martedì 31 ottobre 2017

Giancarlo Marcali. Searching for my Sheela



Venerdì 3 novembre alle ore 18.30 allo Spazio46 di Palazzo Ducale a Genova inaugura la personale di Giancarlo Marcali “Searching for my Sheela” a cura di Virginia Monteverde con la presentazione critica di Sara Taglialagamba.

In mostra 11 opere, tra installazione, fotografia, scultura, video e performance rappresentano l’interpretazione di Marcali della Sheela na Gig, un progetto espositivo che nasce quasi un anno e mezzo fa durante un suo viaggio in Irlanda.

Ad aprire la mostra la performance ideata dall’artista insieme alla poetessa Paola Turroni. I due artisti rivivono in chiave contemporanea la dualità che la Sheela incarna, la parte malvagia e punitiva convive con la parte protettiva e fertile. La poesia e il corpo sono il terreno in cui la dualità si manifesta e crea.

Dal testo di presentazione di Sara Taglialagamba:
“Classe ’63 e un talento fuori dall’ordinario che intreccia il passato con il presente, il design con l’arte, il dolore con la luce e viceversa, in un rimando ciclico continuo che è di per se ‘soluzione’ e ‘salvezza’, che è già di per se ‘medicina’ e ‘antidoto’, che è già di per se ‘cura’ e ‘rimedio’. Bellezza delle forme, sperimentalismo di varie tecniche, semplicità espositiva che servono ad esprime la sua chiarezza ed urgenza comunicativa. Ne consegue che attraverso l’accostamento tra il meglio dell’arte contemporanea e il meglio dell’arte classica Giancarlo Marcali voglia ricreare un colloquium dal sapore filosofico: un dialogo fatto di confronti e di rimandi di significato morale che si richiamano a vicenda, travalicando i limiti rigidi imposti dal tempo e dallo spazio, aiutandosi a porre interrogativi e paradossalmente fornendo risposte, interpellando il subconscio e fornendogli molteplici chiavi di lettura e soluzioni. È in questa eccezione che anche la Sheela na gig, femmina sacra dotata del potere della creazione, può simboleggiare quindi l’unità e l’androgino primordiale, la totalità del tutto, l’infinito, l’eternità. Ed ancora, il tempo ciclico, l’eterno ritorno, l’immortalità e la perfezione, mantenendo inalterata la potenza della sua immagine legata in origine al culto della Grande Madre e astutamente poi adottata con il passare del tempo dai luoghi di culto religiosi.”


Giancarlo Marcali è nato a Richterwil (Svizzera) nel 1963, sviluppa la sua ricerca artistica in un percorso di ricerca dell’attimo doloroso. I suoi studi partono dal Diploma di Maturità linguistica presso Istituto Paci, Seregno, poi il Laboratorio di arti visive presso la Scuola d’arte, Pavia, per infine laurearsi in Arti aborigene e culture delle isole del sud Pacifico presso New South Wales University, Sidney, Australia. Le sue opere sono state presentate in sedi private e pubbliche in Italia e all’estero.
    
Paola Turroni – poeta e performer. Ha pubblicato: Animale (Fara Editore, Rimini), Due mani di colore (Medusa Editore, Milano), Il vincolo del volo (Raffelli Editore, Rimini) di cui una selezione è uscita tradotta in inglese per la rivista americana “How2”, Il mondo è vedovo (Carta Bianca, Bologna). Ha al suo attivo reading e performance in diverse città su tutto il territorio nazionale. Nel 2004 e nel 2008 è stata invitata al Festival Internazionale di Poesia di Malta. Un’installazione de Il Mondo è vedovo è stata invitata alla 54° esposizione di arte contemporanea di Venezia, nel Padiglione della Repubblica di San Marino.
Insieme a Marcali partecipano a Hai paura del buio degli Afterhours nel 2013 e lavorano insieme nella performance Et nos cedamus amori nel 2014


Spazio46 - Palazzo Ducale - Genova
"Searching for my Sheela"
opere di Giancarlo Marcali
a cura di Virginia Monteverde
presentazione critica di Sara Taglialagamba
inaugurazione venerdì 3 novembre ore 18.30
dal 3 novembre al 25 novembre

Spazio46 - Palazzo Ducale
Piazza Giacomo Matteotti 9 (16123) – Genova

orari:
da martedì a domenica dalle 15.30 alle 19.00 
Ingresso libero

info:
artcommissionevents@gmail.com
+39 0108986052

SANDRO CHIA e I guerrieri di Xi’an



Pinacoteca Metropolitana di Bari “Corrado Giaquinto”
SANDRO CHIA e I guerrieri di Xi’an
21 ottobre 2017- 31 marzo 2018


