giovedì 28 dicembre 2017

Nel Segno della Comunicazione dell’Arte #1


Venerdì 29 dicembre 2017 alle ore 15.00 presso la Sala Tosti – Aurum – Pescara (Largo Gardone Riviera) avrà luogo Nel Segno della Comunicazione dell’Arte primo d’una serie d’incontri, che continueranno nel 2018, promossi dalla Rivista Segno dedicati al tema del giornalismo e della critica d’arte. Segno Attualità Internazionali d’Arte Contemporanea, fondata a Pescara nel novembre 1976 da Lucia Spadano e Umberto Sala, annoverata fra i più autorevoli prodotti editoriali di settore, dopo oltre quarant’anni di attività ritiene fondamentale interrogarsi, attraverso le voci di accreditati professionisti, sul ruolo del giornalismo e della critica d’arte in Italia oggi, e su come esso sia cambiato in quasi mezzo secolo dalla carta stampata all’espansione in rete.

In questo primo incontro sono chiamati a dialogare raccontando la propria esperienza, la giornalista Jolanda Ferrara storica firma del quotidiano «il Centro» di Pescara e collaboratrice di varie testate on-line; Alessandra Angelucci, giornalista e critico d’arte, ha collaborato per anni con il quotidiano «La Città» della provincia di Teramo (Pagina Cultura) e condotto la rubrica radiofonica "Colazione da Alessandra" sull'emittente Radio G. Attualmente scrive di arte contemporanea per «Exibart» e dirige la collana "Fili d’erba" per la Di Felice Edizioni, con cui ha di recente pubblicato Il rovescio delle lettere. Interviste e ricordi; Antonio Zimarino curatore d’arte e saggista è autore di vari volumi sull’arte fra i quali La spiritualità nell'arte. Guida alla lettura dell'arte contemporanea, Diogene Multimedia 2015 e per la stessa casa editrice l’appena uscito Sulla Brevità oltre che di Al riparo dal pensiero Funzioni, ruoli e processi nella percezione dell'arte contemporanea, Editore Tracce del 2007, infine è presente all’incontro Massimo Mazzone, artista e attivista, esprime con regolarità le proprie opinioni su varie e diverse riviste di settore.

Introduce all’incontro Roberto Sala direttore artistico della Rivista Segno, coordinato da Maria Letizia Paiato capo-redattore della stessa.

L’eterogeneità dei profili dei professionisti, di volta in volta chiamati a raccontare il proprio mestiere, rappresenta l’altrettanta trasversalità su cui si fonda oggi questo lavoro. Tali interventi saranno raccolti in una successiva pubblicazione sull’argomento.
Nel Segno della Comunicazione dell’Arte è un progetto ideato e a cura della Rivista Segno in collaborazione con l’Associazione Yoruba::diffusione arte contemporanea.

mercoledì 27 dicembre 2017

Jernej Forbici. Welcome to the final show


Nascere in una terra contaminata può portare alla resa o all’impegno: JERNEJ FORBICI ha scelto la seconda via. Nato nel 1980 in Slovenia, vicino a Kidričevo, una cittadina industriale in cui si produce alluminio e oggi circondata dalle discariche di rifiuti tossici, Forbici ha deciso di usare la pittura come forma di denuncia, narrando su tela la lotta di resistenza che la natura compie per rigenerarsi ed esser vitale.

Le opere inedite selezionate per la mostra personale alla galleria PUNTO SULL’ARTE di Varese – VERNISSAGE SABATO 14 GENNAIO 2018 h 18-21 – saranno divise in due spazi espositivi distinti perché narrano, anche cronologicamente, un prima e un dopo: l’attualità del paesaggio, già compromesso dai comportamenti umani, e un futuro in cui fauna e flora potrebbero esser solo un ricordo visibile “sottovetro”.
La laurea all’Accademia di Belle Arti di Venezia porta l’artista ad assimilare codici e canoni espressivi dell’arte paesaggistica italiana dell’ ‘800, mutandone una certa malinconia. La sua personale sensibilità lo spinge però a ritrarre paesaggi meravigliosi solo in apparenza dai quali, ad una seconda lettura, emerge qualcosa di più profondo: le terre, le acque, i cieli sono infatti protagonisti di un’eco-denuncia. Gli stessi elementi – sabbia, terra, segatura – sono imprigionati nelle pennellate rendendo l’opera materia e il messaggio più incisivo.
La personale da PUNTO SULL’ARTE, visitabile fino al 17 Febbraio, si colloca in un excursus espositivo di grande pregio: Jernej Forbici, che vive e lavora tra l’Italia e la Slovenia, ha preso parte a eventi artistici e mostre in tutto il mondo: Stati Uniti, Canada, Argentina, Cile, vari paesi d’Europa e più volte è stato invitato alla Biennale di Venezia.
Al di là della professione artistica, Forbici sente l’obbligo morale di sensibilizzare sui temi dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente. Per questo motivo le sue opere sono da considerarsi forme di attivismo contro l’irreversibilità dei danni che gli esseri umani possono infliggere alla terra.

JERNEJ FORBICI: Nasce a Maribor (Slovenia) nel 1980. Ha studiato al College for Visual Arts di Lubiana. Si è Laureato con lode in Pittura con il professor Carlo Di Raco, all'Accademia di Belle Arti di Venezia, cui è seguita la Laurea specialistica in arti visive e discipline dello spettacolo.
Dal 1999 il suo lavoro è presente in numerose mostre personali e collettive in diversi stati europei, negli Stati Uniti, Canada, Argentina e Cina. È stato invitato a partecipare alle Biennali: Hicetnunc, Pordenone (2003), IBCA Biennale internazionale d'arte a Praga, Padiglione tedesco (2005), Accade, 51°Biennale di Venezia (2007), 53° Biennale di Venezia, Padiglione Italia – Accademie (2011).
Nel 2009 la stessa Accademia di Belle Arti di Venezia ha dedicato a Jernej Forbici una retrospettiva ai Magazzini del Sale, curata da Carlo Di Raco. Nel 2011, dopo aver pubblicato la sua prima monografia e presentato cinque retrospettive in Italia e Slovenia, è stato invitato a partecipare alla mostra Il fuoco della natura a Trieste. Nel 2012 vince una borsa di studio dal Ministero della Cultura Sloveno e viene invitato in residenza a Londra, dove si dedica allo studio dei maestri inglesi. Dal 2013 al 2017 ha presentato diversi progetti in gallerie private e Istituzioni pubbliche in Italia e all’estero (Venezia, Varese, Milano, Latina, Piacenza, Montesarchio, Vienna, Maribor e Lussemburgo) dove Forbici ha presentato lo sviluppo del proprio lavoro pittorico e della propria personale ricerca artistica, che l’ha visto in prima linea protagonista e regista delle mutazioni del paesaggio inteso come evoluzione della vita moderna, della terra manipolata, distrutta e violentata quale risultato della nostra cultura, civiltà e storia. Nel 2017 ha realizzato, tra gli altri, il progetto Auri sacra fames esposto alla Galleria Romberg di Latina dove ha rappresentato la radice del suo messaggio di oggi: l’incoscienza della responsabilità umana verso il luogo (terra) che ci ospita e nutre. I suoi lavori sono al centro dell’interesse del sistema dell’arte internazionale tanto che ad oggi sono presenti in molte mostre, fiere, istituzioni e collezioni. Attualmente vive e lavora tra Kidričevo, Ptuj (Slo) e Vicenza.


