giovedì 31 maggio 2012

Giovanni Ozzola_Castaway Depot


Giovanni Ozzola
Castaway Depot
41° 7’ 31’’ N 16° 52’ 0’’ E - in a sentimental mood

Il 4 Giugno 2012 alle ore 18:30 la galleria Doppelgaenger – in Via Verrone a Bari - apre i suoi spazi al pubblico con la mostra personale di Giovanni Ozzola giovane artista fiorentino, appena trentenne ma con alle spalle un curriculum fitto di premi ed esibizioni, in Italia e nel Mondo, da Amsterdam a Tokyo, da Londra a Pechino.
Bari e l’eterno-materno abbraccio del mare, con il quale Giovanni Ozzola sembra aver stretto un profondo legame, accolgono Castaway Depot. Le sue creazioni hanno sempre saputo raccontare magistralmente la luce, il tempo e l’orizzonte, temi che vengono costantemente trattati secondo un’estetica ricca di simbologie, di misticismo ed assai povera di “matematica”: Ozzola tiene particolarmente ad affermare la propria natura di “artista istintivo”.
Sono molte, e nella forma tutte estremamente diverse le une dalle altre, le opere che Ozzola prevede di esporre per il primissimo atto di Doppelgaenger. Il comune denominatore è l’esplorazione. Navigare, esplorare, viaggiare, sono azioni complesse per mezzo delle quali l’uomo, affrontando paure ancestrali, riesce a collocarsi nello spazio e nel tempo. La coscienza di questo cammino diviene mezzo per la conoscenza di sé stessi. Su dodici pietre d’ardesia che compongono un unico lavoro sono state incise le rotte intraprese dai grandi navigatori ed esploratori: da Colombo a Magellano, da Zheng He a Charles Darwin; mappe caratterizzate dalla totale assenza di geografia e nelle quali il viaggio - l’essere partiti e l’aver fatto ritorno - stabilisce sui luoghi una supremazia inesorabile.
In Giovanni Ozzola è forte il desiderio di affrontare luoghi mai conosciuti, di andare verso l'ignoto, di essere naufrago, tutte tappe di un viaggio consapevole.
Conclusione del percorso espositivo è un lavoro fotografico che rappresenta l’orizzonte, ennesimo di una serie inarrestabile e frutto dell’ultima permanenza dell’artista in terra di Bari. Nient’altro che un vuoto, davanti alla costa adriatica, la cui immagine è in grado di suscitare un particolare senso di stordimento ed il diluirsi diventa incipit e conclusione del percorso di conoscenza. Il vuoto alimenta quella sorta di flusso di coscienza joyciano che è l’arte di Giovanni Ozzola e che viene costantemente tradotta in immagini attraverso i media espressivi più vari.
Nella già vasta produzione artistica di Ozzola, abituato a sperimentare le immense possibilità della fotografia e della video-arte, rappresentano un motivo di assoluta novità le incisioni nelle ardesie. E’ la prima volta che l’artista si misura su un’idea che, per quanto istintiva, sembra essere cucita addosso al luogo che le fa da scenario: da un lato Bari, il suo vincolo indissolubile con il mare, dall’altro Palazzo Verrone, con la sua facciata che le varie epoche hanno saputo trasformare in uno splendido ibrido architettonico.
Il mare, il tempo e il loro comune scorrere, legame indissolubile tra l’uomo e la propria natura di esploratore del mondo e di sé stesso.
Bari(Bari)
galleria Doppelgaenger
Inaugurazione ore 18.30
ingresso libero
Info. 3928203006

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Amalia Di Lanno

Fasano Jazz 2012

Dal 1 al 9 giugno 2012 si svolgerà la XV Edizione di Fasano Jazz, lo storico e puntuale appuntamento per i cultori della musica di qualità, capace in ogni sua stagione di sorprendere con la varietà delle sue proposte indirizzate alle aree più intriganti del jazz e del rock, con la direzione artistica di Domenico De Mola (Ufficio Attività Culturali del Comune di Fasano). Dopo il successo dell’Edizione 2011, anche in questa 15° edizione Fasano Jazz sarà palcoscenico di respiro internazionale, continuando a garantire la sua filosofia di jazz inteso come “area di libero scambio”. Sempre aggiornato e legato anche al mondo rock, prog e fusion, Fasano Jazz conferma il suo essere un laboratorio di musica aperta, lontano dalla visione più ingessata del jazz, che vivifica la naturale vocazione turistica e culturale della Puglia.

Consulta il sito

Informazioni:
Comune di Fasano – Servizio Cultura
Palazzo dell’orologio – Piazza Ciaia, 12
72015 – Fasano (Br)
cultura@comune.fasano.br.it
Tel: 0804394123


Fonte: http://www.tafter.it

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Amalia Di Lanno

Mostra POP Art


La Galleria Wikiarte
In Via San Felice 18, Bologna
È lieta di invitarvi sabato 9 giugno 2012 ore 18.00
Alla inaugurazione della Mostra Pop Art
dove dieci artisti selezionati daranno
colore e vita ad un evento unico
assolutamente da non perdere

Artisti In Mostra
CRISTIANO BIONDO, CRISTIANO MANCINI,
DEJAVU, DIANELLA MADRIGRANO,
ENAS ELKORASHY, GIULIA FERRETTI,
LUCA AMENDOLA, MODAN,
ROBERTA DIAZZI, SUSANNE SEILKOPF