Sta suscitando grandi emozioni la mostra dedicata a Sandro Chia, inauguarata lo scorso 21 ottobre presso la Pinacoteca Metropolitana di Bari. Di particolare impatto visivo si annunciano le dieci grandi sculture, copie 1/1 in terracotta tratte da altrettanti elementi del celebre esercito di guerrieri dell’imperatore Qin Shi Huang ritrovate in Cina, nei pressi di Xi’an, nel lontano 1974, rielaborate dal grande artista toscano con la sua personale, vivacissima cromia, che costituisce una vera e propria “riappropriazione artistica”, capace di conferire nuova vita e nuovi significati a questi pezzi straordinari “archeologici”. L’effetto spiazzante prodotto dai guerrieri di Chia sarà ulteriormente accresciuto dal loro posizionamento nelle sale della collezione permanente della Pinacoteca di Bari, dove dialogheranno con icone, affreschi e sculture d’epoca medievale, col grande presepe in pietra di Paolo da Cassano, risalente ai primi decenni del Cinquecento e con la imperdibile sequenza di tavole e polittici di Antonio, Bartolomeo e Alvise Vivarini, tutti di provenienza pugliese. La mostra sarà arricchita inoltre dalle copie di sette bellissime teste di guerrieri di Xi’an, anch’esse “rivisitate” dalla audacissima policromia del Chia, da sedici grandi, coloratissimi monotipi, opere assolutamente uniche, non replicabili, i cui elementi caratterizzanti sono il segno e il colore intenso e vivace, e da dieci tecniche miste ispirate anch’esse al formidabile esercito cinese.

Il catalogo, edito da Papiro Art di Torino, e curato da Clara Gelao ed Enzo Di Martino, contiene i saggi introduttivi dei curatori e le foto a colori di tutte le opere esposte, riprese anche nel loro originalissimo allestimento nella Pinacoteca di Bari.



Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto”
Via Spalato, 19/Lungomare Nazario Sauro, 27 (IV piano) 70121 Bari
Telef. 080/ 5412420-2-4-6-7

Per informazioni: Tel: 080/5412420-2-4-6-7
Ufficio Stampa Pinacoteca: Tel. 080/5412427


Alla Pinacoteca metropolitana di Bari si può arrivare in treno (dalla stazione 10/15 minuti a piedi), in aereo (30 minuti per giungere in centro città col taxi o col terminal), pullmann provenienti da varie destinazioni. Diversi autobus cittadini si fermano dinanzi all’ex Palazzo della Provincia.

Se si giunge in auto, è consigliabile lasciare la vettura nel grande parcheggio comunale “Pane e Pomodoro”, ubicato nel tratto sud del Lungomare, e di lì prendere la navetta B, che si ferma all’altezza del Palazzo della Regione, distante pochi metri dal Palazzo dell’ex Provincia dove, al IV piano, ha sede la Pinacoteca. Il parcheggio per 24 h e la navetta costano € 1,00.

Giorni e orari di apertura:
dal martedì al sabato 09,00 – 19.00

(ultimo ingresso consentito ore 18:30)
domenica 09.00 – 13.00 (ultimo ingresso consentito ore 12:30)
lunedì e festività infrasettimanali chiuso

Biglietto intero € 3,00

Biglietto ridotto € 0,50:
- soci ICOM*;
- soci FAI*;
- soci TOURING*;
- soci EMERGENCY*;
- possessori coupon QUI!CULTURA;
- soci COOP*;
- insegnanti* singoli;
- guide turistiche* singole.

Gratuito:
- minori di 18 anni e maggiori di 65 anni;
- disabili e loro accompagnatori;
- studenti universitari* e di istituti AFAM* (Acc. Belle Arti e Conservatori Musicali);
- insegnanti* accompagnatori di gruppi scolastici;
- guide turistiche* di gruppi con più di tre persone;
- giornalisti*;
- per tutti prima domenica di ogni mese.

* muniti di relativa tessera di iscrizione alla categoria o altro documento equivalente

Ingresso libero per tutti:
- la prima domenica di ogni mese (D. M. MIBACT 27-6-2014 n. 94)
- in occasione di eventi, quando espressamente indicati in sede e su locandine e inviti.


La biglietteria chiude 30 minuti prima dell’orario di chiusura.
La visita alle mostre in corso è inclusa nel biglietto d’ingresso.

pubblica:




giovedì 26 ottobre 2017

Rocco Rorandelli. Campi migranti



A cura di Sara Benaglia e Mauro Zanchi 

Sede 
BACO (Base Arte Contemporanea Odierna) 
Palazzo della Misericordia, Via Arena 9, Città Alta, Bergamo 