JERNEJ FORBICI
Welcome to the final show
a cura di Ermanno Tedeschi


Vernissage: SABATO 13 GENNAIO 2018, dalle ore 18 alle 21
Periodo: 14 Gennaio – 17 Febbraio 2018
Luogo: PUNTO SULL’ARTE, Viale Sant’Antonio 59/61, Varese
0332 320990 I info@puntosullarte.it
Orari: Martedì - Sabato: h 10-13 e 15-19; Domenica 14 e 21 Gennaio h 15-19
Catalogo: con testo critico di Ermanno Tedeschi

pubblica: 

CIRCULATION(S), YOUNG EUROPEAN PHOTOGRAPHY FESTIVAL


The Circulation(s) 2018 festival
will take place from March 17th to May 6th 2018 at CENQUATRE-PARIS

The patron of this edition is Susan Bright, curator, teacher and recognized author, of English origin.

This year, the Ukrainian Rodovid Gallery and the Moscow School “Rodchenko Art” will be invited, in addition to the invited artists and the selection of the Jury.

Here the list of all the artists present at the 2018 edition:

Baker-Smith Susannah
Ballard Murray
Berahman Farhad
Berto Giulia
Bonnin Julien
Boiron Lucile
Bucan Vanja
Catastini Francesca
Calo Alessandra
Chapillon Clément
Coll Tomeu
Collectif Defrost
Crestani Arthur
Crona Karin
Egli Thomas
Ehrenstein Anna
Gasparotto Lara
Gesicka Dominika
Gorospe Jon
Guyot Fabrice
Haser Alma
Hebert Guillaume
Helmer Judith
Herfort Frank
Kamennoy Sergey
Kurz Karina-Sirkku
Leydier Elsa
Leveque Camille
Loder Boris
Mano Charlotte
Marc Sandrine
Moldes Maria
Pastureau Lucie
Poliakov Viacheslav
Quail Louis
Roppel Jewgeni
Romero Almudena
Samolet Igor
Stehli Angélique
Struengmann Fiona
Susiraja Iiu
Subach Olena
Thomassin Billie
Tullen Jeanne
Tussore Emmanuel
Veber Arnold
Vorobyova Olga
Wierzbowski Lukasz
Woodson Rachael

here for details: The Circulation(s)

sabato 23 dicembre 2017

Johanna Billing. 15 Years of You Don’t Love Me Yet, 2002-2017

Courtesy the artist and Laveronica arte contemporanea

Durante il live tour di You Don’t Love Me Yet (2002—2017) musicisti locali, in 26 diverse città sono stati invitati a realizzare la cover dell’omonima canzone d’amore del 1984 scritta dal canta-autore texano Roky Erickson. Attraverso diversi tipi d’interpretazione, ogni versione rifletteva lo stile personale dei partecipanti. Presso il Teatro Garibaldi di Modica nel pomeriggio del 30 Dicembre, Johanna Billing con la galleria Laveronica organizzerà un concerto che celebrerà i quindici anni del progetto con quindici nuove cover messe a punto da musicisti e cantanti locali che si avvicenderanno senza interruzione sul palco. La performance sarà accompagnata da una documentazione d’archivio dei precedenti eventi, ciò includerà circa 300 diverse cover che saranno in mostra presso la galleria Laveronica.

Laveronica Arte Contemporanea è lieta di presentare la mostra di Johanna Billing 15 Years of You Don’t Love Me Yet, 2002-2017. La mostra ripensa al progetto nel quale le cover sono state utilizzate come stimolo per esplorare modi in cui l’originalità e l’integrità artistica sono rispettate sia ad un livello collettivo che individuale. L’ambivalenza della canzone d’amore è stata utilizzata simultaneamente per analizzare l’incerta relazione tra musica e arte. La prima versione di You Don’t Love me Yet ha avuto luogo a Stoccolma nel 2002 presso Index– The Swedish Contemporary Art Foundation durante la quale sono state eseguite 21 diverse versioni, ciò si è trasformato in un micro-momento che si ripeteva e in un ritratto di tempo e spazio. Ciò che era iniziato come singolo evento locale è presto diventato un fenomeno internazionale che altre comunità musicali hanno voluto condividere.  L’evento della performance iniziale nasceva dal tentativo di articolare delle osservazioni che Johanna Billing aveva sulla società Svedese a quel tempo [laureandosi alla scuola d’arte alla fine degli anni novanta]. Uno stimolo verso l’individualismo e l’indipendenza avevano forgiato le norme sociali, le convenzioni e i desideri. L’ambivalenza dei temi che è fondata sulle relazioni, o sulla collaborazione è stata forse anche un rifiuto del collettivismo che ha caratterizzato probabilmente il recente passato sociale svedese. La stessa Billing proviene da una pratica artistica ibrida, fortemente coinvolta nella scena musicale indipendente come scrittrice, arrangiatrice, DJ avendo gestito nello stesso tempo la sua casa discografica make it happen (1998–2010). L’aspetto organizzativo del progetto, lavorare con i musicisti sulle parole della loro musica, è servito come chiave del lavoro ed ha innescato una risposta che riflette sul crescente interesse nel mondo dell’arte per le performance musicali alle inaugurazioni nelle gallerie e per movimentare il contesto istituzionale.

L’aspetto pratico del tour ha creato una collaborazione tra promotori di musica locale e istituzioni artistiche in maniera da investigare e mettere in questione le gerarchie dei diversi ambienti così come i loro rispettivi sistemi di produzione, valutazione e attese del “contenuto artistico”. Gli oltre quindici anni, la costante ripetizione e produzione, da Stoccolma a Toronto passando per Madrid, ha dimostrato un insaziabile appetito per la collettività, per le discussioni pubbliche che hanno incluso sia amatori che musicisti professionisti di tutte le età, mettendo in pratica il format della band in tour dove performance senza limiti sono le benvenute in disaccordo invece con il prestigio e la rarefazione spesso offerta dal contesto delle arte visive.

Per celebrare le molteplici vite del progetto, sarà lanciato, durante la mostra a Modica, un archivio online che renderà accessibile a tutti i video delle performance e sarà così un punto di riferimento.


Johanna Billing, è nata nel 1973 a Jönkoping, Svezia. Ha frequentato la Konstfack, International College of Arts, Crafts and Design, a Stoccolma dove ha vissuto e lavorato con video, film e performance dalla sua laurea nel 1999. Recenti mostre personali: Keeping Time, Villa Croce (2016), Pulheim Jam Session, Glasmoog, Cologne (2015), I’m Gonna Live Anyhow until I Die, The Mac, Belfast (2012). Billing ha partecipato a mostre di ricerca come The Off Biennale Budapest, (2017), 4th Auckland Triennial, Auckland (2010), Documenta 12, Kassel (2007); Singapore Biennale (2006), 9th Istanbul Biennial; 1st Moscow Biennale (2005) e la 50th Venice Biennale (2003).


Johanna Billing
15 Years of You Don’t Love Me Yet, 2002-2017
Opening sabato 30 dicembre 2017, 19:00
30.12.17 – 15.03.18


a r t e c o n te m p o r a n e a
via grimaldi, 93
97015 modica (rg)
t. +39 0932948803



pubblica: 





MEMORIE#ESTASI. Installazione Tour specific di Paola Romoli Venturi

Paola Romoli Venturi_MEMORIE: MAIN MEMORY, BY HEART, PAR COEUR. Installazione tour specific negli Appartamenti privati Doria Pamphilj_photo credits Marcello Leotta

Apre al pubblico l’appuntamento conclusivo del tour specific dell’installazione MEMORIE: MAIN MEMORY, BY HEART, PAR COEUR. di Paola Romoli Venturi, che sarà in mostra presso gli appartamenti privati del Palazzo Doria Pamphilj a Roma fino al 7 gennaio 2018.

Un viaggio, un tour specific, iniziato a marzo dalla piazza della Chiesa di Santa Maria in Cappella a Roma, riaperta in occasione della festa della patrona Santa Francesca Romana e della mostra itinerante MEMORIE#ESTASI, a cura di Don Massimiliano Floridi, proseguito durante l’estate presso la Villa del Principe-Palazzo di Andrea Doria a Genova, nel Castello di Dolceacqua (Im), e nei Chiostri di Santa Caterina a Finale Ligure (Sv). Tornata a Roma, l’installazione in marmo e acciaio specchiante dell’artista Paola Romoli Venturi, dialogherà in modo assolutamente unico con la collezione Doria Pamphilj, che per la prima volta si apre all’arte contemporanea, trasportando il visitatore in una dimensione intima e atemporale. L’opera è stata commissionata all’artista romana da Lucia Viscio, imprenditrice e Past-President Rotary Club Roma Cassia, per poi essere donata al Trust Floridi Doria Pamphilj, per celebrare il centenario della Fondazione Rotary con la mostra itinerante MEMORIE#ESTASI, promossa dagli stessi enti e iniziata presso il polo culturale dell’Ospitale della Fondazione Santa Francesca Romana a Roma. L’installazione è stata realizzata dall’artista rispettando le caratteristiche di tutte le location in cui sarebbe stata installata durante il suo tour specific, prima di arrivare alla sua collocazione definitiva nella Cappella Floridi a Campocatino, Guarcino (Fr).

«Dopo il suo lungo viaggio MEMORIE: MAIN MEMORY, BY HEART, PAR COEUR viene collocata non a caso nella Sala Azzurra degli appartamenti Doria Pamphilj – afferma Don Massimiliano Floridi – originaria camera da letto dei coniugi, come dimostra un’incisione del 1862. A condividere lo spazio con quest’opera è la parte più intima della nostra collezione, composta dai ritratti di famiglia, che si rifletteranno sulle superfici dell’installazione, ispirata all’amore e alla carità».

MEMORIE: MAIN MEMORY, BY HEART, PAR COEUR. nasce da una pietra trovata alle cave di Carrara, piena di segni e di storia, un reperto che ricorda nella forma il muscolo cardiaco e che l’artista battezza come MAIN MEMORY. La pietra è stata scansionata in 3D, al fine di realizzarne delle copie: la prima, BY HEART è realizzata dal robot in Rosso di Francia Languedoc, su una pietra prescelta. La pietra è stata lasciata così come la macchina l’ha ricordata “by heart”. La seconda, PAR COEUR, copia realizzata in Statuario Carrara Bianco puro, è stata levigata, smussata, modellata e cerata dall’artista “par coeur”. Sulla sua superficie sono stati rilasciati pensieri e suggestioni, sono state enfatizzate alcune tracce lasciate dal robot, trasformandole in fendenti e spine intrecciate. «Le tre pietre sono posizionate su un’ara in acciaio inox dalla superficie specchiante – spiega Paola Romoli Venturi – in modo che le ‘memorie’ della natura si riflettano e raddoppino, creando un rapporto intimo con lo spazio circostante e con l’osservatore che guardandole si vede riflesso insieme allo spazio e alla sua storia. In ogni luogo dove saranno esposte, le ‘memorie’ si rigenereranno di nuovi riflessi». Il gioco di riflessi si riverbera anche nelle parole incise sulle pietre. La pietra originale MAIN MEMORY è riprodotta “a memoria”: by heart e par coeur, rispettivamente la traduzione in inglese e in francese della frase idiomatica “a memoria”.

MEMORIE: MAIN MEMORY, BY HEART, PAR COEUR. di Paola Romoli Venturi sarà la prima opera ad entrare nella collezione di Arte contemporanea Floridi Doria Pamphilj che sarà collocata a Campocatino, Guarcino (Fr). Al fine di accrescere negli anni la nuova collezione è stato istituito il premio MEMORIE#. Un’opportunità per tutti gli artisti contemporanei di entrare in una prestigiosa collezione. Il tema scelto dai mecenati Don Massimiliano Floridi e Lucia Viscio, sostenitrice del progetto, insieme al Comitato Scientifico del Premio (Alessandra Mercantini, Paola Romoli Venturi, Angelandreina Rorro, Laura Stagno, Maurizio Vinciguerra) per questa prima edizione è MEMORIE#CONFRONTI, di cui proprio in questi giorni si sapranno gli esiti. La sfida del Trust Floridi Doria Pamphilj non è solo preservare una delle più prestigiose collezioni di arte antica, ma anche aprirsi all’ arte contemporanea, chiamata a far parte di questa tradizione secolare.

La mostra MEMORIE#ESTASI è stata realizzata grazie al contributo di Viscio Trading, Banca di Credito Cooperativo di Roma e Rotary Club Roma Cassia. 

Paola Romoli Venturi è nata a Roma, dove vive e lavora. La sua ricerca artistica è legata al valore della trasparenza come mezzo per comunicare. ‘La trasparenza e la sospensione predispongono il visitatore a “guardare attraverso”, a non distogliere lo sguardo ad osservare le cose per riflettere’ questo il pensiero ispiratore delle sue performance e installazioni esposte in Italia e all’estero. Nel suo lavoro tocca temi sociali, creando spazi disegnati da luci ombre e suoni, utilizzando diversi mezzi espressivi pittorico scultorei, video audio ed installazioni site specific performative. Tra i suoi progetti: Traspaquadri (2004/2006), mOlecOle e madre natura (2007), instant art_vedova di guerra_Alessandra (2008), La Sentenza_Das Urteil (2009/2010), instat art_SI=NO (2011) PTV_ Paola Trash Vortex (2012/2016) SALVA LA TUA BALENA! (2013/2016) MANTRAreading (2015/2016) WE(2016) Caos, caso, osa, sa, o. (2016) MEMORIE (2017). Attualmente lavora al progetto ROVESCIARE e alla rassegna transfusioni. 


