Alessandro Leanza ed allestisce vari interventi presso la galleria di quest’ultimo, il Laboratorio 41 di Macerata. Le tematiche delle sue molteplici espressioni riguardano la pluralità dei significanti nella realtà della rete connettiva (reti di esseri umani) e il principio di atemporalità ritracciabile in figure e forme ibride e combinate. Il 2017 è l’anno della mostra “Forma non forma” al Laboratorio 41, presentata da Paola Gennari, che riassume e rappresenta le tematiche suddette. Agli inizi dell’anno seguente conosce il semiologo Gabriele Perretta, già teorico del Medialismo, con cui stringe un’autentica amicizia intellettuale. E’ con lui che avvia una ricognizione sulla possibilità di esprimere in pittura la poetica del distante, che si compie sul finire del 2018 con la mostra intitolata “D[‘]i-stante” (Accademia della Loggia di Ancona - catalogo edito da Affinità Elettive).

Giulio Perfetti (Macerata, 1968) e Serena Giorgi (Cecina,1969) sono ricercatori inquieti e coraggiosi. Da un incontro casuale è nato un progetto di collaborazione artistica fatto di ascolto e di scambio, di contaminazione continua di idee e sensibilità. Ne è nato un sodalizio che è prima di tutto unione di due persone che sanno dialogare con rispetto e che mettono a disposizione del pubblico il loro sguardo. Curioso e attento. Originale e ancora puro. Espressione di un’umanità delicata e rara. Con questo atteggiamento umile e poetico (e dunque anche rivoluzionario) rendono accessibili cose, oggetti, particolari apparentemente invisibili o insignificanti, offrendo loro una nuova luce e quasi rivelando la loro anima interiore e nascosta. In questa prospettiva, il loro cammino artistico è alimentato da una autentica tensione verso la conoscenza. Un percorso di arricchimento interiore per superare i limiti e spostare l’orizzonte del conosciuto in avanti. Verso una dimensione intima, che rappresenta un orizzonte di libertà rispetto ai vincoli della vita quotidiana. Le idee iniziano così magicamente a prendere forma. Ad abitare grandi fogli, dove dipingono, disegnano, scrivono. Scarabocchiano e cancellano. Delineando un itinerario mentale che fa lievitare la loro immaginazione. Una via di fuga, che rappresenta anche un’alternativa esistenziale di libertà. Insieme hanno realizzato: “Les possibilitès – labirinti mentali” (Centro di Formazione Arti Visive Cecina – Luglio 2018), che è il racconto di questo percorso fianco a fianco, un viaggio tra smarrimenti e sorprese che prefigura la grande avventura dell’esistenza, e “Portami a cena”, un’opera installativa dedicata ai grandi temi dell’ambiente (Fuori Salone, Milano, Panoramix – Aprile 2019) che comunica la loro visione dell’arte come catalizzatore e strumento di trasformazione della società.

Marco Puca è nato nel 1973 ad Ancona, dove vive e lavora. Si è diplomato all'Istituto d'Arte “Edgardo Mannucci” e nel 1999 all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Nel 1994 ha vinto il Primo Premio, sezione disegno, ad “Arte Viva Senigallia” a cura di Omar Galliani. Tra i maestri che hanno accompagnato la sua formazione artistica: Elio Marchegiani, Omar Galliani, Bruno Ceccobelli e Gian Ruggero Manzoni. Armando Ginesi, Massimo Raffaelli e Gabriele Bevilacqua sono alcune dei quali si sono occupati del suo lavoro. Ha esposto in numerose città tra le quali Milano, Pescara, Pesaro, Ancona, Bologna, Vladikafkaz (Russia), Cortona e Roma. Tra le sue ultime mostre: del 2018 “Io bugiardo quanto una molecola” al Tomav di Moresco, con un testo di Gabriele Bevilacqua; del 2017 “Magnitudo di uno sguardo”, a cura di Umberto Palestini, alla Pinacoteca Civica di Ancona “F. Podesti”; nel 2016 ha partecipato a “Palazzo Canova Open Day”. 


Titolo: duemanondue
Artisti: Rodrigo Blanco, Serena Giorgi / Giulio Perfetti, Marco Puca
A cura di: Milena Becci
Intervento critico: Valeria Carnevali
Luogo: Rocca Malatestiana, via della Fortezza, Fano (PU)
Opening: venerdì 2 agosto 2019 ore 18
Durata: dal 2 al 4 agosto 2019
Orari di apertura: ore 18-24
In collaborazione con: Ek-statica Festival 2019
Patrocinio: Comune di Fano Assessorato alla Cultura 
Sponsor tecnico: Cantina di Esanatoglia

Info:
web-site_ www.ek-statica.org
e-mail_info@ek-statica.org
tel_331 8345710


pubblica: