sabato 28 febbraio 2015

Carla Accardi. Accordi - Accardi


Dodici dipinti di medie e grandi dimensioni con colorazioni in cui e' possibile notare l'intrecciarsi di variazioni. Le opere si presentano come un insieme di piu' elementi che si completano l'un l'altro.


COMUNICATO STAMPA

La Galleria Valentina Bonomo è lieta di annunciare l’inaugurazione della mostra di Carla Accardi presentata da Laura Cherubini, sabato 28 febbraio 2015 dalle ore 18 alle ore 21, in via del portico d'Ottavia 13 a Roma.

Questa mostra, rispetta il progetto originale di Carla Accardi e presenta opere realizzate appositamente per la Galleria Valentina Bonomo.

L’esposizione raccoglie una selezione di opere frutto dell’ ultimissima produzione. Si tratta di dodici lavori di medie e grandi dimensioni, che hanno come comune denominatore le particolari colorazioni, in cui è possibile scrutare l’intrecciarsi di accordi e variazioni. Molte delle opere esposte si presentano come un insieme di più elementi che si completano l’un l’altro, da qui il titolo della mostra “Accordi - Accardi”.
Fra gli altri si distingue l’opera intitolata “Illusione”, in cui dodici elementi, ognuno de i quali caratterizzato da una tint a cromatica differente, creano eleganti ritmi e alternanze nel segno e nei tratti cromatici, inserendosi in una dimensione che taglia architettonicamente la parete, creando uno scambio oscillante tra l’opera stessa e lo spazio.
Queste opere di Accardi, pur mostrando un carattere di novità, mantengono una continuità con il lavoro precedente. In esse, infatti, si ritrova la tensione tra la vitalità del segno e la materia del supporto.
Accardi ha definito una sua calligrafia pittori ca inconfondibile: l’automatismo segnico. Gli iniziali segni bianchi su fondi neri si colorano in seguito di tinte e forme diverse: questi resteranno il suo marchio inconfondibile. Lei li battezzò lavori “autorigenerativi”. Nel suo studio romano, punto d’incontro del mondo dell’arte e della cultura, in un ordine impeccabile che poco si addice allo studio di un artista, con la precisione di un'artigiana professionista, Carla Accardi dipingeva le sue tele, ferme nel tempo, nella tecnica, nelle forme di sempre.

Carla Accardi , ( Trapani , 9 ottobre 1924 – Roma , 23 febbraio 2014 ), protagonista dell’arte italiana tra il XX e XXI sec., dopo esse rsi diplomata all’Accademia di Belle A rti di Palermo si trasferisce a Roma e fonda nel 1947 il gruppo “Forma 1” con Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perrilli, Sanfilippo e Turcato. Nasce così l’astrattismo. Nel 1954 intraprende una ricerca basata su una poetica del segno, che si articola per insiemi di segmenti pittorici bianchi stesi su fondi neri. Dagli anni ’60 approfondisce un linguaggio incentrato sul rapporto segno - colore, accentuando il valore cromatico in bicromie lumine scenti. La ricerca prosegue con la sperimentazione di nuove tecniche e materiali che la portano a superare la superficie piana della pittura: inventa forme spaziali fatte di fogli di sicofoil sui quali si svolgono trasparenti tracciati di colore. Nascono c osì lavori come “Tenda” del 1965, “Rotoli” e “Ambiente Arancio” del 1967. L’interesse per la relazione tra opera e ambiente giunge alla radicalità nel lavoro “Triplice tenda” del 1969 - ‘71, una vera e propria struttura “abitabile” e percorribile dallo spett atore. Negli anni Ottanta avvia una nuova ricerca: nelle sue opere l'utilizzo della tela grezza lascia trapelare gli intrecci di larghi segni colorati, dove diverse stesure cromatiche si giustappongono creando campi energetici di differenti intensità. Part ecipa alle principali rassegne dell’arte italiana e internazionale: Biennale di Venezia (1964, 1976, 1978, 1988), “Avanguardia Transavanguardia 68 - 77” a Roma nel 1982, “Chambres d’Amis” a Gand nel 1986, “Italian Art in 20th Century “ nel 1989 a Londra, “Th e Italian Metamorphosis, 1943 - 1968” nel 1994 al Guggenheim Museum di New York, “Minimalia” a cura di Achille Bonito Oliva nel 1997 - 1999 a Venezia, Roma, New York. Le opere dell’artista sono presenti nelle più importanti collezioni pubbliche e private del m ondo.

Immagine: Onda d'urto (2013) 80 x 80 cm

Inaugurazione sabato 28 febbraio 2015 ore 18 -21

Galleria Valentina Bonomo
via del portico d'Ottavia 13 – Roma
da martedì a sabato 15:00 - 19:00

CARLA ACCARDI
dal 28/2/2015 al 28/3/2015
mar - sab 15-19

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giovedì 26 febbraio 2015

Florence Henri - Mirror of the avant-garde 1927-1940


Florence Henri
Mirror of the avant-garde 1927-1940
from 24 February 2015
until 17 May 2015
Paris

Florence Henri (New York 1893 – Compiègne (France) 1982) was a multi-faceted artist, who was first known for her paintings before making a name for herself as a major figure in avant-garde photography between the end of the 1920s and the beginning of the 1940s. She lived in Silesia, Munich, Vienna, Rome and above all Berlin, before finally settling in Paris in 1924 and devoting herself to photography. This medium enabled her to experiment new relationships with space, in particular by the use of mirrors and other objects in her compositions.
The Jeu de Paume is presenting a vast panorama of Florence Henri’s photographic production from 1927 to 1940, including her self-portraits, abstract compositions, portraits of artists, nudes, photomontages, photocollages, as well as documentary photos taken in Rome, Paris and Brittany. The exhibition comprises vintage prints, various documents and published material.
When she was young, Florence Henri studied music and painting in England and Germany. In 1919, when she was a student at the Berlin Academy of Arts, she made the acquaintance of writer and art historian Carl Einstein and became friends with several figures of the avant-garde, including Hans Arp, Adrian Ludwig Richter, John Heartfield and Lázló Moholy-Nagy. She took classes with Paul Klee and Vassily Kandinsky at the Bauhaus in Weimar. In 1924 she moved to Paris, where she followed classes at the Académie Montparnasse, whose director was André Lhote, then at the Académie moderne (founded by Fernand Léger and Amédée Ozenfant). In 1927, after a visit to Bauhaus in Dessau, she abandoned painting in favour of photography. It was at this time that she produced her famous self-portraits in mirrors and her still lifes; the result of her first steps in the spatial research that she would carry out through the medium of photography.
Between the end of the 1920s and the beginning of the 1930s, three mythical exhibitions in terms of the history of European photography took place in Germany: "Fotografie der Gegenwart" at the Folkwang Museum in Essen (1929); "Film ind Foto" (Fifo) organised the same year by the Deutscher Werkbund in Stuttgart and "Das Lichtbild" held in Munich (1931). These exhibitions bore witness to the rapid expansion of new photographic concepts and a rupture with tradition. Fifo marked the zenith of the Neues Sehen (New Vision) movement of which László Moholy-Nagy was an exponent and "Das Lichtbild" marked the triumph of Neue Sachlichkeit (New Objectivity), whose leading representative was Albert Renger-Patzsch.
Florence Henri was invited to show an important number of prints at these three exhibitions in recognition of her photographic production during this fundamental period that saw the photography used to free our vision and open out onto new experiences.
Florence Henri’s studio rivalled that of Man Ray, even if she had also opened a school of photography where Lisette Model and Gisèle Freund, amongst others, would enrol. In fact, despite the central position that her oeuvre occupied in avant-garde photography at the end of the 1920s, her reputation as a portraitist in Paris, and the fact that her photos had been published in many of the period’s illustrated magazines such asArts et Métiers and Lilliput etc, Florence Henri’s body of work remains largely unknown.

László Moholy-Nagy’s* comments are a perfect illustration of Florence Henri’s position: “With Florence Henri’s photos, photographic practice enters a new phase, the scope of which would have been unimaginable before today. Above and beyond the precise and exact documentary composition of these highly defined photos, research into the effects of light is tackled not only through abstract photograms, but also in photos of real-life subjects. The entire problem of manual painting is taken onboard by the photographic process and is manifestly given a whole new depth thanks to this new optical instrument. Reflections and spatial relationships, superposition and intersections are just some of the areas explored from a totally new perspective and viewpoint.”

*László Moholy-Nagy, "Zu den Fotografien von Florence Henri",i10, No 17-18, Amsterdam, December 20, 1928.

Curator: Cristina Zelich, independent curator.

Exhibition organized by Jeu de Paume, with the kind collaboration of the Florence Henri Archive, Genoa


www.jeudepaume.org

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Christian Rainer - Il silenzio e la lode


Il 6 marzo 2015 la galleria Doppelgaenger presenta Il silenzio e la lode, nuovo e inedito progetto di Christian Rainer, a quattro anni dall'ultima mostra personale.

Rainer presenta delle opere dal contenuto tradizionale e classico che si collocano all'apice di un preciso percorso storico e di pensiero, in opposizione al pensiero mondano e secolarizzato, alla Storia intesa come contingenza,

Viene negata la distinzione tra arte classica-tradizionale e arte contemporanea; a metterle in relazione esiste una comunione di intenti, un medesimo archetipo e un comune atteggiamento nel modo d'intendere l'artista e l'opera, pur superando ogni rischio di anacronismo.

Devoto e abnegato, l'autore non si pone al centro del suo pensiero, dell'insegnamento che trasmette, ma solo al suo servizio, vale a dire al servizio di qualcosa di sovra-individuale.

Rainer concepisce la sua opera come avrebbero fatto gli artisti della tradizione se fossero vissuti oggi e lo fa assecondando la naturale "forma del pensiero".
Da qui nasce la sua inclinazione ad adottare indistintamente la fotografia, il video, la musica, la pittura, l'intervento ambientale e perfino piante, persone e animali.

L'insieme di opere qui presentate prende spunto dal Salmo 65: “Per Te il silenzio è lode”.
Il tema sacro è terreno fra i più esplorati dall’artista, al quale si ritorna - in questo caso - con un progetto sulla celebrazione del Creatore attraverso il Creato. Allontanandosi dall’idea di lode come esaltazione, come celebrazione rumorosa e culto della voce, Rainer preferisce deviare la sua indagine artistica verso quell’immenso alfabeto silente che è la natura: il Creato, per l’appunto, “alfabeto, scala musicale, scacchiera ordinata”, e ancora “contenitore di ogni possibile ricetta”: il silenzio come forma più alta di lode.

Restituire una forma al silenzio e agli elementi che in esso si celano, riconoscere il posto dell’Uomo all’interno di questo scenario, sono i principi alla base delle opere che compongono il corpus espositivo de Il silenzio e la lode.

Christian Rainer (20 Gennaio 1976 - ancora vivo)
Artista visivo, musicista e compositore, regista, scrittore.
Ha lavorato con importanti musei, gallerie e fondazioni (tra cui il Centre Georges Pompidou di Parigi nel 2001, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino nel 2002, Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Trento nel 2004 e Museo Pecci di Prato nel 2006 e 2007, Fringe Biennale di Venezia, 2007, Traffic Gallery di Bergamo, Museo di Villa Croce di Genova, 2011) e collaborato a numerosi progetti firmati con altri artisti e musicisti.
Rainer è inoltre autore di testi di narrativa, saggistica e critica d’arte ed è stato autore e regista di cinema e teatro.
Musicalmente ha all'attivo quattro album ufficiali, varie collaborazioni (tra cui Andy Bluvertigo e Giancarlo Onorato), musiche per film e serie televisive (per Valeria Golino, Cosimo Terlizzi e altre produzioni RAI).

Sito ufficiale: www.christianrainer.com

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On Friday, March 6th 2015, Doppelgaenger art gallery is pleased to present ‘’Il silenzio e la lode’’ (Silence and Praise), a new and original project by Christian Rainer, four years after his last personal exhibition.
In this recent production Rainer’s work has a deeply traditional and classical content, which is the result of a personal quest, as opposed to worldly and secularized thought and to history seen as contingency.
The distinction between classical-traditional and contemporary art is rejected; what brings them together is a shared intent, a common archetype and the same approach in reading the artist and the work, overcoming any risk of anachronism. With self-denial and dedication to the universal, the artist does not place himself at the centre of his thought or his message, but is merely their humble vehicle.
Rainer conceives his work as classical artists would have done, if they were alive today, and he does so, by following the ‘’shape of the thought’’, imagining what a thought would look like if it had a shape.
This explains the artist’s tendency to use indiscriminately photography, videos, music, painting, environment art, and even plants, people and animals.
The works, presented here for the first time, take their inspiration from Psalm 65, For thee, silence is praise. The Sacred is one of the artist’s most explored terrains, to which he now returns, with a project on the celebration of the Creator through the Created. Distancing himself from the idea of praise as exaltation, as noisy celebration or cult of the voice, Rainer prefers to deviate his artistic quest toward the immense and silent alphabet of Nature: in other words, the Created, alphabet, musical scale, well-ordered chessboard, but also vessel of every possible remedy. Silence as the highest form of praise.
Giving a form to silence and to all the elements hidden within it and recognising man’s place within this form are the principles informing the works that go to make up the exhibition Il silenzio e la lode.



Doppelgaenger
Via Verrone, 8
Bari
+39 392 820 3006
www.doppelgaenger.it

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Duilio Cambellotti in mostra a Bari nel Palazzo dell'acquedotto Pugliese

 

Monumento unico in Italia, il Palazzo dell'Acquedotto Pugliese di Bari si apre al visitatore come lo scrigno prezioso delle simbologie dell’acqua, delle sue grazie e delle sue virtù, realizzate dal genio di Duilio Cambellotti. Dal 27 febbraio al 14 giugno 2015 il Palazzo ospita la mostra “Duilio Cambellotti". Le grazie e le virtù dell’acqua”. L’Acquedotto Pugliese, la Regione Puglia, la Città di Bari, con il contributo della Banca Popolare di Bari e la preziosa collaborazione della Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e l’Archivio Cambellotti di Roma, dedicano questa mostra a Duilio Cambellotti per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua nelle terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell’artista che ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell’acqua nelle terre assetate della Puglia. La mostra è organizzata dalla società Sistema Museo. Il lungo percorso artistico dell’autore si compone di oltre centoventi opere in dipinti, disegni, illustrazioni, celebri sculture in bronzo come la monumentale “Fonte della Palude”, ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell’Acquedotto, in un susseguirsi di argomenti dedicati: la spiga e l’ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle donne, le virtù dell’acqua, gli stili e gli arredi. Le porte del Palazzo si aprono, dunque, sulle stanze dove l'acqua scorre da grossi vasi dipinti, dalle stele femminili di marmo sulle pareti, quasi divinità metafisiche, ieratiche e silenziose, dispensatrici dell'acqua risucchiata dalle vene di un fiume “addomesticato”, fino al trionfo del grande tubo dipinto sulle tele della Sala del Consiglio, trionfo della TECNOLOGIA idraulica accompagnata dalla danza delle lavandaie che strizzano lunghi panni bianchi, mentre sugli ulivi sventolano al sole grandi bandiere di lenzuola messe ad asciugare. Nel Palazzo delle Acque, pensato e allestito come una favola, gli arredi sono concepiti come troni di rustiche principesse, gli armadi degli uffici stilizzate dispense di tesori sui quali vegliano volti femminili dai capelli d'acqua madreperlata.
 Maristella Marroccoli
Unità Comunicazione e Relazioni Esterne Acquedotto Pugliese S.p.A
Via Cognetti, 36 70124 Bari
pubblica:
Massimo Nardi

Gary Hill. Depth Charge

Hill incentra la sua ricerca sulle relazioni tra codice verbale e immagini elettroniche e digitali. Il suo lavoro indaga le modalita’ di percezione, la diversita’ dei linguaggi (parlato, scritto e gestuale) e le dinamiche scaturite dalla combinazione di elementi visivi e sonori.
La Galleria Lia Rumma è lieta di annunciare la terza personale italiana di Gary Hill, dal titolo Depth Charge, che inaugurerà giovedì 26 febbraio 2015. Dopo le personali del 1996 e del 1999, presentate rispettivamente a Napoli e a Milano, nella prima sede di Via Solferino, l’artista californiano esporrà sui tre piani della galleria due lavori recenti: Klein Bottle, Pacifier e quattro lavori storici: Depth Charge, Isolation Tank, Learning Curve and Sine Wave.
Noto per l’utilizzo del video “come la forma di espressione più vicina al pensiero”, Gary Hill (Santa Monica, California, 1951), incentra la sua ricerca sulle relazioni tra codice verbale e immagini elettroniche e digitali. Il suo lavoro indaga infatti le modalità di percezione, la diversità dei linguaggi (parlato, scritto e gestuale) e le dinamiche scaturite dalla combinazione di elementi visivi e sonori generati elettronicamente.
Dalla metà degli Anni ’70 realizza video e video-installazioni, complesse e spesso scenografiche, in grado di coinvolgere attivamente lo spettatore. I sei lavori, intorno ai quali Hill ha costruito la sua terza personale da Lia Rumma, sono chiaramente esplicativi della sua rigorosa ricerca artistica e della varietà dei processi di elaborazione. In Depth Charge (2009-2012), che dà anche il titolo alla mostra, Gary Hill combina due precedenti opere: la proiezione è infatti un riferimento a Varèse 360, in cui la composizione, Un Grand Sommeil Noir (1906) di Edgard Varèse, è interpretata dal musicista/compositore Bill Frisell alla chitarra elettrica, mentre i cinque monitor a terra ripropongono l’opera The Psychedelic Gedankenexperiment, nella quale l’artista indaga le alterazioni psichiche dovute all’assunzione di dietilamide dell’acido lisergico (LSD).
La presenza stessa dell’artista e della sua voce, frequente nel suo lavoro, crea uno stato di sospensione e invita il visitatore a un ascolto e a una visione attenta dell’opera, come accade in Sine Wave (2011) e in Isolation Tank (2010-2011), dove un video interamente creato dal computer e il suono generato da un sintetizzatore danno vita a un’opera di forte impatto. Learning Curve (1993) è invece un omaggio al surf e alla relazione conoscitiva tra prassi e teoria. In quest’opera lo spettatore, seduto su una sedia da scuola all’estremità di un lungo tavolo di 5 metri leggermente inclinato e costruito prospetticamente proprio per enfatizzarne la distanza, è invitato a fissare un monitor di 5 pollici che mostra un’onda perfetta, inseguita dai surfisti per tutta la vita.
Gary Hill (1951, Santa Monica, CA). I suoi lavori sono stati presentati in musei e istituzioni di tutto il mondo, alla Foundation Cartier pour l’art contemporain, Paris; San Francisco Museum of Modern Art; Centre Georges Pompidou, Paris; Guggenheim Museum SoHo, New York; Museum für Gegenwartskunst, Basel; Museu d’Art Contemporani, Barcelona; Kunstmuseum Wolfsburg e altre ancora. I progetti su commissione comprendono opere per il Science Museum di Londra e la Seattle Central Public Library di Seattle, Washington, ed una installazione e una performance rispettivamente al Colosseo e al Tempio di Venere a Roma. Hill ha inoltre ricevuto borse di studio dal National Endowment for the Arts e dalle Fondazioni Rockefeller e Guggenheim, oltre a numerosi premi ed onorificenze, come il Leone d’Oro per la Scultura alla Biennale di Venezia (1995), il John D. and Catherine T. MacArthur Foundation Fellowship Award (1998), il Kurt-Schwitters-Preis (2000), ed un dottorato ad honorem dall’Academy of Fine Arts di Poznan, in Polonia (2005) , e dal Cornish College of the Arts di Seattle, WA (2011).
—– english
Galleria Lia Rumma is pleased to announce Depth Charge, the third solo exhibition in Italy of works by Gary Hill, opening on Thursday, 26 February 2015. After the exhibitions of 1996 in Naples and of 1999 in the former premises in Via Solferino in Milan, the Californian artist is back with two recent works: Klein Bottle and Pacifier, and four historic creations: Depth Charge, Isolation Tank, Learning Curve and Sine Wave.
Known for his use of video “as the form of expression closest to thought”, Gary Hill (Santa Monica, California, 1951) focuses his artistic research on the relationship between verbal codes and electronic and digital images. In his work, he investigates the processes of perception, the diversity of spoken, written and gestural languages, and the dynamics brought into play by combining visual elements and electronically generated sounds. Since the mid-1970s he has been creating complex and often spectacular videos and video installations, which involve the viewer on a personal, active level.
The six works around which Hill has constructed his third solo exhibition at Lia Rumma’s clearly reveal his meticulous artistic research and the variety of processes it involves. In Depth Charge (2009-2012), the work that gives the exhibition its title, Gary Hill combines two previous works, for the screening is actually a reference to Varèse 360, in which the composition – Un Grand Sommeil Noir (1906) by Edgard Varèse – is interpreted by the musician/composer Bill Frisell on the electric guitar, while five monitors on the ground play The Psychedelic Gedankenexperiment, in which the artist investigates the psychic alterations brought about by lysergic acid diethylamide, or LSD.
The very presence of the artist and his voice, which is often a part of his works, creates a state of quiescence, inviting the viewer to watch and to listen to the work with great care. This can also be seen in Sine Wave (2011) and Isolation Tank (2010-2011), in which an entirely computer-generated video with synthesised sound creates a work of huge impact. Learning Curve (1993), on the other hand, is a tribute to surfing and to the cognitive relationship between theory and practice. In this work, the viewer is seated on a school chair at the end of a slightly tilted five-metre-long table made in perspective in order to emphasise its length, and asked to focus on a 5-inch monitor that shows a perfect wave, followed endlessly by surfers.
Gary Hill (b. 1951, Santa Monica, CA) Exhibitions of his work have been presented at museums and institutions worldwide, including solo exhibitions at the Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris; San Francisco Museum of Modern Art; Centre Georges Pompidou, Paris; Guggenheim Museum SoHo, New York; Museum für Gegenwartskunst, Basel; Museu d’Art Contemporani, Barcelona; and Kunstmuseum Wolfsburg, among others. Commissioned projects include works for the Science Museum in London and the Seattle Central Public Library in Seattle, Washington, and an installation and performance work for the Coliseum and Temple of Venus and Rome in Italy. Hill has received fellowships from the National Endowment for the Arts and the Rockefeller and Guggenheim Foundations, and has been the recipient of numerous awards and honors, most notably the Leone d’Oro Prize for Sculpture at the Venice Biennale (1995), a John D. and Catherine T. MacArthur Foundation Fellowship Award (1998), the Kurt-Schwitters-Preis (2000), and honorary doctorates from The Academy of Fine Arts Poznan, Poland (2005) and Cornish College of the Arts, Seattle, WA (2011).
Inaugurazione 26 Febbraio 2015 ore 19