Vademecum:
Mostra: Memorie#Estasi – installazione Tour specific di Paola Romoli Venturi
Periodo: 19 dicembre 2017 – 7 gennaio 2018
Curatore: Don Massimiliano Floridi
Luogo: Palazzo Doria Pamphilj - appartamenti privati - via del Corso, 305 Roma 
Inaugurazione: lunedì 18 dicembre ore 18:30. Solo per l’inaugurazione del 18 dicembre si entrerà da Piazza del Collegio Romano 2
apertura da Martedì a Domenica
orario 10.00/19.00 ( ultimo ingresso ore 18.00)
chiuso tutti i Lunedì, il 25 dicembre,il 1 gennaio
chiusura anticipata il 24 dicembre alle ore 17.00 (ultimo ingresso ore 16.00)
Info tel: 331 1641490
Biglietto intero €8.00
Biglietto ridotto €6.00 (under 26 over 65 e gruppi da 15 persone in su)
Testo critico in catalogo: Angelandreina Rorro 
Organizzazione: Trust Floridi Doria Pamphilj


Ufficio Stampa di Memorie#Estasi – installazione tour specific di Paola Romoli Venturi:
Chiara Ciucci Giuliani mob. +39 3929173661 - chiaracgiuliani@gmail.com
Antonella Liucci mob +39 3881707863 - antonella.liucci@gmail.com

martedì 19 dicembre 2017

MONDI FANTASTICI



Giovanni Robustelli - Anguilla 2012 

Il Comune di Ragusa in collaborazione con l’Associazione Aurea Phoenix e il Magazine Frattura Scomposta organizza la mostra "Mondi Fantastici" dal 20 dicembre 2017 al 24 febbraio 2018 presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, museo d'arte contemporanea Palazzo Zacco di Ragusa.


La rassegna, a cura di Andrea Guastella e Sergio Curtacci, intende riflettere sugli infiniti mondi, a cavallo tra la realtà e il sogno, evocati dall’immaginazione degli artisti: “Mondi fantastici".
Realtà parallele a volte insolite, altre identiche alla nostra se non in ragione di un quid impercettibile che, modificandole, le rende differenti. Fantastici mondi sono i sogni, ma a volte anche le fedi, le credenze sui costumi e sulle origini del cosmo che gli uomini professano sin dai tempi antichi: un sogno composto da più sogni così inspiegabilmente coeso da fungere da sfondo alle esistenze individuali. Posto che i mondi fantastici riflettono il reale, ma non c’è alcun obbligo in tal senso, spesso in essi le leggi della plausibilità sono ignorate. Tutti gli eventi che non si sono mai svolti e mai si svolgeranno vi accadono liberamente. Tutte le idee vi hanno cittadinanza, tutte le aspirazioni.
Prima fra tutte la certezza – così stranamente radicata negli artisti – che il vero, il bello, persino ciò che è buono siano oggetto di invenzione”.

Estremamente significativa la rosa degli artisti invitati: Calusca, Elisa Anfuso, Giovanni Robustelli, Ilaria Del Monte, Miriam Pace, Momò Calascibetta, Sergio Padovani, Vania Elettra Tam, Vanni Cuoghi.

MONDI FANTASTICI
Palazzo Zacco
Via San Vito 158 - Ragusa 
a cura di Andrea Guastella e Sergio Curtacci

inaugurazione mercoledì 20 dicembre ore 18.00
20 dicembre 2017 - 24 febbraio 2018

orari: 
da martedì a sabato 8.30/14.00 - 15.00/18.00 
chiuso lunedì, domenica e festivi
ingresso libero
catalogo in mostra




lunedì 18 dicembre 2017

Citazioni pratiche. Fornasetti a Palazzo Altemps

In occasione della celebrazione del ventennale dell’apertura al pubblico, il Museo di Palazzo Altemps ospita la mostra "Citazioni pratiche. Fornasetti a Palazzo Altemps".

La collezione di sculture e gli spazi di Palazzo Altemps si confrontano con le ventisette incursioni artistiche realizzate da oltre ottocento pezzi di Fornasetti. Di sala in sala i temi del classico, delle rovine e delle antichità, rimandano a uno scambio a tratti spiazzante e irriverente, colto e sapiente, tra la collezione permanente di arte antica del Museo e le creazioni nate dall’immaginazione sfrenata e dall’invenzione surrealista di Fornasetti.

Disegni, mobili, accessori ripercorrono la produzione dell’Atelier Fornasetti, dagli anni Trenta a oggi, rivelandosi come qualcosa di più di semplici oggetti decorati: “un invito alla fantasia, a pensare”, come raccontava lo stesso Piero, fondatore dell’azienda. Un viatico per l’immaginazione, che riconduce all’anima originaria di Palazzo Altemps.

L’intervento espositivo ha origine da una riflessione di Barnaba Fornasetti, Direttore artistico dell’Atelier Fornasetti, e di Valeria Manzi, consulente per i progetti culturali, su un confronto serrato tra antico, moderno e contemporaneo. La curatela è di Silvana Annicchiarico, Direttore del Triennale Design Museum, e di Alessandra Capodiferro, Responsabile del Museo di Palazzo Altemps.
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

"Citazioni pratiche" Fornasetti a Palazzo Altemps
dal 16 dicembre 2017 al 6 maggio 2018
Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps (Roma)


Ⓕ/Ⓘ/Ⓣ @PalazzoAltemps 

Ⓕ/Ⓘ/Ⓣ @ElectaEditore 

Ⓕ/Ⓘ @FornasettiOfficial

giovedì 14 dicembre 2017

Four Directions

Ivan Grubanov | Out of Many One People / 2015 / Oil and smoke on embroidered canvas / 150x120 cm

aA29 Project Room è lieta di inaugurare il nuovo spazio espositivo di Caserta con la mostra Four Directions, che raccoglie opere di Nemanja Cvijanović, Ivan Grubanov, Patrizia Posillipo e Sasha Vinci. L’esposizione, curata da Daniele Capra, sintetizza i principali campi d’indagine della galleria e traccia una prospettiva riguardo all’analisi storico-sociale, politica ed antropologica che aA29 Project Room sta conducendo.

Il trasferimento presso la nuova sede risponde alle mutate esigenze espositive, che sono state stimolate da un’evoluzione della galleria e dalla necessità di sviluppare progetti ancora più ambiziosi. In particolare gli spazi in Via Filippo Turati, collocati in un palazzo di fine Settecento, permettono la realizzazione di mostre più articolate e consentono inoltre di ospitare delle residenze degli artisti con cui la galleria collabora. “Sono molto orgoglioso di questo ulteriore passo – confida il direttore Gerardo Giurin – che fa seguito al nostro lavoro sulla città e ai primi riconoscimenti dell’attività svolta in campo nazionale”.

Four Directions raccoglie le opere di quattro autori il cui lavoro ha una stretta attinenza agli aspetti politici del fare arte, in particolare rispetto alle categorie della storia, dell’antropologia, dell’ambiente, della partecipazione e della critica sociale. Ciascun artista, cui è affidata una stanza all’interno degli spazi della galleria, evidenzia agli occhi dello spettatore una particolare sensibilità capace di delineare un universo espressivo personale. La mostra è congegnata infatti in maniera tale che il visitatore possa percepire quattro universi in una condizione non dissimile da quella di un cammino intrapreso verso quattro strade che portano in differenti direzioni.