Clangore dell’avanguardia, così come la pacifica rappresentazione della reiterazione, nella stupefacente magia dell’uniformità.
Ciò che è pop vive e si produce nell’istante: non esiste una dimensione perdurante, non c’è prospettiva storica se non momentanea. La possibilità della riproduzione in serie dell’opera d’arte rinuncia –paradossalmente – a qualsivoglia ipotesi di eternità, permettendo però di accettare e mettere a frutto una sorta di arricchimento permanente del materiale visivo. Uno straordinario tentativo di assimilazione e rappresentazione onnicomprensiva che sottolinea e rende oggetto – a volte anche al di là ed oltre le proprie intenzioni – i meccanismi sottesi alla società contemporanea.
Il contesto sociale entro il quale l’opera nasce e si sviluppa non è meno importante dell’oggetto in sé: ciò che è non è nient’altro che ciò da cui proviene, e non potrebbe essere altrimenti – parafrasando “Candidamente” Voltaire -.
Non esistono scuole o linee guida che possano riprodurre uno “stile” pop, ma soltanto una percezione allargata della realtà in grado di capitalizzare gli effetti di un immaginario visivo universale e restituire loro energia vitale.
Gli artisti riuniti in questa mostra raccolgono – per intera – tale eredità come la naturale evoluzione di un modo di fare arte che in alcun modo potrebbe ripetere convenzioni iconografiche o immagini stereotipate, vivendo - l’immaginario pop - della rappresentazione mutevole della contemporaneità.
Nel corso dei decenni si sono modificate le tecniche, i mezzi e i procedimenti espressivi, si sono sbriciolati e confusi i referenti ultimi dell’opera d’arte, si è affinato un particolare tipo di percezione visiva: ciò che è rimasta intatta è quella variegata diversità del molteplice che tiene artisti tanto lontani fra loro in equilibrio sopra una medesima linea narrativa.
E’ il momento sintetizzato nella visione dell’immagine, una forza che muove dall’interno per liberare la potenza eversiva della propria generosità.
Perché Pop è tutto quanto è anche il suo contrario, è ciò che si agita nell’esagerazione e risale dal precipizio, è “popolare, effimera, ironica, ingegnosa, sexy, giovane”. (R. Hamilton)
Alberto Gross

Critica:
Presentazione a cura del Critico Alberto Gross

Catalogo:
disponibile in Galleria €.10,00

Patrocinio
Regione Emilia Romagna

Sponsorizzata da:
www.virtualstudios.it
www.ilpensieroartistico.eu
www.aperitivoillustrato.it
www.fotodigitalservice.com
www.lavoriedilionline.it

Durata mostra:
dal 9 al 21 giugno 2012
da martedì al sabato dalle 10.30 alle 19.00 orario continuato
domenica e lunedì chiuso.

Ingresso:
libero

Info e contatti:
Mail: info@wikiarte.com
Sito: www.wikiarte.com

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Amalia Di Lanno

mercoledì 30 maggio 2012

Mostra Fotografica_RACCONTI DELLA CITTA’ VECCHIA


Mostra Fotografica
RACCONTI DELLA CITTA’ VECCHIA

a cura di Maria Pansini

8 – 24 Giugno 2012

Galleria “Spazio Giovani”
Via Venezia, 41
BARI


“È l’umore di chi guarda che dà alla città di Zemrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su: davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto, con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi s’impiglieranno raso terra, nei rigagnoli, i tombini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto della città sia più vero dell’altro (…)”

Italo Calvino, Le città e gli occhi. “Le città invisibili”

Fotografare il centro storico di Bari è un viaggio in un quartiere denso di elementi, codici e segni da decodificare. Non è affatto facile cogliere il genius loci della vecchia Bari, gli stereotipi si affacciano tutt’intorno e la tentazione è quella di ricalcare dei cliché già visti in tutto il panorama della “mediterraneità”.
Non cediamo dunque alla tentazione di raccontarvi la baresità, che forse non esiste, ma invertiamo la prospettiva e inventiamo un nostro percorso: i “Racconti della città vecchia” sono visioni di otto fotografi che a Bari vecchia si ispirano e che in essa si perdono. Otto diverse traversate, otto umori di chi guarda la città e ad essa dà una forma.
Francesca De Santis ha materializzato il suo punto di vista in un passante curioso e colorato, un omaggio alla curiosità di chi scopre questo dedalo peninsulare di viuzze labirintiche e si ferma ad osservare.
Francesco Catalano, tra le sue incessanti peregrinazioni, cammina e incontra le facce, la gestualità, il bianco e nero delle cose. L’anima del reporter indugia sul quotidiano che non fa notizia, ma riempie di vita le fotografie.
Giovanni Musci si accorge di un culto profano, la squadra di calcio che rende Bari femminile e così “la Bari”, come una giovane innamorata alla quale fare omaggio, viene celebrata sui muri della città vecchia con scritte e galletti.
Francesco Pinto invece le scritte sui muri le legge come un urlo, una violenza, la dissacrazione dell’abitato deturpato dai segni dell’inciviltà. “Sim can…” cioè siamo bestie, quando non rispettiamo l’ambiente.
Francesca Passarelli alla vecchia città dà forma di arco, tipica architettura dei centri storici mediterranei. Le sue geometrie mostrano un arcobaleno fatto di sfumature di grigio e lunghi pomeriggi assolati.
Nelle fotografie di Maria Pansini il tempo cambia, la luce piove negli androni, i vecchi cortili sono stanze che registrano presenze intermittenti, oggetti e persone di passaggio, realtà provvisorie che la fotografia intercetta e restituisce.
I racconti di Vito Marzano e Antonio Fantetti respirano il sacro.
Antonio Fantetti lo vive nell’oscurità della basilica, lo capta con discrezione tra le luci soffuse delle candele e sugli inginocchiatoi; la devozione è quella del rito ortodosso, ma nelle sue immagini la preghiera appare un fatto universale e allo stesso tempo intimo.
Vito Marzano infine osserva ironicamente la commistione di sacro e profano e i fotomontaggi naturali che il paesaggio urbano racconta al suo occhio attento. Fa sorridere ma pirandellianamente, subito dopo l’avvertimento del contrario, lo sguardo ne indaga anche il sentimento.
È il Museo della fotografia del Politecnico di Bari che raccoglie questi frammenti di narrazione visiva e ce li mostra nel luogo stesso nel quale si sono generati; la mostra si inaugura l’8 giugno a Bari, presso la galleria “Spazio Giovani” di Via Venezia, ovvero sulla muraglia di Bari vecchia.