Galleria Lia Rumma
via Stilicone, 19 Milano
martedì-sabato 11.00-14.00 / 15.00-19.00
ingresso libero
GARY HILL
dal 26/2/2015 al 30/4/2015
mar-sab 11-14 e 15-19
www.liarumma.it

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martedì 24 febbraio 2015

VALENTINA D'AMARO - VESPRO



VALENTINA D'AMARO - VESPRO
testo di Andrea Lacarpia

Inaugurazione venerdì 27 febbraio ore 18.30

dal 27 febbraio al 21 marzo 2015 (su appuntamento)

DIMORA ARTICA, via Matteo Maria Boiardo 11 – Milano (MM1 Turro)


Venerdì 27 febbraio Dimora Artica ospita la mostra personale di Valentina D'Amaro, nella quale l'artista presenta una nuova serie di opere pittoriche che interpretano in chiave romantica alcuni scorci dei laghi dell'Italia settentrionale, immersi in una luce vespertina.


Vespro: Nel fluire storico, sentimento e razionalità si alternano come polarità in cerca di una sintesi nella quale ritrovare l'armonia. Se la ragione è lo strumento con il quale la realtà si oggettivizza, l'emozione è solitamente associata all'impressione dell'individuo che interpreta il mondo attraverso i propri sensi. La filosofia idealista, ed in particolare il romanticismo, ritrova la sintesi delle polarità nell'assoluto, dimensione permeata dalla condizione estatica che trascende la fisicità pur mostrandosi nella quotidianità fenomenica.
Novalis, autore paradigmatico dell'atteggiamento romantico, descrisse la propria attività poetica come un potenziamento qualitativo che conferisce a ciò che è consueto e ordinario un aspetto misterioso che travalica ogni finitezza. Da semplice spontaneità dell'irrazionale, in Novalis la lettura soggettiva del mondo si fa estasi permeata di riflessione, attraverso la quale l'uomo diviene creatore della stessa natura che osserva.
Le opposizioni dialettiche si placano nella giustizia poetica là dove gli opposti si integrano nella totalità vivente di una natura non più sentita come una realtà esterna all'uomo, ma come frutto della costante contemplazione creatrice dell'animo umano, originaria funzione dell'esistenza che unisce il produrre e il sapere nell'attività dello spirito.

Pur concentrandosi da diversi anni nell'ambito del paesaggio, Valentina D'Amaro non si limita alla registrazione della veduta come natura incontaminata, ma trova il suo centro di gravità nell'uomo che attraverso l'esperienza meditativa accede ad una dimensione metafisica, in cui l'esteriorità e il mondo interiore convergono empaticamente. Pur non apparendo nei dipinti, la figura umana è presenza spirituale che con il pensiero pone in essere il paesaggio stesso.
Se nella precedente serie di dipinti l'artista ha trasformato l'apparente atonia della Pianura Padana in luminose distese erbose dominate da un verde smagliante e da un cielo costantemente bianco, ora Valentina D'Amaro ritrova negli scorci del Lago Maggiore e del Lago D'Orta un'armonia dai toni più intimisti, comunicati dal rispecchiamento del cielo e delle montagne nell'acqua lacustre. Il colore blu, modulato in modo da rendere l'eterica elettricità comunicata dal lago, domina le opere con la sua sottile vibrazione cromatica.
L'acqua, il cielo e le montagne si contendono lo spazio pittorico all'interno di abili inquadrature in cui la pace e pacatezza dell'insieme compositivo celano le inquietudini di un'atmosfera saturata dalle presenze immateriali che risiedono nella luce del crepuscolo.
I toni umbratili accompagnano una romantica rêverie dedicata alle sottili energie dello stato d'animo vespertino, agevolando la concentrazione meditativa che lentamente prende il posto del rumore dei pensieri quotidiani, creando una nuova realtà dominata dalla pace interiore.


Info:
DIMORA ARTICA
Via Matteo Maria Boiardo 11 (MM1 Turro) – Milano
Tel. +39 380 5245917
www.dimoraartica.com – dimoraartica@gmail.com

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