Le opere di Nemanja Cvijanović, sovente ironiche, nascono dalla consapevolezza della condizione di sottomissione umana e democratica cui ci ha piegati il capitalismo più estremo e dal tentativo di raccontare la possibiltà di una piccola utopia, di suggerire un tentativo di insubordinazione verso il sistema che è spesso a portata di mano.
La ricerca di Ivan Grubanov mette a confronto la storia, i suoi simboli ed i suoi vessilli, con la circostanza problematica del nostro presente. In particolare Grubanov analizza e problematizza la nostra condizione argomentando come le narrazioni main stream siano incomplete, inautentiche o completamente fasulle.
Le fotografie di Patrizia Posillipo propongono delle dettagliate analisi sociali ed antropologiche degli spazi urbani, delle persone, ma anche del corpo e delle modalità di vita degli esseri umani. Con una forte carica poetica, i suoi scatti raccontano i lati più nascosti e più intimi di un mondo verso cui non prestiamo attenzione.
La pratica artistica di Sasha Vinci, che spazia dal disegno alla scultura, dalla fotografia alla performance, si sviluppa sovente a partire dagli eventi della storia recente e della cronaca. Le sue opere sono caratterizzate da una sensibilità verso i temi sociali ed ambientali, di cui l’artista amplifica le problematicità e gli elementi più critici.


Nemanja Cvijanović
Ivan Grubanov
Patrizia Posillipo
Sasha Vinci

Four Directions
a cura di Daniele Capra
vernissage 15 dicembre ore 19 (solo su invito, RSVP)
16 dicembre 2017 – 25 febbraio 2018

orari di apertura della mostra:
mer-ven, 17 - 19.30
sabato 10.30 - 12.30 / 17 -19,
o su appuntamento

aA29 Project Room Caserta
Via Filippo Turati 19
81100 Caserta
info@aa29.it
+39.329.8589624

LE MUSE DEL QUADRARO


    Massimo Ruiu, LIGHEA, 1996       

    Francesca Romana Pinzari, NIKE, 2013

LE MUSE DEL QUADRARO
MOSTRA COLLETTIVA


Opere di Justin Bradshaw, Giulio Catelli, Franco Cenci, Tiziana Cera Rosco, Pierluca Cetera, Sabino de Nichilo, Giulia Del Papa, Stefania Fabrizi, Giovanni Gaggia, Massimo Livadiotti, Pierpaolo Miccolis, Riccardo Monachesi, Gonzalo Orquín, Gianluca Panareo, Francesca Romana Pinzari, Andrea Romagnoli, Massimo Ruiu, Beppe Stasi

A cura di Francesco Paolo Del Re

Roma, Casa Vuota (via Maia 12, int. 4A)
15 dicembre 2017 – 7 gennaio 2018

· Venerdì 15 dicembre, ore 18.30: inaugurazione della mostra

· Domenica 17 dicembre, ore 18: letture di poesie letture sul mito di Luigia Sorrentino, Simone Di Biasio, Claudio Damiani, Sonia Gentili, Rachel Slade, Bianca Sorrentino, Francesco Paolo Del Re 


Plutone e Proserpina seduti in salotto, Cassandra pensosa, i muscoli di Ercole tesi nella lotta, un Marte bambino, Edipo scandaloso e Narciso floreale, Prometeo portatore di luce e un Adone silvano, la triplice Ecate, il filo di Arianna che arriva alle stelle, il cuore alieno dell’Idra di Lerna, Icaro alla finestra, Tantalo legato davanti al frigorifero, il ratto delle Sabine, una Nike alata fatta di capelli, un Sireno cinerino, Pan cornuto e le visioni del Ciclope accecato.

Tra tradimenti e omaggi, ironia e originali riletture contemporanee, il mito classico rivive a Casa Vuota. Lo spazio espositivo domestico al secondo piano di un condominio in via Maia 12, in zona Quadraro a Roma, apre infatti le sue porte dal 15 dicembre al 7 gennaio per una mostra collettiva che proprio al mito si richiama. La mostra si intitola “Le muse del Quadraro”, è curata da Francesco Paolo Del Re e raccoglie interventi di diciotto artisti, tra pittura, disegno, scultura e fotografia: Justin Bradshaw, Giulio Catelli, Franco Cenci, Tiziana Cera Rosco, Pierluca Cetera, Sabino de Nichilo, Giulia Del Papa, Stefania Fabrizi, Giovanni Gaggia, Massimo Livadiotti, Pierpaolo Miccolis, Riccardo Monachesi, Gonzalo Orquín, Gianluca Panareo, Francesca Romana Pinzari, Andrea Romagnoli, Massimo Ruiu, Beppe Stasi.

La mostra si inaugura venerdì 15 dicembre a partire dalle ore 18:30, in un dialogo ideale con la ricerca della studiosa di poesia Bianca Sorrentino, autrice dei libri “Sempre verso Itaca. Itinerari tra mito e riletture contemporanee” e “Mito classico e poeti del ‘900” pubblicati da Stilo Editrice, ed è inserita nel programma delle “Notti del Mito”, una manifestazione nazionale di poesia promossa dalla Samuele Editore dal 12 al 17 dicembre. All’interno delle “Notti del Mito”, l’arte contemporanea incontra la poesia e “Le muse del Quadraro” ospitano, domenica 17 dicembre alle 18, una serie di letture di Luigia Sorrentino, Simone Di Biasio, Claudio Damiani, Sonia Gentili, Rachel Slade, Bianca Sorrentino e Francesco Paolo Del Re.
“Roma, Città Eterna, non è solo Colosseo o Fori Imperiali, cartoline per turisti distratti – scrive Francesco Paolo Del Re – ma si conferma eterna in ogni piega. Anche le borgate sorte nel Novecento ai bordi delle grandi vie consolari, tra i palazzoni popolari, serbano rovine, suggestivi toponimi, reminiscenze di un passato che non ci abbandona. E gli echi del mito classico permeano, a Roma più che altrove, la nostra quotidianità. Proprio dalla convinzione che il passato non è mai passato davvero e che le muse ancora ispirano e incantano il nostro presente un po’ scordevole nasce questa mostra giocosa. Le muse del Quadraro non sono però maiuscole. Non sono auliche. Vivono, sì, di citazioni e ripensamenti della tradizione grecoromana, ma sono muse sbarazzine, muse contemporanee. E così, liberati dal peso della tradizione antica e rinvigoriti da suggestioni novecentesche e contemporanee, le figure, i personaggi, le storie, le metamorfosi, le fatiche, gli attributi, i travagli e i perigli delle narrazioni mitiche si ritrovano tra le mura stupefatte di un piccolo appartamento borghese e, intrecciando un fitto dialogo di gusto postmoderno, provano a squarciare il velo del presente per indovinare, in filigrana, l’aruspicina di futuro più felice, radicato nell’antico mai scordato che ci sostanzia”.
Le “Notti del Mito” sono una proposta della Samuele Editore dedicate al mito inteso come occasione di confronto, paragone con l’antico e come presa di coscienza delle nuove rivisitazioni, delle nuove creazioni, delle nuove scritture e riscritture. Per sei giorni editori, autori, promotori culturali, artisti e insegnanti di diversi istituti scolastici parlano, leggono, si confrontano con dibattiti e conferenze, propongono mostre su un tema tra i più affascinanti e contemporanei possibili. Perché in fondo il mito già aveva spiegato tutto della natura umana, della storia, anche quello che nonostante i secoli trascorsi non abbiamo ancora capito, che ancora poniamo come interrogativo. 


Andrea Romagnoli, CYCLOP II, 2017     


 Pierluca Cetera, LA SOLITA VECCHIA STORIA, 2005


INFORMAZIONI TECNICHE: 
TITOLO DELLA MOSTRA: LE MUSE DEL QUADRARO 
OPERE DI: Justin Bradshaw, Giulio Catelli, Franco Cenci, Tiziana Cera Rosco, Pierluca Cetera, Sabino de Nichilo, Giulia Del Papa, Stefania Fabrizi, Giovanni Gaggia, Massimo Livadiotti, Pierpaolo Miccolis, Riccardo Monachesi, Gonzalo Orquín, Gianluca Panareo, Francesca Romana Pinzari, Andrea Romagnoli, Massimo Ruiu, Beppe Stasi 
A CURA DI: Francesco Paolo Del Re 
LUOGO: Casa Vuota – Roma, via Maia 12, int. 4A 
QUANDO: dal 15 dicembre 2017 al 7 gennaio 2018 
ORARI: visitabile su appuntamento 
VERNISSAGE: venerdì 15 dicembre 2017, ore 18.30 
READING DI POESIE: domenica 17 dicembre 2017, ore 18.00. Leggono Luigia Sorrentino, Simone Di Biasio, Claudio Damiani, Sonia Gentili, Rachel Slade, Bianca Sorrentino e Francesco Paolo Del Re 
INFORMAZIONI: cell. 392.8918793 – 328.4615638 | email vuotacasa@gmail.com 
INGRESSO GRATUITO 







Costanza Alvarez de Castro. Giorno di festa


COSTANZA ALVAREZ DE CASTRO – QUIZÁS, 2017, OLIO SU TELA, 180×145 CM


Con un recente passato dedicato all’apprendimento di raffinate tecniche decorative, seguito da uno stage come decoratrice di scenografie teatrali, Costanza Alvarez de Castro affronta la pittura da cavalletto da una prospettiva diametralmente opposta: la quasi assenza di sfondo. Che si tratti di un ritratto, della rappresentazione di un frutto o di un animale, lo sfondo è semplicemente neutro: non asetticamente neutro, né simbolicamente neutro, e neanche storicamente neutro, come i ‘tenebrosi’ sfondi Caravaggeschi alle cui interpretazioni realistiche Costanza si avvicina con spirito moderno. Lo sfondo dei dipinti di Costanza avvolge, incamera, sostiene e mantiene vivi i soggetti rappresentati, elevandoli a icone contemporanee, destrutturandoli da ogni situazione ambientale per esaltarne gli aspetti vitali, pulsanti. Chi conosce la Storia dell’Arte potrebbe essere tentato ad associare lo stile di alcuni suoi dipinti a un particolare ambiente cronologico o stilistico: La Natura Morta cinquecentesca fiamminga o lombarda, la ritrattistica neoclassica o del primo novecento, la metafisica contemporanea. Tuttavia i suoi soggetti emergono al di fuori di questi ambienti, pur rimanendone in qualche modo legati. Del legame con l’antico Costanza mantiene la tecnica della pittura a olio, che adatta sapientemente attraverso una ricerca continua degli effetti. La scelta di dipingere a olio non è una scelta scontata. La materia di questa tecnica è complessa nella sua lavorazione, fatta di strati sovrapposti, velature, tempi di essicazione lenti e modi di stesura diversi che permettono sfumature, giochi di opacità e nitidezza cui l’occhio contemporaneo non è quasi più abituato; complessità cui l'artista dona sapientemente nuove possibilità, avvalendosi di una tecnica antica in chiave contemporanea, pur rispettando, con abilità e umiltà, le sue lavorazioni lente e complicate. I suoi soggetti sono simultaneamente astratti e realistici, immortalati in un ambiente senza tempo e senza spazio reale, eppure molto tangibili nella loro fisicità e nei dettagli di ogni particolare: la luminosità di un melograno, l’espressione di un volto, la morbidezza del manto di una lepre. Dettagli non facili da eseguire a olio, soprattutto se si vuole interpretare questa tecnica allontanandosi da esempi del passato. Nei suoi ritratti si coglie un aspetto fresco, immediato e senza tempo, anche quando le persone indossano abiti contemporanei. La frutta e gli animali sono rappresentati in maniera quasi iperrealista, ma senza quell’effetto fotografico che distingue tali opere. Tutt’altra direzione prende la serie recente di dipinti intitolati “Foreste pluviali”: in queste tele prevale lo sfondo, che fa al contempo da scenografia e da soggetto. Non è facile coniugare questi due termini in un’opera che vuole essere sia rappresentativa di un momento caro all’artista, dunque soggetto, che paesaggio naturalistico, dunque in qualche modo una scenografia naturale. Questi dipinti si pongono come opere in cui i soggetti fisici dei dipinti precedenti sono confusi in mezzo alla natura o addirittura assenti, e la maniera in cui è rappresentato il paesaggio, vuole illustrare non solo un soggetto naturalistico, ma anche un particolare “pezzo” di anima dell’artista, denotando una scelta volontaria di confondere e allo stesso tempo elevare a nuovo soggetto lo sfondo. La grande qualità dei dipinti di Costanza sta nel sapere combinare l’accurata finezza dei dettagli con la solidità delle sue figure, eseguite con una materia pastosa e allo stesso tempo limpida e cristallina, indice di una tecnica raffinata ma sempre alla ricerca di nuove soluzioni.
Christina Underhill Danielli

Costanza Alvarez de Castro nasce, a Roma, nel 1989, da padre italiano e madre salvadoregna. Si diploma presso il Lycée Chateaubriand di Roma, e prosegue quindi i suoi studi presso l’università La Sapienza, laureandosi, nel 2010, in Economia della Cooperazione Internazionale e dello Sviluppo. Dopo la laurea, spinta dalla passione, da sempre coltivata per l’arte, decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura e alla danza. Inizia così a lavorare nel mondo della scenografia, per il cinema e per il teatro. Nel 2011, collabora, come assistente del maestro scenografo Jean Rabasse, alla realizzazione del film Io e Te, diretto da Bernardo Bertolucci. L’incontro con Jean Rabasse è determinante per Costanza, e la porta ad iscriversi, nel 2012, all’Institut Superieur de Peinture Van Der Kelen et Logelain di Bruxelles, dove si diplomerà, distinguendosi come migliore allieva del suo corso. Nel 2013, lavora per il Teatro dell’Opera di Roma, dedicandosi con passione all’apprendimento di antiche tecniche pittoriche, in particolare di quelle relative alla pittura di fondali. Questa esperienza le consente di perfezionare ed accrescere le proprie attitudini tecniche e di confrontarsi con formati di grandissime dimensioni. In seguito, si dedica esclusivamente alla pittura da cavalletto, nella quale può conciliare le sue doti tecniche con una maggior libertà di espressione. Nell’aprile del 2015, si presenta per la prima volta al pubblico con una mostra personale, curata da Valentina Moncada, presso lo Spazio Cerere di Roma. Nello stesso anno, partecipa al concorso Sumarte2015, in El Salvador, esponendo l’opera Melagrana, che al termine della mostra, verrà battuta e venduta all’asta. A marzo del 2016, partecipa al BP Award, concorso mondiale organizzato dalla National Portrait Gallery di Londra, presentando il ritratto di Carlo, che la farà selezionare fra i primi quattrocento, di oltre tre mila candidati. Sempre nel 2016, dona al Palazzo della Provincia di Cosenza la tela Martinello, che viene esposta nella mostra collettiva, organizzata e curata da Roberto Bilotti per il seicentenario della morte di San Francesco di Paola. Partecipa nuovamente all’edizione di Sumarte2016, presentando il Trittico con arance e limoni. Infine il 5 novembre del 2016 inaugura la sua seconda mostra personale, Natura in Scena curata da Giovanni Argan, presso lo Spazio makemake a Roma. Nel 2017 partecipa alla seconda edizione della Rome Art Week, la settimana dell’arte contemporanea a Roma. Nel 2017 Costanza crea “a painting for Marguerite”, un progetto artistico di beneficienza. Il 20 giugno presenta al pubblico la sua iniziativa a casa Franchetti e riesce a portare a termine un progetto di beneficienza legato all’educazione in Rwanda.


TESTI CRITICI
CHRISTINA UNDERHILL DANIELLI

SCHEDA ARTISTA
COSTANZA ALVAREZ DE CASTRO

Costanza Alvarez de Castro. Giorno di festa
fino al 12 gennaio 2018

Spazio Menexa
Via di Montoro, 3 – 00186 Roma
[t] 0621128870 · [e] info@spaziomenexa.it

mercoledì 13 dicembre 2017

Miroslav Tichý


“…ti serve innanzitutto una pessima macchina fotografica”

Artista di straordinaria eleganza, vissuto come un clochard, catturava le sue immagini con macchine fotografiche che costruiva da solo usando scarti e materiali poverissimi. Negli spazi della galleria saranno esposte ventitré opere, nei piccoli e casuali formati sui quali abitualmente stampava l’artista; le opere saranno accompagnate da una straordinaria video - intervista in cui Tichý svela il proprio mondo di artista indipendente. Il documentario è diretto dall'artista e psichiatra ceco-svizzero Roman Buxbaum, per molto tempo l'unica persona ad avere avuto accesso alle splendide immagini catturate dall’artista: un racconto della sua vita e del suo lavoro il cui titolo è tratto dalla risposta che lo stesso Tichý soleva dare alla gente quando gli veniva chiesto se fosse un pittore, un fotografo o un filosofo: "Io sono un Tarzan in pensione".

Le opere selezionate per questa mostra sono immagini che si affidano a interpreti quasi privi di fascino su sfondi di una raggelante genericità; è molto probabile che Tichý non abbia mai voluto vedere più da vicino i suoi soggetti: la sua aspirazione è quella di distinguere se stesso dalle opere, ma è proprio nel momento in cui si distacca dalla volontà di essere un artista che afferra in modo misterioso e fulminante la realtà. I suoi soggetti appaiono quasi sempre come sorpresi, corpi di cui qualcosa ci viene offerto ma molto tenuto nascosto, si direbbe volutamente. Lo sguardo di Tichý sembra dissolvere le sue donne e i suoi ragazzi che si rivelano in maniera evanescente, graffiati a loro insaputa e quindi autenticamente modelli perfetti. Queste dinamiche di "furto" coincidono con l’esplorazione dell’anima di ognuno di loro, ogni immagine seduce con leggerezza e con una straordinaria quanto atipica organizzazione delle composizioni. Gli involontari modelli sono ripresi nella loro interezza svelata o nella loro sporca frammentarietà artistica, sono composizioni che rievocano vite intere in un solo frammento, parlano di cose più profonde e intangibili, quasi un esercizio paradossale in cui Tichý fotografa e osserva l’altro per parlare a se stesso e di se stesso. Corpi, visi, ma mai immagini di sguardi diretti, scatti rubati che sono apparizioni eloquenti perché tutto è ripreso con voyeurismo delicato e silenzioso; tutto sembra immergersi nelle atmosfere degli sfondi, con accenti mai troppo marcati, anzi in cifre in cui il non detto, il non visto, prevale senza mai uno strappo. Tichý riesce a fotografare la rigidità dei colori tipici di quegli anni, gli anni in cui Berlino era ancora divisa in due. Nel rivedere oggi insieme le ventitré foto in mostra si comprende la grandezza di un’opera in cui l’umanità è costretta a fare i conti con la più preziosa delle proprie qualità: la dignità dell’essere semplicemente se stessi.
Dal 1960 al 1985 Miroslav Tichý realizzò di nascosto migliaia di foto di donne nella sua città natale, Kyjov, con macchine fotografiche costruite artigianalmente con tubi di cartone, lattine e altri materiali. La maggior parte dei suoi soggetti non erano a conoscenza di essere fotografati perché non si rendevano conto che la parodia della macchina fotografica che l’artista portava con sé era reale. Le sue foto in soft-focus risultano oblique, macchiate e mal stampate. Viziate da un lato dai limiti della sua attrezzatura primitiva e dall’altro da una serie di volute sbavature in fase di sviluppo: sono il frutto di una ricerca volta all’inseguimento dell’imperfezione poetica.

“Il tuo pensiero è troppo astratto! la fotografia è qualcosa di concreto. La fotografia è percezione, sono gli occhi che intravedi e succede così velocemente che potresti non vedere proprio nulla! Per raggiungere questo, ti serve innanzitutto una pessima macchina fotografica! […] Il tempo di una mia passeggiata determina quello che voglio fotografare…Io sono un profeta della decadenza e un pioniere del caos.”

Miroslav Tichý nasce il 20 novembre del 1926 a Kyjov, Repubblica Ceca.
Appassionato di pittura, si diploma all'Accademia d'Arte di Praga nei primi anni '40. L'avvento al potere dei comunisti nel 1948 cambia il corso della sua vita perché il regime lo identifica come un dissidente. Arrestato negli anni ’60 e rinchiuso in carcere e in cliniche psichiatriche, Tichý si emargina da una società che contesta furiosamente e torna a vivere nella sua città natale da clochard, in una baracca di legno, tirandosi fuori dal giogo sociale. Fu considerato folle fino alla sua morte. Le sue fotografie rimasero sconosciute fino a quando non fu scoperto, alla fine degli anni ’80, da Roman Buxbaum, e introdotto al pubblico dell'arte da Harald Szeeman che gli organizzò una mostra alla "Biennale di Arte Contemporanea" di Siviglia nel 2004. La mostra di Siviglia ha lanciato l'inatteso successo internazionale delle fotografie di Tichý, culminando in mostre al Kunsthaus Zürich (2005), al Centre Pompidou di Parigi (2008) e all'International Center of Photography di New York 2010. Le numerose pubblicazioni e monografie pubblicate negli ultimi anni in Europa e in America testimoniano anche l'interesse diffuso nei lavori di Tichý.
Fin dalla sua scoperta, Tichý non ha mai frequentato una mostra, non ha mai accettato il denaro raccolto dalla vendita delle foto, ha continuato a vivere nella stessa casa e ad essere un outsider per il resto della sua vita.
Muore il 12 aprile 2011a Kyjov.
La mostra è resa possibile grazie alla collaborazione di "Foundation Tichý Ocean" Praga.