Orari visita mostra:
LU-VE 10-13/17-21
SA 10-13/17-2

Il Catalogo, comprendente tutte le foto esposte è a cura di Pio Meledandri
Ufficio stampa e comunicazione Amalia Di Lanno



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Amalia Di Lanno

Convegno sulla fotografia_Paesaggi Luoghi Scenari

POLITECNICO DI BARI
Museo della Fotografia
Convegno Paesaggi Luoghi Scenari
8-9 Giugno 2012 Ore 10,00
Aula Magna “Attilio Alto”
Via Orabona, 4
Politecnico di BARI

Dalla fine degli anni ’70 un numero sempre più ampio di Fotografi italiani si è occupato di Paesaggio, non più inteso come genere, ma come osservazione diretta e privilegiata dell’esterno. Le visioni eterogenee dei Fotografi, frutto di una mediazione dinamica con la realtà, fanno emerge l’analisi della complessità del Paesaggio contemporaneo, la cui rappresentazione è apparsa nelle immagini prodotte, più interrogativa che risolutiva. L’attenzione alle periferie, ai non-luoghi, alle città e ai segni delle trasformazioni del territorio induce questi autori ad abbandonare il lessico e la sintassi tradizionali, sino a quel momento riconoscibili anche al senso comune, per sperimentare nuove poetiche e nuove strategie visive. Il dissesto idro-geologico, i processi di antropizzazione diffusa, lo sfruttamento intensivo del territorio favorito dall’incuria e dalla cultura del profitto, oltre a rappresentare una minaccia per l’intero sistema, causano mutazioni straordinariamente rapide del paesaggio considerato come valore e come risorsa. I rapidi processi su indicati convivono già da alcuni anni con le grandi innovazioni dei mezzi di “produzione” della rappresentazione, tanto da rimanerne condizionati, sviluppando nuove modalità ed abitudini di vita. L’interazione tra paesaggio e la tecnologia, ci pone continuamente di fronte a problemi di modelli di riconoscimento. Il rischio è quello di precipitare nell’afasia visiva, una sorta di incapacità di vedere oltre lo sguardo. Lo strapotere mediatico e tecnologico minaccia “l’abilità” del saper essere spettatori, del “guardare” la città e la natura, percependone le macro e le micro-trasformazioni, saper leggere gli scollamenti, le disgiunzioni, le stratigrafie del passaggio tra vecchio e nuovo, che poi altro non è che ribaltare completamente il mito rinascimentale dell’uomo “modellatore della natura”, o quello peggiore, modernistico, della demolizione dei modelli rurali per sostituirli con quelli industriali e post-industriali dei consumi e dei falsi bisogni. Il sovvertimento del ruolo porta a rivedere l’antica centralità dell’uomo nella progettazione e determinazione del paesaggio. L’attitudine alla percezione dell’ambiente riconosce al Paesaggio la sua funzione rappresentativa. Nascono, per fortuna dico io, propensioni a riportare l’uomo al centro dell’attenzione, non antagonista ostile alla natura. Gli scenari naturali, come l’interno dell’abitazione, diventano spesso i luoghi della “narrazione”. Questo conferimento assegna all’uomo un ruolo fondamentale ai fini della ri-costruzione del territorio, a cui viene riconosciuto non solo la dignità di bene, come recita la normativa, ma lo carica di tutti quegli aspetti simbolici e semantici dei più svariati linguaggi che un’immagine può restituire. Il Convegno si propone di analizzare il Paesaggio nelle sue mutazioni, il suo orientamento e il suo sviluppo, individuando alcune tra le possibili forme contemporanee della sua rappresentazione visuale, ma anche di riconoscere i punti di forza della sua funzione di grande Teatro in cui una percezione indubbiamente diversa dal passato, ha assegnato all’uomo il duplice ruolo di spettatore/attore. “Guardare il Paesaggio non è mera contemplazione, ma è un processo altamente selettivo, nel quale l’attore raccoglie indicazioni sul modo in cui, nel suo rapporto con il mondo, deve agire per soddisfare i suoi bisogni o interessi” (Charles Morris) .

Pio Meledandri
Direttore Museo Fotografia Politecnico di Bari

PROGRAMMA

8 giugno mattina Aula Magna “Attilio Alto” Politecnico di Bari

Ore 10,00 Saluto di Nicola Costantino Magnifico Rettore Politecnico di Bari e di Nichi Vendola Presidente Regione Puglia. Con la partecipazione di Angela Barbanente - Assessore Regione Puglia - Qualità del Territorio, Paesaggio, Aree Protette, Musei e Archivi –

Relatori:

Dino Borri docente di Ingegneria del Territorio - Politecnico di Bari - “Aspetti territoriali dell'ingegneria della conoscenza” -

Francesco Selicato docente di Progettazione Urbanistica - Politecnico di Bari- “Pianificazione del sistema delle coste”

Giovanni Chiaramonte Fotografo, docente di Fotografia - IULM di Milano - “Il sacrificio del Paesaggio”

Ore 13 e 30 Pausa pranzo

pomeriggio - ore 15,30

interventi: Vincenza De Nigris Fotografa, docente precaria di Fotografia “Visioni e innovazioni”

Francesca Fabiani Responsabile Collezioni di fotografia del Museo MAXXI Architettura “Fotografia e Paesaggio, politiche di acquisizione e di esposizione del MAXXI”

Marco Signorini Fotografo, docente di fotografia - Accademia di Brera Milano - “Paesaggio e "storia" del quotidiano”

Maria Pansini Fotografo, docente di lettere e fotografia “Racconti della città Vecchia: tra genius loci e surmodernità"

Seguirà discussione
Moderatore Pio Meledandri Direttore Museo della Fotografia Politecnico di Bari

9 giugno

mattina - ore 9 e 30
Carlo Garzia Fotografo e responsabile scientifico Associazione “La Corte, fotografia e ricerca” Bari – “ Il flâneur sospeso, una nuova prospettiva metropolitana"

Roberta Valtorta Storico dell’Arte - Direttrice Museo della Fotografia Contemporanea Provincia di Milano - “Mutamento del concetto di territorio nei progetti fotografici pubblici dagli anni Ottanta a oggi. Alcuni esempi ”

Ore 11 Coffee Break

Discussione e Conclusioni
Ore 13,00 Termine dei lavori

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Amalia Di Lanno

BEIJING 2008, LA GRANDE SVOLTA

BEIJING 2008, LA GRANDE SVOLTA

Mostra Fotografica sulla Cina Olimpionica
di Fabrizio Capsoni

Dal 6 giugno al 15 luglio 2012
Art-Loft-Milano, Viale Puglie 23, Milano

Mercoledi 6 giugno 2012 negli spazi Art-Loft-Milano di Viale Puglie 23, Fabrizio Capsoni inaugurerà la sua Mostra Fotografica “Beijing 2008, la grande svolta”, frutto di un reportage che il fotografo ha realizzato in Cina nel 2008 in occasione del periodo olimpico.

A poco più di un mese dai giochi olimpici di Londra, Capsoni mette in esposizione oltre 200 scatti per rievocare e soprattutto ricordare l'evento di Pechino del 2008 che ha confermato quei grandi cambiamenti che hanno tanto influito anche sulla scena economica e culturale mondiale.

Capsoni ha infatti trascorso oltre un mese a ridosso dell’agosto 2008 tra Pechino ed alcune altre zone della Cina, e nelle oltre 3.000 immagini che ha realizzato ha voluto cogliere l'atmosfera e l'essenza di un evento così importante; per questo ha cercato di documentare Beijing e lo spirito olimpionico, dando risalto alla gentilezza degli abitanti, alla capacità organizzativa del popolo cinese e non per ultimo alla qualità della vita, intesa come vivibilità e modernità.

L'evento olimpionico non può certo ridursi alle sole immagini sportive, ma deve rappresentare la svolta e lo sviluppo di un popolo e della sua nazione e la Mostra si pone l’obiettivo di documentare quei lati positivi della Cina che meritano di essere diffusi al fine di una corretta informazione.

Sorrisi della cordialità, architetture inimmaginabili, chef con camici immacolati, una ragazza che assiste l'anziana nonna, la sicurezza garantita dalle forze dell'ordine, le vie della moda, i giovani del duemila, il tifo sportivo e l'orgoglio nazionale, i volontari e lo spirito di gruppo, i contrasti grandi e piccoli, le tradizioni e l'organizzazione turistica, l'arte contemporanea.

In poche parole Beijing 2008, un evento olimpico spettacolare non solo per lo sport ma anche e specialmente per l'affermazione del grande cambiamento, la svolta di un popolo.

Fabrizio Capsoni, fotografo

Nato a Milano, sviluppa la passione per la fotografia negli anni 80 considerandola mezzo di espressione, documentazione e sensibilizzazione. Oltre alla produzione estetica o artistica, spesso ama effettuare ricerche su temi specifici che lo coinvolgono personalmente: noto il suo reportage sull'emarginazione a milano. Ha esposto in diverse città e location ed ha ottenuto importanti riconoscimenti.

Info e contatti:

Fabrizio Capsoni – fotografia
ufficiostampa@capsoni.it
www.capsoni.it

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Amalia Di Lanno

martedì 29 maggio 2012

The Phenomenal World


Una collettiva a cura di Peter Nagy che raggruppa sette giovani artisti indiani emergenti, molti dei quali alla loro prima mostra in Italia.

comunicato stampa

a cura di Peter Nagy

La galleria OTTO ZOO presenta The Phenomenal World, una collettiva a cura di Peter Nagy che raggruppa sette giovani artisti indiani emergenti, molti dei quali alla loro prima mostra in Italia: Rohini Devasher, Chitra Ganesh, Alexis Kersey, Aditya Pande, Mithu Sen, Seher Shah e Schandra Singh. Questa nuova generazione artistica indiana sembra aver definitivamente messo da parte l’animosa ostilità tra figurazione e astrazione, in pittura e nelle arti grafiche. Gli artisti in questa mostra, in particolare, si esprimono liberamente utilizzando svariati linguaggi, sia digitali che tradizionali, sia specifici che universali, sia idiosincratici che mondani; ignorano le precedenti distinzioni dei limiti materiali e oscillano tra categorie iconografiche pre-esistenti (ritratto, paesaggio, architettura, stile floreale e commemorativo).

L’apparenza sembra sufficiente per confermare l’esistenza e ognuno di loro materializza universi altamente personali, ma profondamente legati all’osservazione della realtà.

La pratica artistica di Rohini Devasher subisce la fascinazione delle scienze e del mondo naturale: partendo da una matrice tecnologica, esplora la crescita organica e il processo evolutivo. Le due imponenti stampe digitali in mostra a Milano traggono ispirazione dall'immaginario legato alle specie biologiche, alle osservazioni astronomiche, alle risonanze magnetiche. Nata nel 1978, Rohini Devasher vive e lavora a New Delhi. Ha conseguito un BFA al College of Art di New Delhi e un MFA in Incisione alla Winchester School of Art (UK). Ha partecipato a mostre collettive alla galleria Green Cardamom e alla British Library di Londra, e alla Royal Scottish Academy di Edimburgo. Sue personali si sono tenute nella galleria Project 88 di Mumbai e, nel 2011, nella galleria Nature Morte di New Delhi.

Newyorchese con orgini indiane, Chitra Ganesh crea opere d'arte che si pongono a cavallo delle culture, spesso fissando iconografie nascoste e secondarie. Il suo lavoro è ispirato alle mitologie contemporanee attinte dalle trame delle narrazioni antiche, dei racconti fantastici, della tradizione ritrattistica e delle culture popolari del cinema di Bollywood e della fumettistica. Nella mostra ad OTTO ZOO vengono presentati tre grandi ritratti eseguiti a carboncino su carta. I soggetti di questa serie sono attrici del film muto indiano, star di qualche produzione europea, spettatrici innocenti della deriva dell'Orientalismo.
Chitra Ganesh vive e lavora a Brooklyn dove è nata nel 1975. Ha ottenuto un BA alla Brown University nel 1986 e un MFA alla Columbia University nel 2002. Il suo lavoro è stato esposto in numerose istituzioni internazionali, tra cui: il Brooklyn Museum (2004), l'Asia Society (2006), PS1-MOMA (2010) di New York, lo ZKM di Karlsruhe (2007), il MOCA di Shanghai (2009), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino (2006), l'Instituto Valenciano de Arte Moderno di Valencia (2009), la Saatchi Gallery di Londra (2010) e il Prince of Wales Museum di Mumbai (2011).

Alexis Kersey è cresciuto nell’India meridionale e in Inghilterra. Nel suo lavoro sperimenta l'ampio ventaglio offerto dalle applicazioni della grafica su vari media. Formatosi come cartellonista a Chennai (la vecchia Madras), Kersey utilizza anche le tecniche artigianali dell'intarsio e dell'altorilievo. I suoi personaggi d'elezione, punk, santi e demoni, perfezionati in anni di pittura, diventano splendenti e vibranti con l'aggiunta di materiali semi-pregiati, madreperla, legno, vetro e metalli dorati. I suoi lavori raggiungono un livello di sontuosità che sfocia nel grottesco, la cifra distintiva dello spirito sardonico di Kersey. Alexis Kersey è nato a Mysore nel 1972. Ha esposto in mostre collettive presso la British Library di Londra, le gallerie Apparao a Chennai, il British Council e la galleria Nature Morte di New Delhi.

Gran parte del lavoro di Aditya Pande non può essere descritto se non utilizzando degli ossimori: elegantemente grottesco; digitale ma primitivo; spontaneo, ma controllato; anarchico ma ordinato in modo contorto. I suoi lavori associano le pratiche del disegno e dell’incisione alla fotografia e alla pittura. I suoi particolari collage digitali stimolano lo sguardo con la loro esplosione di colori, l'intreccio delle linee, la complessità della composizione. Anche se la tecnica di Pande è attuale, il contenuto e lo stile parlano di qualcosa di primitivo; anche se l'aspetto dei suoi lavori rimanda immediatamente al Surrealismo Astratto del maestro spagnolo Joan Miró e all’iper-Espressionismo del pittore danese Asger Jorn, in essi si rintraccia anche qualcosa dell’Arte Rupestre preistorica. Nato a Lucknow nel 1976, cresciuto e tuttora residente a New Delhi, Aditya Pande ha studiato al National Institute of Design di Ahmedabad, dove nel 2001 ha conseguito il diploma in Graphic Design. Ha preso parte a mostre collettive alla galleria Nature Morte di New Delhi (2008 e 2010), alla galleria Nature Morte di Berlino (2009) e alla galleria Bose Pacia di New York (2008 e 2009); sue personali si sono tenute nelle gallerie Chatterjee & Lal di Mumbai (2008) e Alexia Goethe Gallery di Londra (2009).

Formatasi come pittrice, Mithu Sen lavora con un’ampia varietà di media, progettando installazioni site e time specific che combinano spesso scultura, video, suono, disegno e anche poesia. Sebbene la maggior parte delle sue opere siano su carta, la sua ricerca è spesso anche concettuale e interattiva. Mescolando realtà e finzione, Sen incorpora i suoi autoritratti nelle sue creazioni fantastiche. Alternando distanza e intimità, i suoi lavori dialogano con tematiche legate alle politiche dell’identità, della sessualità e dei generi. Nata nel 1971 nei pressi di Calcutta, Mithu Sen ha conseguito un BFA e un MFA in Pittura presso la Santiniketan University nel Bengala Occidentale e ha successivamente studiato a Glasgow. Ha partecipato a programmi di residenze a New York, in Brasile, Cina, Austria, Kenya, Giappone e Sud Africa; sue mostre personali sono state organizzate alla galleria Nature Morte e al British Council di New Delhi, alla Chemould Gallery di Mumbai, alla galleria Bose Pacia di New York, alla galleria Krinzinger Projekte di Vienna, alla Galerie Steph di Singapore, all'Espace Louis Vuitton di Taipei e alla galleria Suzie Q Projects di Zurigo. Vive e lavora a New Delhi.

Il lavoro di Seher Shah affronta le varie permutazioni della memoria spaziale collettiva, storica e personale attraverso potenti costruzioni grafiche. Formatasi come architetto, sviluppa il lavoro partendo da propri disegni molto dettagliati, che poi combina parzialmente con immagini trovate, sia di tipo fotografico che diagrammatico. Le stampe in bianco e nero di Shah esplorano le dimensioni e le incarnazioni di varie iconografie: architettoniche, storiche, personali e politiche. Attraverso il suo ponderato e accurato talento grafico e il suo stile compositivo, l’artista presenta allo spettatore paesaggi dinamici di ricordi immaginari e possibili scenari futuri. Nata nel 1975 a Karachi, in Pakistan, Seher Shah è cresciuta in Belgio, Inghilterra e New York. Nel 1988 ha conseguito una laurea in Fine Arts e una in Architettura presso la Rhode Island School of Design. Recentemente il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre internazionali, tra cui Generation
1.5 al Queens Museum of Art e 21: Twenty-First Century Artists al Brooklyn Museum di New York; The Jameel Prize al Victoria & Albert Museum di Londra; On Rage alla House of World Cultures di Berlino. Il suo lavoro fa parte della collezione permanente del MOMA di New York. Negli ultimi anni sono state organizzate sue mostre personali presso le gallerie Nature Morte di New Delhi e Scaramouche di New York.

Influenzati dall’Espressionismo Tedesco e dalla Psichedelia degli anni Sessanta, i singolari ritratti di Schandra Singh si interrogano sulle implicazioni psicologiche e quindi politiche del tempo libero in un’era di crisi globale. Provocatori e aggressivi, confinanti con il grottesco e iper-dettagliati, i soggetti di Singh sono contemporaneamente le vittime e i carnefici di una cultura visiva impazzita. L’artista attualizza il linguaggio pittorico di Soutine e Baselitz per parlare della nostra ossessione per la morte e della nostra insaziabile ricerca della bellezza. Nata a Suffern (New York) nel 1977, Schandra Singh vive a Poughkeepsie, a nord di New York. Ha conseguito un BFA alla Rhode Island School of Design nel 1999, ha proseguito gli studi con un MFA in Pittura alla Yale University, ottenuto nel 2006. Nel 2009 ha partecipato alla mostra The Empire Strikes Back alla Saatchi Gallery di Londra, mentre la galleria Nature Morte di Berlino ha organizzato una sua personale nel 2010.

Per informazioni: info@ottozoo.com

Ianugurazione 30 maggio ore 18.30

Otto Zoo
Via Vigevano 8 – 20144 Milano
martedì - sabato, 14.00 -19.00
ingresso libero

Fonte: http://undo.net

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Amalia Di Lanno

Suburbia_Bill Owens


Suburbia 1972-2012. In mostra 50 fotografie del ciclo che ha reso Owens il fotografo dell'American way of life. Vicini di casa, amici, parenti, insegnanti, alunni, commercianti, sono i personaggi del nuovo affresco della societa' americana che l'autore compone.

comunicato stampa

a cura di Claudia Zanfi

Primavera 1972, Bay Area, California: un giovane fotografo sta iniziando quello che sarebbediventato uno dei progetti fotografici più influenti nell’immaginariocollettivo del Novecento.

30 Maggio 2012, Zona Isola Milano: a Quarant’anni da quella indimenticabile esperienza nasce Area Lina Ovunqueartecontemporanea, che inaugura dedicando la prima mostra monografica al ciclo di opere Suburbia di Bill Owens, uno dei massimi fotografi americani del dopoguerra.

Area Lina Ovunqueartecontemporanea, è un nuovo progetto espositivo mobile, senza fissa dimora, diretto da Gianmaria Conti, che prevede la realizzazione di un programma annuale di mostre sui linguaggi del contemporaneo, che di volta in volta, verranno ospitate in spazi differenti, in Italia e all’estero. Sull’esempio di pratiche espositive ampiamente in uso a livello internazionale, sono stati scelti spazi normalmente adibiti ad altre attività o totalmente in disuso. In questo caso specifico, un locale artigianale non utilizzato nel quartiere Isola di Milano.
La zona della Stazione Porta Garibaldi, di cui l’Isola è parte, è infatti teatro di una profonda trasformazione urbanistica e sociale, simile a quella che vide trasformarsi la Bay Area negli Stati Uniti dal secondo dopo guerra fino agli anni ’80, con la nascita delle famose Levitt Towns descritte nelle immagini di Owens.

In mostra sarà presentata una selezione di circa 50 opere tra le più significative del ciclo Suburbia, immagini che hanno reso Bill Owens il fotografo dell’American way of life, ossia di quello stile di vita che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale diverrà parametro di riferimento simbolico e culturale per il resto del mondo. Vicini di casa, amici, parenti, insegnanti, alunni, commercianti, sono i personaggi del nuovo affresco della società americana che l’autore compone col proprio lavoro.

Quella di Owens è una “antropologia visiva” che si realizza nell’ineluttabile urgenza della necessità. All’autore dobbiamo molto più di semplici fotografie, le sue - allo stesso modo di quelle sullo Sbarco in Normandia di Robert Capa o quelle sulla Grande Depressione degli anni‘30 di Walker Evans – sono gli strumenti concettuali, i riferimenti visivi e i panorami attraverso i quali possiamo immaginare e conoscere quel particolare universo di senso, quel modo di vivere e di fare società che è l’inurbamento della costa Ovest degli Stati Uniti in quegli anni. Cinema, architettura, sociologia e politica devono il proprio linguaggio sull’argomento alle immagini di Bill Owens. Sofia Coppola, David Byrne e Martin Parr sono solo alcuni esempi di autori il cui immaginario si ispira dichiaratamente alle fotografie di Owens.

Bill Owens nasce nel 1938 a San Josè in California e ha raggiunto la notorietà nel 1972 grazie a Suburbia e a numerose altre pubblicazioni monografiche sui costumi della middle class americana. Collezionista di folk art e memorabilia pop, è appassionato di 'food', automobili d’epoca e dirige da tempo American Brewer, periodico dedicato ai distillati. Owens è tra i primi autori di fotografia ad ottenere il prestigioso Guggenheim Fellow Ship. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo. Tra le principali mostre ricordiamo: San Francisco MOMA; San Josè Museum of Art; Salon de la Photo, Paris; Centre Photographic de l’Ile de France; Robert Koch Gallery, San Francisco; Greg Kucera Gallery, Seattle; Howard Greenberg and Matthew Marks Galleries, New York; Eyestorm Gallery, London; PhotoEspana, Madrid; International Center for Photography, New York; Galleria Carla Sozzani, Milano; San Francisco MOMA; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; James Cohan Gallery, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Moderna Museet, Stockholm; Centre Pompidou, Paris.

in collaborazione con
Archivio Bill Owens, Milano/USA - Associazione Culturale aMAZElab, Milano Ristorante Primo Posto, Milano - Pasticceria DolceSicilia, Milano

si ringraziano
Mauro Chinelli, Brescia - Fabio Curreri, Milano
AntonioManca, Milano - Paola Samperi, Milano

Info: info@arealina.com - +39 392 9892 625 - www.arealina.com

Inaugurazione mercoledì 30 Maggio dalle 19.00 alle 21

Area Lina
Via Carmagnola 8, 20159 Milano
mar-ven 15.30 -19.30
ingresso libero

Fonte: http://undo.net

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Amalia Di Lanno

I



Evento ideato da No Title Gallery
In collaborazione con Centro Espositivo Sloveno A plus A
Evento curato da Francesco Liggieri ed Elena Picchiolutto
Evento patrocinato da Regione Veneto e Municipalità di Venezia

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Dopo nove mesi di attività, sia online che espositiva, No Title Gallery presenta la sua prima mostra collettiva “I” negli spazi del Centro Espositivo Sloveno A plus A di Venezia, dal 5 al 10 giugno 2012. Curato dagli ideatori del progetto, Francesco Liggieri e Elena Picchiolutto, il percorso espositivo esplorerà lʼindividualità in ogni sua forma attraverso le opere degli otto artisti proposti da No Title Gallery.