Il titolo scelto per la rassegna vuole richiamare la de nizione di campo quale paradigma biopolitico della modernità, sostenuta da Giorgio Agamben in Homo Sacer. Campi è una rassegna di videoarte, dove gli artisti indagano attraverso la loro ricerca le dinamiche e le questioni inerenti alle migrazioni, agli sbarchi dei profughi, alle detenzioni nei campi, allo “stato di eccezione”. Il percorso visivo della rassegna pone l’attenzione anche sul non detto, rimasto sospeso e in sospensione tra le innumerevoli parole e immagini di politica e media in questi anni di grandi fenomeni migratori: Iorio e Cuomo hanno ri ettuto sulle dirette televisive dall’isola più a sud d’Europa; Guy Ben Ner si è rapportato con profughi sudanesi e eritrei attraverso una lezione di cinema nel centro di detenzione per richiedenti asilo nel deserto del Negev (Israele); Regina José Galindo ha posto l’accento sulle contraddi- zioni mosse dai movimenti migratori haitiani nella Repubblica Dominicana; Adrian Paci ha dato voce al non detto rimasto impresso nella memoria del corpo di una donna palestinese, giunta da poco in Italia dalla Siria grazie ai corridoi umanitari; gli Invernomuto hanno realizzato una tragicommedia musicale italo-etiope-jamaicana, nata dalla vendicazione della morte di un soldato durante la missione di conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista; Gabriella Ciancimino ha posto l’attenzione sulle migrazioni dei semi delle piante pirata, portate dai venti dall’Africa in Italia. 

In contemporanea alla rassegna è presente una mostra con opere fotogra che di Rocco Rorandelli, appartenente al collettivo orentino Terra Project e collaboratore con l’International consortium of investigative journalists e varie organizzazioni non gover- native. Gli scatti di Rorandelli colgono la sintesi del controverso rapporto tra realtà ed evasione dal reale, tra un evento drammatico e la sua spettacolarizzazione. Le sue immagini collegano il passato politico italiano ai problemi del presente e traducono il dramma delle migrazioni attraverso una terribilità poetica della forma e dell’astrazione.
Sono trasmesse anche alcune puntate di Radio Ghetto, un progetto di radio partecipata che dà voce ai braccianti che lavorano alla raccolta dei pomodori in Puglia, mettendo a nudo lo sfruttamento e l’isolamento di chi ha raggiunto il Sud Europa. 

Nella realizzazione della rassegna, BACO_BaseArteContemporaneaOdierna ha coinvolto la bergamasca Cooperativa Ruah, che si occupa di accoglienza migranti, af nché la fruizione delle opere proposte abbia come utenti anche i soggetti primi delle opere scelte, per portare in luce e provare a mettere in discussione la radice europea e anglosassone della nostra cultura.
Il progetto “Campi” è stato realizzato in collaborazione con la Fondazione MIA di Bergamo e con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo, con il contributo della Fondazione Comunità Bergamasca, di A2A Energia S.p.a. e di BCC Bergamo e Valli. 

Calendario rassegna video-opere 

21.10.2017 Sudeuropa di Iorio e Cuomo 
04.11.2017 Combustibile di Regina José Galindo
11.11.2017 Escape Artists di Guy Ben Ner 
18.11.2017 Rasha di Adrian Paci
25.11.2017 All’Allerbaggio di Gabriella Ciancimino 
02.12.2017 Negus di Invernomuto 

Mostra fotografica 
21.10 – 02.12.2017 Rocco Rorandelli. Campi migranti

Cristiana de Marchi. LA SINDROME DI PENELOPE


A cura di Barbara Fragogna

31 ottobre – 30 novembre 2017
Fusion Art Gallery-Inaudita Torino

Inaugurazione martedì 31 ottobre ore 19

C’è il momento in cui ogni scelta diventa irreversibile.– Marguerite Yourcenar


La Fusion Art Gallery - Inaudita presenta la mostra LA SINDROME DI PENELOPE di Cristiana de Marchi, artista italiana/libanese che vive e lavora tra Beirut e Dubai. Cristiana lavora con diverse espressioni artistiche per esplorare questioni legate all'identità, allo spostamento, all'appartenenza e ai confini porosi che separano le regioni mentre ne permettono il contatto. La mostra rientra nella programmazione di NEsxT – Indepentent Art Festival ed è parte del circuito COLLA e di ContemporaryArt Torino e Piemonte.