*


On 16 December 2017 at 18:00 Doppelgaenger Gallery will present the one–man show by Miroslav Tichý (1926–2011)

An artist of extraordinary elegance, who lived like a tramp; he captured images with cameras that he himself assembled, using scraps and very basic materials. The gallery will exhibit twenty–three works in the small, random print formats used by the artist. There will also be a remarkable interview in which Tichý reveals his world as an independent artist, in a documentary directed by Roman Buxbaum, who for a long time was the only person to have access to the splendid images captured by the artist: a story of his life and work, the title of which is taken from the reply Tichý used to give when asked whether he was a painter, a photographer or a philosopher: “I’m a Tarzan in retirement.”
The works chosen for our exhibition portray banal subjects against a backdrop of chilling generality. The images are deliberately shot badly, the motivations are improbable and, on the whole, they seem to suggest that, often and by chance, beauty and political correctness are two distinct and separate things. It’s likely that Tichý never wanted to see his subjects close up; his aspiration was to distinguish himself from his works. Yet it is precisely when he detaches himself from being an artist that he grasps reality in such a mysterious and striking way.
His subjects almost always look surprised; bodies offering us something, but hiding even more, deliberately so, one might say. Tichý’s gaze seems to dissolve his subjects: his women and youths reveal themselves in an evanescent manner, as if depicted unawares, and so they are authentically perfect models. The dynamics of theft coincide with the exploration of each one’s soul: every image seduces with a lightness and with a compositional organisation as extraordinary as it is atypical.
The subjects, photographed in their unmasked entirety or in their artistically sullied fragmentariness, seem to be compositions that evoke whole lives in a single fragment; they speak of more profound and intangible things, as if in a paradoxical exercise in which Tichý observes and photographs the other in order to speak with himself and of himself. Bodies, faces, but never images of direct gazes; stolen shots, like elegant apparitions, since everything is captured with a delicate and silent voyeurism, everything seems to be immersed in the atmosphere of the backdrops, with accents that are never too strong, but rather with figures in which the unsaid and the unseen prevail without jarring. Tichý manages to capture the stark colours typical of those years, when Berlin was still monstrously split in two. Seeing the twenty-three photos together again in an exhibition, one comprehends the greatness of an art in which humanity is forced to take into account its most valuable asset: the dignity of being simply oneself.
From 1960 to 1985 Tichý surreptitiously photographed thousands of women in his hometown, Kyjov, with hand-made cameras constructed out of cardboard tubes, tins and other basic materials. Most of his subjects were unaware that they were being photographed, since they didn’t realise that the parody of a camera the artist carried with him was a real one. His soft-focus photographs are oblique, stained and badly printed. Flawed, on the one hand, by his primitive equipment and, on the other, by a series of deliberate blurrings in their development, they are the outcome of a quest for poetic imperfection.

“Your thought is too abstract! Photography is something concrete. Photography is perception, it’s the eyes that glimpse [something], and it happens so quickly that you might not see anything at all! To achieve this, you need, first of all, a really terrible camera! […] How long my walk lasts dictates what I want to photograph […] I’m a prophet of decadence and a pioneer of chaos, because only from chaos can something new emerge.”

Miroslav Tichý was born on 20 November 1926 in Kyjov, Czech Republic.
An art lover, of painting especially, he graduated from the Prague Academy of Art in 1944. However, the rise to power of Communism in 1948 changed his life forever, since he was marked as a dissident. Arrested in the 1960s, imprisoned and then locked up in psychiatric clinics, he withdrew from a society which he violently contested. After escaping from the Czech police, he returned to his hometown to live as a tramp in a wooden shack. He was considered insane up to the time of his death. His photographs remained unknown until they were discovered in the 1980s by Roman Buxbaum, and introduced to the public by Harald Szeeman, who organised a show at the Biennial of Contemporary Art in Seville in 2004. Miroslav Tichý gained much acclaim and his works were exhibited around the world: Kunsthaus Zürich (2005), Centre Pompidou Paris (2008), International Center of Photography New York (2010). After his discovery, Tichý never visited an exhibition, and never accepted any money from the sale of his photographs; he continued to live in the same house and to be an outsider for the rest of his life.
He died in Kyjov on 12 April 2011.
The exhibition has been made possible thanks to the collaboration of the "Tichý Ocean Foundation", Prague.



Mostra personale di Miroslav Tichý 
dal 16 dicembre 2017 al 24 marzo 2018

Il 16 dicembre 2017 alle ore 18:00 la galleria Doppelgaenger presenta la mostra personale di Miroslav Tichý (1926 - 2011).


Doppelgaenger
Palazzo Verrone - Bari
T. +39392 820 3006

Idill’io Romano. Baldo Diodato - Niba


La galleria PIOMONTI arte contemporanea è lieta di presentare Idill’io Romano, la mostra dedicata a Giacomo Leopardi che collega il concept di Idill’io, la “vetrina” di Recanati dedicata soprattutto al Poeta marchigiano, allo spazio romano. Il Poeta durante il suo primo soggiorno a Roma, dal novembre del 1822 sino all’aprile del 1823, è stato ospite dello zio Carlo Antici a palazzo Mattei, nello stesso edificio dove oggi si trova la galleria. Nasce da qui il desiderio del gallerista di materializzare la sua visione e ri-vedere Leopardi camminare per le strade della città eterna. 
nel suo scritto in catalogo Nikla Cingolani scrive: “Con l’opera di Niba, una scultura d’oro di Giacomo Leopardi, e con i sampietrini-frottage di Baldo Diodato, lo spazio si trasforma in un crogiolo alchemico capace di contenere e trasformare i vari materiali in vibrazioni di luce (…) Legate dalla grandezza del tempo, nello spazio assoluto della galleria, le opere sintetizzano l’unione tra la tensione verticale simbolo di trascendenza e spiritualità (Niba), e quella orizzontale legata all’esperienza e alla stratificazione sociale (Diodato), che per l’occasione si trasforma in tappeto “lunare” dove il divino Leopardi cammina verso l’eternità(…) Nel tardo pomeriggio di un mercoledì 13 dicembre, il dies natali di Santa Lucia la portatrice di luce, il gallerista toccato dal Kairòs, ha saputo cogliere il momento perfetto per realizzare il suo sogno dove il chiarore dell’oro e dell’argento illumina gli occhi e il giorno più buio dell’anno.”
L’installazione, a partire dallo sfondo azzurro della parete fino ad espandersi all’esterno verso la Fontana delle Tartarughe, rappresenta un universo in relazione circolare con tutti gli elementi, dominato dalla nozione di infinito. 
R.R. Roma – Recanati: la prima una gabbia da cui Leopardi voleva uscire, l’altra la sua illusione di felicità presto svanita, per l’occasione diventano itinerari d’arte “leopardiani”, dove il piacere della sosta vive nella percezione di un tempo sospeso nell’incontro con l’opera. 


Scheda tecnica:

Idill’io Romano
Testi in catalogo: Nikla Cingolani e….
13 dicembre 2017 – 13 gennaio 2018 (?)

PIOMONTI arte contemporanea Piazza Mattei 18, Roma
Info: permariemonti@gmail.com / tel. 06.68210744 / www.piomonti.com
Lunedì – Venerdì dalle 12 alle 20 - Sabato su appuntamento