In questa esposizione si pone un accento particolare sulla forza dei singoli artisti come individui, unici. Prendendo lʼIo come fonte generatrice dellʼoperare artistico è stato possibile accostare opere tecnicamente molto diverse, secondo un principio che non le pone in contrasto tra loro: esse riescono a superare le proprie specificità e stabiliscono profonde connessioni reciproche. Il fruitore quindi si immergerà in una situazione complessa, stratificata e multisensoriale che lo porterà a fare esperienza dei singoli Io esposti.

No Title Gallery si fa forza della molteplicità dei propri artisti e dà loro lo spazio necessario per potersi esprimere in totale libertà, slegati da logiche puramente utilitaristiche e con lʼunica preoccupazione di essere semplicemente se stessi. È proprio grazie alla sua essenza virtuale che No Title Gallery riesce a superare i limiti fisici, ampliando il proprio network per realizzare il suo obiettivo principale: promuovere lʼarte giovane.


No Title Gallery
www.notitlegallery.com
info@notitlegallery.com
press@notitlegallery.com

Centro Espositivo Sloveno A plus A
www.aplusa.it
info@aplusa.it

Catalogo in vendita edito da Ferrari Editore

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Amalia Di Lanno

10 anni di "Corigliano Calabro Fotografia"


In mostra immagini a cura di Valeria Moreschi e Cosmo Laera:
GABRIELE BASILICO GIANNI BERENGO GARDIN ENRICO BOSSAN LUCA CAMPIGOTTO FRANCESCO CITO MARIO CRESCI MAURIZIO GALIMBERTI FRANCO FONTANA BERNARD PLOSSU FRANCESCO RADINO FERDINANDO SCIANNA TONI THORIMBERT

Insieme ai fotografi saranno presenti i direttori artistici del Festival
Cosmo Laera e Gaetano Gianzi.

Sarà presente all'inaugurazione del 13 giugno anche Gente di fotografia, da quest'anno media partner del Festival

In occasione del 10° anniversario di Corigliano Calabro Fotografia, le Gallerie Fnac ospitano una mostra collettiva che raccoglie i lavori realizzati sul territorio e commissionati dal Festival nel corso degli anni ai più importanti fotografi italiani e internazionali. Corigliano Calabro è stata così sede di indagine e di osservazione da parte di maestri della fotografia, a partire da Gianni Berengo Gardin, Francesco Radino, Toni Thorimbert, Gabriele Basilico, Enrico Bossan, Mario Cresci, Bernard Plossu, Maurizio Galimberti, Francesco Cito, Franco Fontana, Luca Campigotto fino a oggi con Ferdinando Scianna che sarà protagonista dell’edizione 2012 del Festival.

Nel 2003 da un’idea di Gaetano Gianzi nasce Corigliano Calabro Fotografia con la direzione artistica di Cosmo Laera. Il festival produce ricerche fotografiche realizzate da grandi autori particolarmente dediti alla lettura del territorio finalizzando il tutto alla creazione di un archivio permanente che rimanga patrimonio della comunità. Naturalmente gli autori sono stati invitati e individuati per dare una rilettura e un’interpretazione dell’insieme sociale, paesaggistico e architettonico.
Il primo autore a iniziare questo percorso è stato nel 2003 Gianni Berengo Gardin e le sue immagini hanno composto un libro edito da Contrasto. Nel 2004 Francesco Radino ha lavorato sul rapporto tra Terra e Mare e Toni Thorimbert sulla moda con Io Donna, 2005 Gabriele Basilico sulle strutture urbane, 2006 Enrico Bossan sul popolo dei giovani, 2007 Francesco Cito sulla gente e tradizioni, 2008 Mario Cresci sui luoghi e sulla memoria, 2009 Luca Campigotto sul centro storico e Bernard Plossu sull’intimità dei luoghi, 2010 Franco Fontana sui cromatismi della città, 2011 Maurizio Galimberti sulla frammentazione e il ready made; quest’anno il compito a Ferdinando Scianna di ricompattare il tessuto sociale con ambienti urbani e rurali attraverso cultura e tradizione nelle dinamiche del quotidiano. A Ferdinando Scianna va riconosciuto il merito di una sensibilità acuta e una capacità critica di un grande maestro capace di coniugare le proprie visioni con la classicità compositiva della fotografia internazionale.

Corigliano Calabro Fotografia è una rassegna organizzata dalla Associazione Culturale Corigliano per la fotografia – con il patrocinio del Comune di Corigliano Calabro, il finanziamento della Regione Calabria e della Provincia di Cosenza e con il contributo di Ias Touring, Bufavella, Consorzio Sibarit, Mielemas Gallo frutta della piana di Sibari, ReNovare, Nital e Banca Popolare del Mezzogiorno – promossa per concretizzare una passione nei confronti di uno straordinario territorio ricco di preziosi siti d'arte e di bellezze naturali.
Nel programma 2012 del Festival – che si svolgerà dal 30 giugno al 15 settembre 2012 presso il Museo Castello Ducale di Corigliano Calabro – la fotografia sarà presente attraverso una serie di incontri, workshop, mostre, presentazioni di libri con gli autori più rappresentativi del panorama italiano.

Tra le mostre in programma: Nino Migliori, Cuchi White, Ferdinando Scianna, Claudio Sabatino, Franco Carlisi, Guido Harari, Patrizia Bonanzinga, Giuseppe Torcasio, Paola Fiorini, Beatrice Mancini, Gaetano Gianzi, Anna Romanello, e Luigi Cipparrone. Workshop con Guido Harari e incontri con vari autori tra cui Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Franco Fontana, Gabriele Basilico, Francesco Cito, Francesco Radino, ecc.