LA SINDROME DI PENELOPE
Di Francesca Vesco e Elena Carta

La personale ripercorre l’attività artistica di Cristiana de Marchi degli ultimi anni, presentando un corpus di opere selezionate che coprono il periodo compreso fra 2011 e 2017. Italiana ma con un’esperienza ormai ventennale legata al Medio Oriente, Cristiana ha interessi che spaziano tra letteratura, religioni ed impegno sociale e che vengono riproposti in molte delle sue opere, siano esse oggetti ricamati, video, performance o installazioni. In particolare tramite l’uso del tessuto, come mezzo espressivo privilegiato, l’artista si concentra sul ruolo di concetti quali ‘Religione’ e ‘Nazione’ intesi come veicoli per riflessioni personali sui temi identitari. Queste due concezioni puramente convenzionali, racchiudono al loro interno le tematiche fondamentali (i nodi) indagate dall’uomo e dall’artista. Le riflessioni alle quali ci conducono le sue opere sono più che mai attuali e forniscono chiavi di lettura interessanti: così un palloncino, forzato sino al suo limite, diventa metafora dell’azione dell’uomo nella creazione e successiva distruzione di ideali universali, o un’Europa in bianco, senza distinzioni cromatiche, focalizza l’attenzione sulla questione dei confini geografici, frutto dell’arbitrarietà umana più che della realtà. O ancora, ci costringe a constatare lo stato di “cecità culturale”, di superficialità, che ci affligge nel momento in cui ci confrontiamo con tematiche fondamentali difficili da accettare o che semplicemente non comprendiamo. Nelle sue opere fondamentale è la PAROLA; non solo nella sua semplice valenza semantica ma come parte integrante dell’opera, elemento fisicamente presente e tangibile grazie all’uso del tessuto. Presenza materiale e nominale che diventa veicolo di messaggi, profezie ed epifanie per lo spettatore. L’invito è quello di non limitarsi ad osservare le opere, ma di interagire con le superfici per ricercarne i significati nascosti e quelli perfettamente visibili. Ci si renderà allora conto, con un gioco di intrecci, ricami, nessi simbolici e linguistici, che la bandiera nazionale contiene, alla vista dei più attenti, il reale riferimento alla Patria.


Cristiana De Marchi (Torino, 1968; vive a Beirut e Dubai)
Ha studiato dal 1994 al 1999 presso l’Università degli Studi di Torino laureandosi (summa cum laude) in Scienze Umanistiche e poi in Archeologia Classica. Nel 2005 ha conseguito un Master in Mediazione Culturale e Didattica Museale. Nel 2012 ha completato un corso in Pratiche Curatoriali organizzato dal California College of Art USA in partnership con l’Emirates Foundation di Abu Dhabi.

Esposizioni: Wunderkammern Effimere Circuiti Dinamici, Milano, (2017), Contrappunti/Counterpoints, Villa Amoretti, Torino (2014); My Country, New York University, New York, USA (2014); Weaving Gaps, 1x1 Art Gallery, Dubai, UAE (2013); "Melting the Sky", una doppia esposizione con l'artista kuwaitiana Monira Al Qadiri, Dubai, (2016); Prima Biennale di Yinchuan, MoCa Yinchuan, Cina (2016); Santa Cruz Biennale, "Limitrofe", Centro Culturale di Santa Cruz, Bolivia (2016); Biennale della Pace, Teheran, Iran (2016); Groupe Mobile: Villa Vassilieff, Paris, France (2016); White Cube… Literally, IVDE gallery, Dubai, UAE (2016).

Residenze: Villaggio degli Artisti in Yinchuan, Cina (2016); Rijksakademie, Amsterdam, Paesi Bassi; Santa Fe Art Institute, USA (2014); University of Arts, Philadelphia, USA (2012) e presso il Vermont Art Center Manchester, USA (2017).

Cristiana de Marchi è stata vincitrice nel 2016 della 5° Edizione del Premio ORA.
La mostra sarà inaugurata il 31 ottobre. L’artista sarà presente.


Con il supporto di Edizioni Inaudite.

Mostra
Titolo: LA SINDROME DI PENELOPE
Artisti: Cristiana de Marchi
Date: 31 ottobre – 30 novembre 2017
Luogo: Piazza Peyron, 9g, 10143 Torino
A cura di: Barbara Fragogna
Inaugurazione: martedì 31 ottobre 2017
Ingresso libero
Orari di apertura: dal giovedì al sabato, dalle 16 alle 19.30 e su appuntamento


martedì 24 ottobre 2017

Gemis Luciani. Output




Sabato 28 ottobre alle 18.30 personale dell’artista svizzero alla LM Gallery di Latina

Informatica e arte, i mondi possibili di Gemis Luciani
Lo scultore svizzero presenterà la personale ‘Output’, dove la creatività è data da un algoritmo

Il mondo della comunicazione e l’arte. Due mondi non proprio indifferenti. È da qui che è partita la ricerca artistica di Gemis Luciani, svizzero classe 83, laureato in scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, che presenterà sabato 28 ottobre la sua personale ‘Output’ presso la LM Gallery Arte Contemporanea di Latina (via Monti, 8). 

Per la galleria del capoluogo pontino sarà la seconda mostra nel giro di un mese dall’apertura. Gli spazi, curati da Lea Ficca e Matteo Di Marco, verranno allestiti con le opere della personale “Gemis Luciani. Output”, che racconta un’indagine sul mondo della comunicazione non verbale e le possibili relazioni tra il mondo dell’arte e quello apparentemente lontano dell’informatica, rapporti che si configurano nella processualità legata alla creazione delle opere. “La metodologia di lavoro che utilizzo può essere paragonata all’operazione svolta da un algoritmo, il cui risultato (output) dipende da una serie di parametri e variabili. In senso più stretto quello che qui chiamo “output” è l’opera stessa, cioè il risultato di un’azione che si configura in immagine e forma –dice l’autore-. Il parallelismo tra opera e output avviene dunque per affinità processuali tra l’operazione eseguita dal computer e le procedure utilizzate per la realizzazione delle opere”.

Il titolo della mostra si riferisce al termine utilizzato nell’informatica per definire l’insieme dei dati che risultano dall’elaborazione del computer. Output è un progetto espositivo sull’iconografia dello spazio decentrato, un’indagine visiva che esce dal centro dell’immagine, per interagire con le posizioni di minor rilievo dello spazio. Ma qual è il materiale che Gemis Luciani usa per stupire e colpire il pubblico? Nella sala vedremo come attraverso l’utilizzo di magazine e riviste di vario genere ed elenchi telefonici venga generato un lavoro di manipolazione e cancellazione di fotografie e testo, assemblando un’immagine nuova e dando vita a sculture bidimensionali e tridimensionali, caratterizzate da un taglio minimalista e decisamente personale. In occasione di questa mostra la LM Gallery propone una selezione di opere realizzate negli ultimi anni e una serie di lavori inediti, nei quali per la prima volta la superficie è “sporcata” da un segno apparentemente più gestuale e meno geometrico.


Gemis Luciani è nato ad Arbon (Svizzera) nel 1983, ha conseguito la laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna e poi ha continuato a coltivare la sua passione per la fotografia all’Art Kunst Institute di Enschede. Ha partecipato a numerosi eventi internazionali e ha preso parte all’ultima edizione della Biennale Giovani di Monza. Vive e lavora a Berlino. 


La mostra personale resterà allestita fino all’11 novembre 2017. 

Opening vernissage: sabato 28 ottobre 2017, dalle 18.30 alle 20.30

LM Gallery Arte Contemporanea, via Monti, 8, Latina

lunedì 23 ottobre 2017

Debora Hirsch. Firmament


Mars presenta “Firmament” mostra personale di Debora Hirsch, a cura di Fabio Carnaghi.

La mostra è il terzo appuntamento di “My Room On Mars”, una rassegna di progetti speciali che propongono MARS quale specifico luogo di riflessione a partire dalla sua anomala, ma ormai peculiare, conformazione di white cube accidentale. La pratica artistica di Debora Hirsch esplora l’ambiguità del sistema della comunicazione contemporanea che si esprime attraverso i linguaggi eterogenei della cultura post-digitale. Il progetto site-specific pensato per Mars evoca nebulose e costellazioni, laddove lo spazio è lo zero assoluto, la tabula rasa, in cui, come tessere di un mosaico le opere migrano sospese a svelare il mondo di significati nascosti che tutta la realtà sottende. Il tema della conoscenza implica dunque uno sforzo epistemico, uno svelamento che la superficie digitalizzata ormai nasconde e offusca.

Debora Hirsch è nata a São Paulo, Brasile. Vive e lavora a Milano. Ha esposto in musei, istituzioni e gallerie d’arte, alcune delle sue ultime mostre: nGbK, Berlino; MOCAK Museum of Contemporary Art in Krakow, Krakow; WhiteBox, New York; Galleria Pack, Milano; Anthology Film Archives, New York; Palazzo della Ragione, Verona; MuBE Museu Brasileiro da Escultura, São Paulo; MACRO, Rome. Nel 2018 sarà artista in residenza presso RU – Residency Unlimited, New York.



Debora Hirsch
Firmament

Approdi Metafisici
di Fabio Carnaghi

“Firmament” è una costellazione, una nebulosa, una congiunzione di corpi eterei che vede nella sospensione il suo carattere intrinseco. Sembra di essere di fronte ad una visione ologrammatica che si traduce in una sorta di rebus, di enigma da risolvere offerto all’osservatore e che risiede nella sua scrutabilità inattesa. Dalla forma al contenuto, dal tridimensionale al bidimensionale, dal concreto all’ideale, l’installazione di Debora Hirsch esplora i territori della conoscenza, gli anditi dei meccanismi subliminali, i percorsi della comunicazione. Tutta la ricerca di Debora Hirsch ha da sempre riflettuto sulla dinamica percettiva di contatto tra superficie e contenuto del reale, laddove la mente si possa spingere e talvolta finisca per tornare sconfitta, ingannata, elusa. In questo eterotopo, che spesso si traduce in un’indagine gnoseologica della comunicazione nella cultura post-digitale, il limite tra dato fisico e intellegibilità o immaginazione umane è lo spettro su cui si concentra l’attenzione più acuta ed approfondita dalla quale scaturisce l’individuazione di una zona internodale tra conoscenza sensibile e conoscenza scientifica, in altre parole tra conoscere opinabile e sapere assoluto. Nell’installazione site-specific pensata per MARS, si apre un nuovo itinerario, un nuovo campo di esplorazione. L’illuminazione rappresenta uno stimolo sia percettivo che astratto: Hirsch costruisce uno spazio che assume la suggestione ora di una rappresentazione cosmologica, ora di un teatro anatomico della realtà, in ogni caso palinsesto simbolico-filosofico che evoca una forza maieutica. Un solido monolitico modifica lo spazio presentandone un saggio, quasi una zolla materica, dando forma al vuoto che lo sovrasta e di cui è parte mancante. Infine, un dipinto riporta a un’atmosfera iperuranica in cui una struttura architetturale si smaterializza in ramificazioni organiche.  Entra in gioco una dimensione che valorizza il vuoto come spazio sconosciuto per migrazioni immaginifiche. Inspiegabili alla ragione, forme organiche, automatismi innati sin dalla giovinezza nell’esperienza dell’artista, sono impresse come proiezioni cerebrali nella trama materica della pittura, mezzo poetico che può assumere ogni possibilità al rango di esistente, senza mediazioni ontologiche. Il grigio di pietra, quasi minerale, è il lapis primordiale e magmatico in cui l’invisibilità dei processi mentali prende forma. “Firmament” è dunque un esperimento in cui emergono chiaramente i labili confini tra conoscenza intuitiva immediata e scienza, sapere mediato. La scommessa intuitiva che la pittura raccoglie è inafferrabile, dimostrando il dinamismo della materia che si fa energia. L’intervento di Hirsch – in superficie semplice e puro nei suoi elementi minimali, ma complesso nel suo apparato teorico-strutturale - mette in luce una materia fatta di vuoto, che esiste nonostante l’apparenza. Si svela un mondo invisibile che si cela oltre i sensi e in cui tutto è connesso. L’installazione crea così una condizione di correlazioni a distanza, che determinano una specie entanglement, a dimostrazione dell’indeterminazione della scienza e a favore dell’intuitività che sa cogliere il fantasmatico confine tra essere fisico e metafisica.


Firmament_press release / ENGLISH


Debora Hirsch
Firmament

curated by Fabio Carnaghi

October 18 – November 2, 2017
by appointment


MARS presents "Firmament", a solo show by Debora Hirsch, curated by Fabio Carnaghi.
The exhibition is the third in a series of special projects entitled “My Room On Mars” that will present new points of view of MARS as anomalous white cube. In her artistic practice, Debora Hirsch explores the ambiguity of contemporary communication system, heterogeneous language and post-digital culture.  In the site-specific project that she conceived for Mars, Debora Hirsch evokes nebulae and constellations, there where the space is absolute zero, the tabula rasa in which, like tiles of a mosaic, the suspended artworks migrate to unveil a world of hidden meanings that reality encloses. The subject of knowledge implies then an epistemic effort, a disclosure that the digitized surface hides and blurs. Debora Hirsch, born in São Paulo, Brazil. Lives and works in Milan. She has recently shown in museums, institutions and art galleries such as: nGbK, Berlin; MOCAK Museum of Contemporary Art in Krakow, Krakow; WhiteBox, New York; Galleria Pack, Milan; Anthology Film Archives, New York; Palazzo della Ragione, Verona; MuBE Museu Brasileiro da Escultura, São Paulo; MACRO, Rome. In 2018, she will be artist-in-residence at RU – Residency Unlimited, New York.


Debora Hirsch
Firmament

Metaphysical Approaches
by Fabio Carnaghi

"Firmament" is a constellation, a nebula, a conjunction of ethereal bodies finding its intrinsic character through permanent suspension. We seem to be in front of a hologramatic vision that translates into a kind of rebus, an enigma of unexpected meaning for the viewer to be solved. From form to content, from three to two-dimensional, from concrete to ideal, the installation by Debora Hirsch explores the territories of knowledge, the outlines of subliminal mechanisms, the pathways of communication. Debora Hirsch’s research has always reflected on the perceptive dynamic of the contact between the surface and the substance of the real, there where the mind exceeds its boundaries. In this heterotopia, often translating into a gnoseological investigation on communication in a post-digital culture, the limit between physical data and intelligibility is the spectrum on which the most acute and in-depth attention finds the identification of an internodal area between sensitive knowledge and scientific one, in other words, between relative and absolute knowledge. In this site-specific installation developed for MARS, a new point of view and exploration field take place, where even the lighting becomes a perceptive and abstract stimulus: Hirsch builds a space suggesting sometimes a cosmological representation, or in any case a symbolic-philosophical palimpsest that evokes a maieutic force. A monolithic solid modifies the space giving shape to the vacuum that stretches out above it, of which it is a missing part. Finally, a painting depicts a hyperuranic atmosphere in which an architectural structure is dematerialized in organic branches. Enhancing the void in an unknown space that will host imaginative migrations, through organic shapes and innate automatisms imprinted as brain projections in the material weave of painting the artist exposes a poetic medium that assumes every possible shape, without ontological mediations. The mineral stone gray is the primordial and magmatic lapis in which the invisibility of mental processes takes shape. "Firmament" is therefore an experiment in which the vacillating boundaries between intuitive instant knowledge and scientific mediated one are exposed, while matter becomes energy in the painting’s elusive immediate presence. Hirsch's intervention – a pure and simple appearance through minimal elements but complex in its theoretical-structural apparatus – reveals a vacuum made matter existing despite appearance and unveiling an invisible world that lies beyond the senses and in which everything is related. This installation thus builds a context of distant correlations and entanglement, demonstrating the indeterminacy of science in favor of an intuition that captures the phantasmatic boundary between physical and metaphysical being.



MARS (Milan Artist Run Space) / via G. Guinizelli 6, 20127 Milano – (MM1 Pasteur)

Gilberto Zorio al Castello di Rivoli


Inaugurazione 1 novembre 2017
Dal 02 novembre 2017 al 18 febbraio 2018

Per la prima volta in un museo pubblico a Torino, il Castello di Rivoli dedica una grande mostra retrospettiva a Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944), tra i pionieri della storia dell’arte contemporanea e tra i protagonisti dell’Arte Povera. Curato da Marcella Beccaria e sviluppato in dialogo con l’artista, il progetto espositivo include nuove installazioni e opere storiche.

Il progetto espositivo raccoglie in un innovativo percorso organico alcuni tra i più importanti lavori realizzati da Zorio dai suoi esordi, tra cui installazioni storiche gelosamente custodite dall’artista nella propria collezione privata. Queste rare opere saranno presentate al pubblico con lavori provenienti da selezionate collezioni e opere dell’artista presenti nella collezione del museo. Saranno inoltre esposte per la prima volta nuove installazioni appositamente ideate e create da Zorio per gli spazi del terzo piano del Castello. Le diverse condizioni di luce e buio predisposte dall’artista duplicheranno idealmente la mostra in due inediti scenari percettivi.

Le opere di Gilberto Zorio sono campi inesauribili di energia fisica e mentale. Dal 1966 ha indirizzato la propria ricerca in direzione di una processualità che rende continuamente mutevole ciascuna opera: in tal senso ha rinnovato il linguaggio della scultura, liberandola dalla fissità e dalla pesantezza a cui è tradizionalmente associata. Attivando reazioni chimiche o fisiche, l’artista immette i propri lavori all’interno di un ciclo vitale di fronte al quale egli per primo si pone come spettatore. Il tempo è spesso un’importante componente, in quanto solo il naturale trascorrere delle ore e dei giorni rende pienamente tangibile il dispiegarsi delle trasformazioni a cui le opere sono soggette. Afferma Marcella Beccaria: “In linea con la processualità che connota il metodo di Gilberto Zorio in base al quale più opere sono realizzate contemporaneamente e opere già realizzate possono essere riformulate, la mostra offre l’esperienza di un tempo sincronico nel quale passato e presente convivono, e di uno spazio mutevole, nel quale la sapienza alchemica dell’artista regala visioni inaspettate e coinvolgenti”.

La poetica dell’Arte Povera emerge alla metà degli anni Sessanta come radicale e rivoluzionario uso di materiali non tradizionali per creare installazioni in cui l’energia vitale fluisce e provoca situazioni di esperienze autentiche e intense negli spettatori.

Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli, dichiara “La mostra dedicata a Gilberto Zorio continua la lunga e particolare attenzione del Castello di Rivoli nei confronti dell’Arte Povera e della sua importanza nella costruzione dell’identità del museo. Gilberto Zorio è stato uno degli artisti che, dalla mostra inaugurale Ouverture nel 1984, per primi hanno dato nuova vita alle sale del Castello, contribuendo a renderlo un museo unico al mondo”.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo scientifico con nuovi testi del curatore, del direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev, di João Fernandes, di Tommaso Trini e da una ricca antologia di saggi critici, oltre alla più ampia selezione di scritti dell’artista mai pubblicata. Il volume includerà un nuovo progetto di disegni dell’artista e, ispirandosi alla sua pratica, ripercorrerà come in un viaggio la storia del suo percorso creativo e intellettuale, scrivendo per la prima volta attraverso parole e immagini il racconto che lega le opere ai luoghi che le hanno ospitate e che ne hanno favorito la creazione. Il catalogo sarà pubblicato in una edizione bilingue (italiano – inglese) dal Castello di Rivoli con Skira Editore, Milano.


Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia
10098 Rivoli - Torino
Info: +39 0119565222

Orari di apertura / Opening Hours
mar - ven / tue - fri: 10.00 – 17.00
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domenica 22 ottobre 2017

Luca Grechi. C'è una volta

La galleria Richter Fine Art, al suo secondo anno di attività, ha inaugurato la nuova stagione espositiva con C’è una volta, la personale di Luca Grechi.

L’artista, classe 1985, che già aveva partecipato alla collettiva d’esordio lo scorso ottobre, propone una selezione di dipinti, disegni e installazioni, un esempio di tutti i generi e i supporti utilizzati da Grechi. Le opere sono tutte in relazione tra loro, tra le loro diverse dimensioni e genere in rapporto allo spazio espositivo, ma mai corrispondenti. 
C’è una volta è l’evoluzione del mondo pittorico di Luca Grechi, da dove nasce e cosa fa nascere, come afferma l’artista: «Mi piace pensare che ogni opera “c’è una volta”, quella visione, quel momento, quella vibrazione da dove nasce l’idea dev’essere alimentata costantemente, per far sì che la prossima “volta” possa continuare ad essere colta». 
L’esposizione è pensata esattamente come sono pensati i disegni dell’artista, senza indecisioni, ogni lavoro, accuratamente scelto, mostra un lato e un tempo del percorso dell'autore, parla da solo, come una sintesi di tutti i lavori che l'hanno preceduto su quello stesso tema e sulla stessa sfumatura di intendere l'arte. La mostra, come sempre allestita su due piani prevede accanto ad una tela di grande formato al piano di sopra, degli oggetti, dei disegni, e una tela di formato più piccolo nello studio; al piano interrato disegni e lavori in legno.

La pittura dell’artista grossetano è caratterizzata da una figurazione al tempo stesso precaria e poetica, con i soggetti – per lo più elementi vegetali e paesaggi naturali – colti in uno stato di sospensione tra definizione ed evanescenza, una volontà di incastrare fra gli strati di materia il mondo interiore dell’artista insieme alla realtà esterna.

Il disegno è una purificazione, un lavoro di tabula rasa, di annientamento del mondo alla ricerca di un segno puro e sintetico; mentre le installazioni sono “cose” trovate, lasciate decantare, trasformate e rivisitate, rese vive di nuovo attraverso assemblaggi, colori in contrasto o empatici. L’oggetto, che in alcuni casi rimane se stesso, riflette il passato, il presente e il futuro aprendosi semplicemente alla contemplazione. Le basi cilindriche e totemiche, nelle varianti cromatiche ed emotive, accolgono nella verticalità gli oggetti posati e diventano monadi, specchi viventi dotati di azione interna e in grado di riflettere una presa di coscienza. 

Come afferma Isabella Vitale in dialogo con Francesco Angelucci nel testo che accompagna la mostra: « Le opere di Grechi cambiano sotto i nostri sguardi e le forme che esse evocano portano in sé sia i ricordi dell’artista sia del suo fruitore, secondo l’antico concetto di “empatia” o “simpatica simbolica”. […] Ma il titolo “c’è una volta” vuole appunto sottolineare l’imprescindibile legame con il presente, hic et nunc [...] L’arte non può aspettare, ma l’artista deve saper aspettare. Ne nasce una sorta di compromesso, un patto tra arte e artista, che si instaura e si rinnova di continuo attraverso un tacito accordo».

La galleria Richter Fine Art, nata lo scorso ottobre a Roma per volontà di Tommaso Richter, prosegue anche quest’anno la sua attività laboratoriale e di sperimentazione attorno ai linguaggi della pittura e alle possibilità che il mezzo offre, presentando una proposta artistica internazionale.


Bio artista

Luca Grechi, nato nel 1985 a Grosseto, vive e lavora a Roma. Dal 2004 al 2008 ha viaggiato tra l’America centrale, il sud America e la Francia. Si stabilisce poi a Roma dove nel 2010 consegue il diploma di laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti. 

Tra le mostre personali più recenti: Infinito (Galleria La Linea, 2016, Montalcino); Un sasso sul mare #2 (Sala Santa Rita, 2016, Roma); Sinkhole (Galleria Artothèque de Rome, Roma, 2013).
Tra le mostre collettive più recenti: Forever Never Comes (Museo Archeologico e d’Arte della Maremma, 2017, Grosseto); Non amo che le rose che non colsi, (Galleria Richter Fine Art, 2016, Roma); Asyndeton, (Castello di Rivara, 2016, Rivara, To); L’Uomo, Il Suono, La Natura (Terravecchia, 2016, Campania); I Materiali della pittura, (Il Frantoio, 2016, Capalbio); Iconologia Onirica, (Galleria La Linea, 2015, Montalcino); The Grass Grows,( Basel, 2014). 
Nel 2016 espone al Mac di Lissone in occasione del Premio Lissone.


Vademecum:

Titolo: C’è una volta
Artista: Luca Grechi
Testi: Francesco Angelucci e Isabella Vitale
Luogo: galleria Richter Fine Art, vicolo del Curato, 3 – Roma
Durata mostra: 18 ottobre – 24 novembre
Orari: dal 19 ottobre al 24 novembre 2017: dalle 13.00 alle 19.30 dal martedì al venerdì e il sabato dalle 09.00 alle 20.00.

Email: tommaso.richter.85@gmail.com
Fb account: Galleria Richter Fine Art


Ufficio Stampa: Chiara Ciucci Giuliani mob. +39 3929173661 – chiaracgiuliani@gmail.com