Le stampe in Fine Art sono realizzate da Antonio Manta
In mostra fino all’11 settembre


Corigliano Calabro Fotografia 2012
Direzione Artistica: Gaetano Gianzi e Cosmo Laera
Responsabile coordinamento organizzativo: Giorgio Tricarico
Responsabile tecnico e Portfolio Italia: Francesco Vitali Salatino
Segreteria: Mario Donadio
Tesoriere: Roberto Mari

Per informazioni sul programma 2012
www.coriglianocalabrofotografia.it

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Amalia Di Lanno

lunedì 28 maggio 2012

Favole e Magia. I Guidobono pittori del barocco

Dal 29 maggio a Palazzo Madama una mostra dedicata alla carriera dei fratelli Bartolomeo e Domenico Guidobono, pittori originari di Savona, incaricati tra il 1708 e il 1721 di affrescare le volte dell’appartamento della seconda Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours. Un’occasione per scoprire e per conoscere due figure poco note dell’ambiente artistico torinese tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento; due pittori che hanno lasciato il segno della loro ispirazione più alta nei soffitti di Palazzo Madama, ma a cui si deve anche una vasta produzione di quadri da cavalletto, ora in gran parte dispersa in musei e collezioni private d’Europa e d’America.

L’attività dei Guidobono si divide tra la Liguria e il Piemonte. Arrivano a Torino al seguito del padre Giovanni Antonio, pittore e ceramista stipendiato da Vittorio Amedeo II, e soggiornano in città in due fasi, tra il 1685 e il 1690 e dal 1702 al 1726. La loro arte introduce in Piemonte i caratteri leggeri e festosi della grande decorazione barocca genovese, che trae i suoi spunti dall’osservazione della natura e dallo studio degli effetti della luce. Favole mitologiche, storie bibliche e soggetti sacri, nature morte e scene di magia si accompagnano alla descrizione precisa di fiori, frutti, uccelli, animali, oggetti e brani di natura morta, con esiti di raffinata leggerezza e talvolta di seducente mistero.

Il percorso della mostra presenta dipinti, disegni e incisioni: alla produzione dei Guidobono si affiancano esemplari di grandi comprimari genovesi e di altri artisti che rappresentarono dei punti di riferimento per la loro formazione. Opere di Domenico Piola, Gregorio De Ferrari, Daniel Seyter fanno da confronto e da contrappunto al racconto dell’avventura pittorica dei fratelli Guidobono, mentre una piccola selezione di ceramiche richiama l’attività svolta a Savona dalla famiglia Guidobono.

L’esposizione è arricchita da una scelta di incisioni di Rembrandt e di Castiglione, veicolo importante di diffusione di modelli figurativi che stanno alla base di gran parte della pittura genovese, e da una sezione di disegni e bozzetti di Piola e De Ferrari provenienti dal Gabinetto dei disegni e della stampe di Palazzo Rosso a Genova, testimonianza dell’esuberante decorazione genovese nelle sue fasi progettuali.

La mostra è, infine, occasione per fare il punto sulla fortuna critica e sugli studi svolti intorno ai due pittori: pur avendo lavorato per committenti importanti come i Savoia, nella decorazione di edifici di grande rilievo come Palazzo Reale e Palazzo Madama, Bartolomeo e Domenico Guidobono sono stati a lungo trascurati dalla critica. In particolare, il loro impegno presso la committenza privata, con quadri da cavalletto di dimensioni talvolta ridotte, ha provocato la dispersione della loro produzione nelle collezioni private d’Europa e d’America. Con questa mostra viene approfondito il lavoro dei Guidobono attraverso una lettura allargata della loro produzione artistica e della cultura figurativa cui si riferirono.

Le opere in mostra sono presentate seguendo una scansione cronologica, che evidenzia i caratteri specifici dei due pittori, le reciproche influenze e le fasi di collaborazione.

Bartolomeo Guidobono (Savona 1654 – Torino 1709), il più anziano dei due, esordisce con un primo soggiorno in Piemonte tra il 1685 e il 1690. A questo momento risalgono gli affreschi del presbiterio dell’abbazia di Casanova presso Carmagnola e un perduto dipinto per Palazzo Madama nell’“appartamento vecchio” di Madama Reale. Ben più lungo e ricco di opere è il suo secondo periodo torinese, tra il 1702 e il 1709, durante il quale lavora oltre che per le residenze di corte anche per gli altari delle chiese torinesi e del territorio del ducato. In mostra troviamo soprattutto tele che raffigurano grandi scene mitologiche e bibliche, destinate ad arredare le residenze genovesi, mentre gli interventi decorativi più importanti svolti a Torino (gli affreschi del convento di San Francesco da Paola e della cupola del Pilone, il soffitto nell’appartamento ora detto di Madama Felicita a Palazzo Reale) vengono richiamati nel percorso espositivo attraverso immagini video.

Alla morte di Bartolomeo, nel 1709, emerge con maggiore forza ed una precisa individualità Domenico Guidobono (Savona 1668 – Napoli 1746), suo fratello minore, che mantiene il rapporto privilegiato con Madama Reale Maria Giovanna Battista. Domenico rimane, dopo l’uscita di scena del fratello, indiscusso protagonista della decorazione delle sale al Primo Piano di Palazzo Madama (quelle che oggi chiamiamo Sala Guidobono, Camera di Madama Reale, Gabinetto Cinese e Veranda Sud), che la Duchessa va allestendo tra il 1708 e il 1721. Contemporaneamente riceve altri importanti incarichi a Torino e nel Ducato, finché, messo in posizione di marginalità rispetto ai cantieri delle residenze reali orchestrati da Filippo Juvarra, si trasferisce a Genova e poi a Napoli dove muore nel 1746. La figura dell’artista viene indagata grazie alle recenti scoperte documentarie e figurative, di cui il filo conduttore è rappresentato dall’inventario dotale della figlia, Maria Beatrice, redatto nel 1720, in cui sono elencate molte opere che in origine si trovavano presso la bottega torinese del pittore e che sono oggi identificabili in dipinti in gran parte conservati in musei stranieri (Parigi, Louvre e New York, Metropolitan Museum).

La mostra è curata da Mary Newcome Schleier, da Giovanni Romano (Università di Torino) e da Gelsomina Spione (Università di Torino). Il catalogo è pubblicato da Silvana Editoriale.

Ingresso: intero € 10, ridotto € 8, gratuito ragazzi fino ai 18 anni
Orario del museo: martedì-sabato 10-18, domenica 10-19, chiuso lunedì

Consulta il sito

Informazioni:
PALAZZO MADAMA – Museo Civico d’Arte Antica
Piazza Castello, Torino
Tel: 011 4433501

Fonte: http://www.tafter.it

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